La
carriera di Ceccone nella Torno cominciò con la diga del Vaiont,
subito da caposquadra. Allora il merito contava qualcosa,poi sul
campo valeva tanto,era fondamentale.
E,non
per dire,nel disastro del Vaiont la diga non subì nesssunissimo
danno,ed è là ancora che sembra fatta ieri.
Poi
in Africa a fare strade con cantieri itineranti,nella boscaglia.
Poi
venne la diga sullo Zambesi,enorme,difficile per via delle piene che
ogni anno,due volte,portavano via tutto, La Torno finì la diga due
anni prima del previsto,in quattro anni, invece dei sei sui quali si
era fatto il conto, con un guadagno aggiuntivo di due anni di
stipendi e macchinari.
In
quegli anni costruimmo la barca.
Nelle
ferie accumulate passate al paesello,in una settimana costruimmo la
barca.
Ceccone
prese dei grandi fogli di compensato dal Gianni che li faceva, e con
questi fece la dima. La barca come doveva essere. Li mise assieme
come una cosa finita. Li guardò attentamente,corresse alcune linee,
e guardò la barca come avrebbe dovuto essere. La guardò per un
paio d'ore, e nella sua testa la barca era fatta.
Un
suo amico di Buscate che faceva il carpentiere gli
procurò
tre fogli di lamiera di 4 cm. E venne con il camion e li scaricò
sul greto del Ticino.
Io
e Ceccone li tirammo più in qua, e Ceccone prese le dima e con un
pezzo di gesso la copiò sulla lamiera.
Con
una grande cesoia tagliò seguendo il gesso, con un lungo filo di
prolunga, saldò le lamiere e la barca era fatta. Poi un lungo lavoro
di flessibile e di carta vetrata per rendere liscio il tutto.
Due
mani di minio e la catramina sul fondo,e poi due mani di vernice
verde limone. Con scritto in nero: CECCA.
Completata
con le assi traverse e il ripostiglio sulla poppa, fatto fare dal
Gianni un remo di 4 mt. in legno di
robinia.
E la Cecca prese il largo, era agile e molto manovrabile. Lunga otto
metri e mezzo a larga uno e mezzo, risaliva anche con pochissima
acqua. Un bigieù.
Per
una evenienza una sera caricai ventuno persone.
C'erano
due Guardiacaccia, due fratelli, si può dire nati
sul
Ticino, che sfidati persero una gara contracqua, con la loro barca.
E...
la Cecca era la Cecca.
Il
pomeriggio,lontano dalle piante, non c'erano insetti, ma fra le
piante era pieno. Ceccone, in cerca d'ombra, si sdraiò fra le piante
dell'isola per fare un sonnellino, Non puoi stare lì-esclamai- ti
mangiano vivo !-
Ceccone
fece il suo sonnellino,dopo un po' che era là andai a vedere e in
giro a lui c'erano un sacco di tafani morti.
Francesco
Mainini,detto Ceccone. Ruolo portante della Torno.
In
vespa era un Dio, riusciva su uno sterrato a fare la sua firma con
dei colpi di freno,scriveva cecco.
Nessuno
voleva andare in vespa con lui, dicevano che era fuori di testa. Io
ci andavo molto volentieri perchè era padrone del mezzo e sapeva
sempre cosa stava facendo. Per me era un piacere.
Avevamo
una amica a Busto che aveva un bar,davanti alla Privativa del
Tabacco. Andavamo,ogni tanto, dopo la mezzanotte,fino a mezzanotte
c'era la barista,poi andava casa e c'era lei, la Padrona.
Si
faceva una gara: io e Ceccone, uno di fronte all'altro, la Pinuccia
ci manovrava, il primo che veniva sporcava l'altro che in più doveva
pagare la bottiglia di cognac. Da bere come due compagnoni.
In
Africa come fai? Gli chiesi un giorno.
Facile,
ogni giorno c'è una ragazzina che viene a fare la pulizie.
E
se non vuole?
Non
vuole mai,ma a insistere...
Ogni
giorno una nuova.
Dopo
lo Zambesi andò in Cina e dopo 4 anni tornò sposato con una
cinese,figlia di un Senatore, più alta di lui.
Ogni
tanto la vedo, qua in paese, e parla un dialetto perfetto.
Ha
due figli, alti e belli.
Ceccone
da un po' non c'è più.
Grazie
Ceccone per averti conosciuto.
Ciau.
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