venerdì 31 ottobre 2014

STATO CANAGLIA


                                                                            

Assolti per insufficienza di prove. Questa la motivazione della Corte d’Appello per l’assoluzione dei sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria imputati nel processo per la morte di Stefano Cucchi. In primo grado erano stati condannati tre medici per omicidio colposo. Nella requisitoria il procuratore generale aveva chiesto la condanna per tutti.
Lo  Stato è  garante  della mia  salute,  se sono  nelle  sue mani   devo  essere  al  sicuro !  Questa  deriva  democratica  è  sintomatica  di  questo  governo  autoritario,  se  sei  nelle  sue  mani preoccupati, non stare  tranquillo, non stare  sereno !  Se puoi scappa.  Scappa !

giovedì 30 ottobre 2014

Non siamo nemici


                                                                      


Soldato, la  divisa  che ìndossi  te la  abbiamo pagata  noi,  il misero  stipendio  che  prendi,  te  lo  diamo  noi. Perché  ci manganelli ?  Perché  accompagni la  Senatrice al  Supermermercato ?  Perché   fai  da  scorta al  delinquenti ? Scortarli  per  cosa poi? Li difendi  da noi ? Siamo  gente  incazzata  ma pacifica, io personalmente  li  sputo  e  basta.  Vederti,  soldato, vestito da  Corazziere  fare il saluto ad un  delinquente  come  ad un  Capo  di  Stato,  mi  deprime. Soldato...sono io  che  ti pago  non il  delinquente.
Capisco  che  vorresti  essere  come lui  e non  come  me  ma  è  così :  ti pago  io ! 
Sono nelle tue  mani,   difendimi !

mercoledì 29 ottobre 2014

SONO SEI

Nel nostro Paese l’1% delle persone più ricche detiene più di quanto posseduto dal 60% della popolazione (36,6 milioni di persone); mentre dal 2008 a oggi, gli italiani che versano in povertà assoluta sono quasi raddoppiati fino ad arrivare a oltre 6 milioni, rappresentando quasi il 10% dell’intera popolazione. Secondo la ricerca “Partire a pari merito: eliminare la disuguaglianza estrema per eliminare la povertà estrema” emerge un fenomeno
di  povertà  assoluta per uno  su  dieci  abitanti della Penisola.

racconto del mercoledì ARCORE SONDRIO ARCORE


Quel mercoledì Baschirotto aveva scelto di iscriversi alla SONDRIO-ARCORE. Venne lui a dirmelo,prima di andare a casa : faccio la Arcore- Sondrio- Arcore. Ma sei scemo ? La ARCORE - SONDRIO - ARCORE ? Si. La Arcore Sondrio Arcore. Vieni a prendermi domenica, sabato mi porta il mio Papà. Ciao. Stavo massaggiando gli ultimi Allievi. Ragazzi -dissi loro- quello lì è pazzo. Butta via una corsa, potrebbe vincere facile scegliendo la corsa attentamente, e invece...

La ARCORE- SONDRIO -ARCORE era una corsa di due giorni : al sabato Arcore Sondrio, alla domenica Sondrio Arcore. Classificata dalla Federazione come Premondiale era a inviti; il Commissario Tecnico voleva vedere all'opera i migliori corridori per formare una squadra da mandare ai Mondiali del mese dopo.

Ogni corridore insegue il proprio sogno, lo so, se no come troverebbero la forza, ma bisogna fare i conti con la realtà, in questo caso era che tutti i migliori dilettanti d'Italia avrebbero corso alla morte per conquistare la maglia azzurra. E lui, l'Armando, invece di scegliere il posto per una facile vittoria...cosa aveva nella testa !

Non so chi lo abbia portato al sabato, io al sabato lavoravo. Alla sera Baschirotto telefonò in sede: disse che era arrivato con il primo gruppo e che era in un bellissimo Albergo e aveva mangiato una costata alla fiorentina.

Quella domenica, in coppia con il Terenzio sull'Ammiraglia, andammo con gli Esordienti dalla parti di Pavia e, contrariamente al solito, non vincemmo niente, al pomeriggio,con l'Ammiraglia vuota, a una di Allievi e poi , verso sera, ad Arcore a prendere il Baschirotto.

Non mi ricordo la data, ma faceva un caldo afoso e sul lungo rettilineo d'arrivo senza piante la corsa non arrivava mai. Cercando di stare all'ombra dello striscione d'arrivo mi sfogai con il padre di Baschirotto : Con tutte le corse che c'erano...e la fatica poi, Due corse in due giorni... va bèh! Ha voluto correre con quelli forti, ha voluto picchiare il naso ? Gli farà bene, te lo dico io.

Ha fatto bene. Bisogna provare. Almeno una volta nella vita.

Contenti voi !

Era una corsa importante, la piu' importante a cui avessimo mai partecipato.

Ad aspettare la corsa c'erano molti fotografi e giornalisti; il rettilineo era transennato per un 500 metri,come minimo, e sull'arrivo un palco per i giudici e le premiazioni. Bruno Raschi

,amico di lunga data, mi disse :avete qualcuno ?

Si, Baschirotto.

Invitato? Azzurrabile ? Disse tirando fuori il taccuino.

Ma no... lo sai benissimo. Corre perchè ha il punteggio U.V.I.

A me piace Baschirotto, è un forte passista, Gli manca la volata, Si farà !

Baschirotto padre sembrava morso dalla tarantola e non riusciva a stare fermo

Fermati- gli disse Terenzio- stai cancellando la riga dell'arrivo.

Chi gli dà l'acqua, con questo caldo- dissi sottovoce al Terenzio- speriamo che qualche corridore di buon cuore..

...buon cuore- fece eco il Terenzio.

Che cazzo gli è venuto in mente di fare questa corsa... dissi stanco di tutto: della corsa del mattino, che non avevamo vinto pur essendo favoriti, della corsa di Allievi, dove avevo

litigato con i Commissari, tanto per non perdere l'abitudine, di questo caldo bestia, di questa corsa che non arrivava piu'. Stanco.

Cominciavano ad arrivare moto e macchine del seguito. Con la mano aperta segnavano quanti erano in fuga. Cinque ? Ma chi ?

Poi arriva uno che dice : uno in fuga, inseguito da quattro a venti secondi. Chi è ? Non si sa ma lo prendono. Arriva la macchina della Organizzazione con un Commissario che fa segno con la mano: uno, quattro, uno quattro. Chi sono ? Chi è ?

Bruno Raschi mi snocciola tre quatrro nomi di quelli giusti.

E' l'Armando- mi disse il padre di Baschirotto - è lui - mi disse con gli occhi spiritati.

Speriamo- gli dissi con comprensione.

Si sentivano ormai le sirene della Polizia.



Un rettilineo lungo così non lo avevo mai visto, andava a perdersi.

Di quel momento la cosa che ricordo di avere notato per prima erano gli occhiali del Terenzio

Ogni tanto gli brillavano, ma solo in occasioni speciali, di grandi emozioni, e io avevo messo in giro la voce che quando qualcuno dei nostri vinceva al Terenzio brillavano gli occhiali.

Lo guardai attentamente: aveva un cappellino del “Pedale” con capelli lunghi che gli uscivano da parte e parte, con gli occhiali che brillavano.

Stavolta brillano per niente- pensai- una leggenda che cade !

Come avranno fatto a capire che quel puntino là in fondo era l'Armando Baschirotto io non lo so,però so che quando quel puntino si ingrandì, quando quel puntino diventò uno in bicicletta, quando quel puntino diventò un corridore che pedalava come un Dio sdraiato sulla bici con quel suo stille perfetto, quando si cominciò a vedere su quella schiena impegnata nello sforzo atletico i colori del”Pedale”, tutti videro che quel corridore era il Baschirotto

la noci la finis

qui  noci  fai a  cunsuma  ul tempu
qui  noci  ca  ta  vegn  di  idei  meraviglius
ca  quan  il  vegn  ciar perdan  tucc  i  so  culur
e  ti  a  scarti

martedì 28 ottobre 2014

GIANNI ARDIZZONE

                                                                                     
Manifestazione  Italia- Cuba del 2013
                                                                              

Ieri  27  Ottobre  cadeva  l' anniversario  della  morte  di  Gianni  Ardizzone, me  lo  sono  colpevolmente  scordato  tutto preso  nelle  mie  piccole  diatribe  con ex  amici. Gianni ogni tanto  ti penso e  ricordo i  lunghi  dibattiti,  di ore  che passavano  velocemente per arrivare  alla  fine  in  cui avevi  sempre  ragione. Mi ricordo  il  tuo  odiato, invincibile, striscio al  calcio balilla,  che la  gente  accalcata alle  tue  spalle  studiava  per capire  come  facevi.  Mi ricordo  di  te, e penso,  cosa  avresti  fatto in  questo  bailamme Piddino.
Ciau  Gianni.

sabato 25 ottobre 2014

Il dente avvelenato

Questa  notte  mi  sono levato  un  dente !  Gia  da  tanto mi dava  fastidio ma  mi frenavano i  100  euro  del  dentista. Lo sentivo  ballare, lo toccavo con  la lingua   e pensavo : quasi  quasi lo  tolgo  io.  Ho provato a muoverlo  e  si  muoveva, sembrava  che  a  tirarlo  venisse  fuori. Io provo, pensai :  se viene  viene. Mi scivolavano  le  dita, presi un  tiro  di  scottex  e provai, non  faceva  male... tirai  e  venne  via  quasi facilmente, uscì un pochino  di  sangue  ma poco.  Era grosso. Un  molare.
Mia moglie  dice  che  è un  dente  avvelenato, che  ora  sono  diventato  innocuo.  Ho perso  la mia  forza ! 
Gente  non sono più  velenoso, potete  girarvi  e  darmi  la mano. 
Che  bello non essere più  velenoso !

giovedì 23 ottobre 2014

CUV. consorzio urbanistco volontario

                                                                      


La  alleanza  dei  Sindaci  pro  Malpensa  è  gia il passato. Scarsa la  partecipazione  dei  Cittadini e, soppratutto, del primi  Cittadini !  La rottura  è  emersa con la  nascita  del  CUV, consorzio  urbanistico  volontario,  che  riunisce  9  comuni,  che  a vario  titolo  sono toccati  direttamente  dallo scalo  e  hanno deciso  di disertare  l'appuntamento  allargato   con i  vari  Comuni  del Parco, accodatosi  senza un  vero  impegno.  La presa  di posizione  allargata  è troppo  generica  per avere una possibilità  di riuscita  e  nelle  Assemblee  emergono   temi  generici per potere  incidere.
Nell'incontro  promosso  da :  Sindaco  di Gallarate. Busto Arsizio, Varese,  Legnano.  Magenta,  Novara,  dei  200   inviti spediti  solo  17  erano presenti.Castano Primo come al solito  non c'era. Come  al solito, se  si tratta  di mettere un gazebo per la  raccolta  firme  perché  no ?  Se poi serve  per  la  campagna  elettorale  volentieri.
Idea !  Perché  non facciamo una bella  festa  in piazza  con gli areoplanini  di  carta ;  chi lo fa  andare più lontano vince !

8 metri al secondo.


                                                                          
                                                                        


Entro un anno la Regione approverà il nuovo Piano territoriale regionale che conterrà le nuove regole nel dettaglio. La nuova legge sul consumo del suolo non dovrebbe più contenere i limiti volumetrici che erano previsti nel primo testo approvato dalla giunta, per sostituirli con «criteri» che definiranno di volta in volta il concetto di consumo di suolo. Determinante per raggiungere il nuovo accordo è la mediazione di Forza Italia e Nuovo centrodestra, visto che finora erano stati presentati ben quattro progetti di legge differenti. Non è difficile immaginare, però, la delusione delle associazioni ambientaliste. Ora il nuovo testo dovrà iniziare l’iter per l’approvazione in commissione Territorio prima di approdare in consiglio regionale a metà novembre.

mercoledì 22 ottobre 2014

Racconto del Mercoledì LA NOTTE


                                                                              



La sala era piena,tutti i tavoli occupati due da gente che giocava alle carte,con quelli in piedi che in giro guardavano, gli altri tavoli con donne che chiacchieravano. La stufa in mezzo mandava un forte calore,una stufa di ghisa rotonda, con sopra una pentola piena d'acqua. Sui tavoli bottiglie di vino e di coca,una bottiglia d'acqua. Delle briciole sul tavolo dicevano che si era mangiato. Il cane giallo era sulla porta che portava al bar, a prendere un po' di fresco perchè con la stufa e tutta la gente faceva caldo, i due divani erano occupati da gente stravaccata che occupava più posto.

Su tutte si sentiva la voce del Carlin che stava giocando alle carte socio di Lucia. A ti le pussè facil metel in dul cu che in d'ul co.La Lucia: daghel al gat, no in dul cu, te fe fadiga a trual per pisà. Era da giocare il sette? Va a ciapà i ratt. E il Carlin

mogio che si scusava con l'atteggiamento per poi sbottare: e la mano prima quel 4 ?

A uno per volta entrarono quelli della notte, portando

ognuno una dose di freddo. Appendevano il giaccone su dove capitava e si avvicinavano alla stufa, per allontanarsi subito per come era in calore. Si guardavano in giro per sapere con chi dovevano passare la notte,poi andavano a guardare sul tabellone appeso, curato da Carlin, con notte per notte i nomi che i volontari ci avevano scritto. Il turno era di 4 persone per notte. Per quella notte erano in 4 ma una era femmina. Era buona la compagnia,di una notte passata bene.

Ogni tanto qualcuno usciva, a due tre per volta andavano a casa. E, per le usciate e per la meno gente la temperatura in baracca si era un po' abbassata. Quando tutti se ne erano andati, il Mario rassettò un pochino il locale pulendo i tavoli con una spugna e mettendo le sedie sotto i tavoli,due tavoli li appoggiò contro ,la parete e il locale diventò più grande, Andrea prese una scopa e piano piano scopò il locale, Lia accomodò i due divani che facevano angolo usando un cuscino come scopa e si sdraiò sul divano con i piedi uno sull'altro. Buonanotte! Gli disse Marco. Non dormo mica,rispose Lia, mi metto comoda. A casa mia non ho una cosa così comoda, e pensò al suo letto che era un materasso per terra con due cassette della frutta come comodini.

Marco disse:
per giocare alle carte bisogna essere in quattro, se giochiamo, se giochiamo... devi venire qua.

Spero di no! Si sta così bene sul divano.

Intanto Mario e Andrea avevano finito ma intanto avevano cominciato un discorso. Te lo dico io! C'è una carta firmata in Regione che dà la disponibilità,firmata dal Sindaco e l''Assessore. E allora che stiamo qua a fare? Dimmelo te!

Mario aveva un modo di parlare così definitivo così esclamatorio, che non aspettava replica, che di solito un discorso finiva subito.

Va beh... disse Andrea. Con Mario si sentiva intimidito,come in colpa,e un discorso con lui sarebbe stato impossibile.

Marco,il più giovane, era uno a cui piaceva vivere, Cercava sempre il meglio nelle situazioni che capitavano ed il meglio era quasi sempre il sesso.

Aveva già guardato Lia ma era grassottella e non proprio di suo gusto. Aveva l'istinto del predatore sessuale, di quelli che non guardano in faccia a nessuno, le amicizie passavamo in seconda linea. Ma...una notte passata assieme... magari si poteva cavare qualcosa.

Lia sembrava assopita e pensava, chissà quel bellimbusto che si dava le arie... chissà com'era?

Magari al dunque non valeva niente. Pensava alla sua recente esperienza,un ragazzo prestante,un bel ragazzo ricciolino molto alto che a fare l'amore una delusione!

Pensava a quando,piccolina, si masturbava,a come le piaceva,e quasi quasi...Ma no! Questo è nostalgia, rimpianto di quei tempi,non è che se mi masturbo ritorno piccola. E quello lì non vale niente decise.

Mario ritornò dentro con una bracciata di legna tagliata in misura per la stufa, e la mise nell'angolo della baracca impignata per bene, quegli uomini lì sono dei santi. Disse,pensando agli uomini del turno delle sei.

Che programma abbiamo? Chiese Andrea. Tirare mattina, disse Mario.

Una luce lampeggiò sul soffitto della baracca, una macchina una macchina, disse Marco.

Mario lo guardò storto: è la prima macchina che vedi?

No, ma siamo qua apposta,no?

Quelli con cattive intenzioni arrivano a luci spente,mica si fanno vedere. Stai buono,capito? Se no,puoi anche andare a casa, se la cosa ti agita.

La macchina passò piano piano e proseguì verso Busto.

Magari,disse Marco, sono venuti per vedere.

Magari hanno chiuso gli occhi e non hanno visto niente,rispose Mario. Senti, proseguì, me lo fai un favore? Va a casa, così stai tranquillo te e stiamo tranquilli noi.

Marco non parlò più, e si mise a leggere. La cosa da leggere non mancava mai, tutte cose di lotta, manifestini, deplian, articoli di giornale fotocopiatì,

delibere di Consigli vari, attestati di partecipazione, cose così. Smise di leggere, sbuffò e disse, mi sa che vado a casa davvero !

E cosa aspetti! Ma va!

Mise il giubbotto e, senza salutare, se ne andò.

Fuori la nebbia si illuminò con i fari della macchina,entrando dalla grande finestra.

Lia si raggomitolò più bene. Avrebbe provato, pensò, chissà cosa avrei fatto io. Meglio così ! Tanto..

Si rimise a pensare a quando si masturbava,ma con dolcezza senza malizia. Di quando il mondo sembrava suo.

Andrea disse: non c'era bisogno di trattarlo così !

Quelli lì vanno trattati così. Abbiamo bisogno di tutti.

E' vero-disse Mario- ma vanno cribbiati bisogna fare una selezione. Non sapeva neanche dov'era. Non aveva occhi che per la Lia, la sua intenzione era evidente. E questo non è il posto adatto. Tu Lia, cosa pensi? Pensi cosa ?Rispose Lia. E.. duman l'è festa ! E la storia del Marco finì.

Mario lo sapeva, non era scemo, il suo comportamento non era mai quello giusto. Ma non poteva farci niente,lui non avrebbe rinunciato a dire quello che pensava, non era uno che si morsicava la lingua. Sapeva di essere un violento,sapeva che il suo istinto lo portava allo scontro, non litigava quasi mai,non arrivava quasi mai allo scontro fisico, e forse era la sua disponibilità a farlo, a non tirarsi indietro mai,che evitava lo scontro. La violenza era mentale, ed era una violenza più consistente, più minacciosa.

Ma...tu Andrea sei in pensione,o lavori ancora?

Lavoro, lavoro. Sono in turno, uno di noi tre vuole fare sempre la notte, così siamo in due ad alternarci mattina pomeriggio.

Dove lavori? F. Tosi di Legnano. Sono su una grossa macchina, un tornio gigante,per salire ci vuole la scala.



Mio zio lavorava alla Franco Tosi, poi è stato trasferito

a Mathausen, dove è stato 14 mesi, disse Mario.

Sarà stato un comunista.

O un ebreo.

O uno zingaro, o un pederasta.

O un antifascista,concluse Mario.



Oramai-disse Andrea-è quasi l'una, giocare alle carte non si può perchè manca il numero....

Se vuoi farmi sentire in colpa perchè è andato a casa

il bellibusto devo dire che sono contento che se n'è andato, è un quaquaraqua, poi a me non piace giocare alle carte.

Cosa ti piace?

Sei sicuro di volerlo sapere?

Andrea lo guardò attentamente e poi disse di no.



Lia- chiamò Andrea- cosa vuoi fare ?

Lia che faceva finta di dormire, continuò a fingere.

Se ero a casa, c'era il mio gatto che mi faceva le fusa sulla pancia, pensava, e il mio compagno che russava leggermente sull'altra parte del materasso. Ma non sentiva voglia del compagno, del gatto sì.

Da domani mi metto a dieta,decise. Non trovo mai il vestito giusto, o non c'è il numero o non c'è il capo.

Che bello quelle 40 a cui va bene tutto, e trovano di tutto.

Prima di mettermi a dieta dico alla Giovanna di farmi una bella caseoula, con tante cotiche.

Mario andò in cucina, almeno, in quello stanzino chiamato bar, dove c'erano la vettovaglie, e tornò con un piatto con del formaggio e due salamini,nell'altra mano una bottiglia di vino, guarda se trovi del pane disse ad Andrea.

Il pane lo ha portato Marco, e aprì un sacchettino di carta che c'era sul tavolo.

Prima di mettersi a tavola andò fuori a fare un giro al cancello. Tutto tranquillo,si sentivano i cani della Maddalena vicinissimi, dei camions passavano sulla provinciale, i fili dell'alta tensione si sentivano vibrare per la nebbia e saltavano su e giù. Dal fondo della cava saliva aria fredda. Mentre rientrava pisciò contro una pianta. La bandiera non si vedeva nascosta dalla nebbia. Le tre macchine erano illuminate dalla luce che usciva dalla grande finestra. Si accorse che il cane giallo lo aveva seguito,rientrarono assieme, nel caldo della stufa.

Arrivò una macchina,arrivò piano con le luci alte.

Uscirono tutti a due,appena fuori uno andò a destra e l'altro a sinistra nel buio non si videro più. Dalla macchina scesero in tre ed entrarono dalla porta aperta, guardarono la Lia semiassopita sul divano,uno andò nel bar a controllare. Mario entrò con fare strafottente, li guardò uno per uno negli occhi e chiamò Andrea-Solo te- Andrea entrò e gli altri? Fuori è freddo-disse- c'è il bidone -disse Mario. Cercate qualcuno? Si può bere qualcosa? Certamente, quello che c'è. Mario andò a prendere un bottiglione di vino e tre bicchieri, e mise metà bicchiere per uno. Uno,il capo, lo bevve tutto gli altri lo assaggiarono appena. Quant'è- disse il capo-.

Tre mila-disse- Mario. Uno dei due che non avevano bevuto pagò, e se ne andarono.

Lia non si mosse per niente,incrottata al calduccio.

Con una sventagliata dei fari girarono la macchina e se ne andarono.

La nebbia era fitta.

Andrea guardò Mario con ammirazione. Sei forte-disse-.

Macchè forte, erano deboli loro.

Poi il trucco dei “quelli lasciali fuori” funziona sempre.

Lia si era alzata e si era messa la sciarpa e il paltò.

Che fai vai a casa?

Vado a pisciare, a casa? Non mi sono mai divertita così tanto.

Porta il cane- disse Mario.

Niente affatto,mi lecca il culo e non riesco a pisciare.

Lia rientrò quasi subito,la soddisfazione del caldo era evidente nei suoi movimenti di gradimento.

Andrea mise dei cocci nella stufa, poi si fermò un attimo a pensare,e uscì a mettere la legna nel bidone.

Non vai a lavorare-chiese Mario-.

No disse Lia, domani no.

Che lavoro fai?

Lavoro in un distributore di benzina,ma faccio il turno del pomeriggio.

Il cane giallo stava vicino alla porta indicando che voleva uscire, Mario lo fece uscire.

Andrea disse- ma se ha appena fatto i suoi bisogni !-

Come fai a capire i bisogni di un cane ?

Poi... quello lì mica è un cane normale ! Disse Mario.

Lo sai perchè non parla?

I cani mica sanno parlare, disse Andrea.

Appunto, ci stavo arrivando, perchè lo considerano inutile, anzi dannoso, parlare.

Andrea non rispose ma si vedeva che non era d'accordo.

Allora Mario finì il discorso.perchè non gli andava di non dirlo, le parole gli sarebbero rimaste in gola.

Un cane è meglio di noi in tutto e per tutto. Ha un udito fenomenale,quando arriva una macchina la riconosce subito,lo sai perchè? Perchè di quella macchina sente non solo lo scoppio del motore ma anche le cinghie che girano e il rumore dei pistoni,delle ruote sull'asfalto.

Lo sai quanti recettori ha il nostro odorato? Decine di migliaia, i cani milioni, decine di milioni.

Non si coprono perchè non ne hanno bisogno e non prendono neanche il raffreddore.

Hanno 4 gambe invece di 2.

Una coda che gli serve per le mosche.

Fanno sesso solo se vuole la femmina, noi ?

Se ti sono amici lo sono per tutta la vita, la fedeltà per loro è una cosa seria, di loro puoi fidarti.

Poi hanno altre qualità morali che noi non abbiamo,neanche il migliore di noi.

E tu chiedi perchè vuole uscire. Anche se dovesse spiegartelo non lo capiresti lo stesso.



Mario capì di essere andato oltre e fece silenzio.

Andrea,per riprendere un pochino di fiducia in se stesso, disse- ma...quel bottiglione di vino costava 700/800 lire, al massimo, Gli hai fatto pagare 3.000 lire per tre mezzi bicchieri.

A pensarci bene non l'ho condotta bene la faccenda-disse Mario-potevo fargli pagare di più,e avrebbero pagato, anzi...dovevo dargli dell'aceto invece che del buon vino. Io lo so come vanno trattati quei tipi lì.

Lia accese la tele, era in bianco e nero, ma non c'era niente. La spense subito.

Mario la guardò, era grassottella ma fascinosa e si muoveva incredibilmente in maniera flessuosa e provocante, capì che era così naturalmente,non faceva apposta. A questa ragazza silenziosa volevano bene tutti.

Vieni qua a mangiare.

Sono a dieta, ma un mezzo salamino me lo faccio.

Vado a cercare una coca, ma forse un bicchiere di vino è meglio, quanto me lo fai pagare?

Mario rise di gusto.

Il salamino era molto buono. Lia disse- buono!

Cosa credi è un buon ristorante - disse Andrea- cerca un'altro ristorante in mezzo ad un bosco a quest'ora che ti serve un salamino buono così.

Mario si alzò e andò in cucina,tornò con una collana di salamini e li buttò sul tavolo. Ritornò in cucina e portò una bottiglia di vino,lo guardò controluce.

C'è solo vino buono in questo posto- disse.

E' l'ora delle storie, qualcuno sa una bella storia?

Noi siamo gente che le fa,le storie. Poi, pensando a quello che aveva detto, rise da solo.

Lo sai-disse Mario- che hai detto una grande verità ?

Ma rise anche lui.

Io conosco qualche storia,disse Andrea.

Dimmi quelle che si raccontavano in stalla,tu ce l'hai l'età.

No... era troppo piccolo e ricordo le solite

: la gamba russa, quella che..mi lasci sono arrivata,ed era il cimitero, cose così, cose da poco.

Ne conosco qualcuna vera.

Sono le più incredibili,disse Mario.

Dove abitavo io prima,in quel paese, che era come il nostro, c'era una grande piazza dove andavano tutti, di giorno,perchè quasi tutte le botteghe erano in piazza, di notte, perchè qualche persona la trovavi sempre. Nella grande piazza c'erano dei bar, ogni bar era come una famiglia con i suoi clienti fissi e fra di loro si guardavano in cagnesco. Fra i bar c'era della rivalità, ed era una sfida continua. Alla chiusura dei bar, mezzanotte mezzanotte e mezza, c'erano le sfide. Corse a piedi,di velocità; dai due bar,che erano circa a metà piazza al sagrato della chiesa, che erano circa 100 mt.,

,o di resistenza: andando su per la piazza sulla sinistra della chiesa per la via tre martiri, arrivare in corso Tadini e tornare in piazza dalla via Acerbi e via Oratorio. Un paio di Km. occhio e croce. Se arrivavano assieme,ma anche di metri, si doveva ripetere il giro. Con tutti noi a fare un tifo da stadio.( le corse si facevano di solito al sabato) Se arrivavano ancora con un piccolo distacco,era considerato un pari. E c'erano cose da folli, sfide impossibili,come andare a Novara con un furgoncino,scommettendo su quanto tempo ci voleva. Una corsa in macchina sui cento mt. Uno in prima e l'altro in marcia indietro,ed ha vinto quello in marcia indietro. Sfide a braccio di ferro sdraiati per terra. Sfide fra pari peso però. Poi sembrò più sensato guardare il numero di scarpe,ma vinceva sempre un terronello sui 40 anni,basso magro con le scarpe 41. Questo qua, Pasquale si chiamava, aveva anche un altro record: mangiava 500 gr. di spaghetti in venti minuti,ci avevano provato in tanti ma il record resisteva. Poi si inventò un altro record impossibile: mangiare 100 gr. di formaggio grattuggiato in venti minuti senza bere. Una cosa impossibile.

E ci fu la sera dei cani. Il Renzino del bar di fronte al nostro,stava ganassando che lui aveva la tessitura fuori paese a che di qua e di là e qualcuno disse e se vanno a rubare chissà che danno, lui disse che aveva due cani

e che era impossibile, due cani addestrati due molossi che mangiavano solo dalle sue mani.

Passava da piazza il Cacù che andava a lavorare nel suo prestino,dove lavorava con sua figlia che si diceva lavorasse nuda, il Cacù si fermò e disse: io entro come voglio e senza fare niente ai cani. Discussione enorme, alla fine della quale un leguleo scrisse una carta dove diceva che stato avvisato della pericolosità della scommessa, e scommisero,il Renzino e il Cacù,50.000 lire. Oltre alle scommesse private fatte da noi tutti. Partimmo tutti per la tessitura,che si trovava veramente fuori dal Paese.

Ci fermammo lontano dalla tessitura. IL Renzino consegnò le chiavi del cancello al Cacù, e il Cacù proseguì da solo,piano piano. Arrivato ad una ventina di mt, si mise per terra a gattonare piano piano, ogni tanto si fermava a fare dei versi con la bocca, a fare quei venti mt. ci mise un'eternità arrivato vicino al cancello, da terra alzò una mano e la porse a un cane poi accarezzò il cane,piano piano accarezzo anche il secondo, si alzò in piedi con calma aprì il cancello ed entrò, con i cani che gli saltavano sù festanti. Il Cacù si girò verso di noi con le palme girate in su esprimendo: una cosa da niente !

Applaudirono tutti, anche il Renzino.

Un giorno Tonino vide la macchina dei Vigili che passava con un cane legato al paraurti che veniva e sballottato insanguinato e latrante. Tonino per essere sicuro prese anche la targa e guardò chi c'era in macchina,un vigile e uno stradino.

Prese appuntamento con l'assessore di competenza, e fece la sua denuncia in piena regola,giorno, ora, via, tipo di cane. Dopo 4/5 mesi ci fù il processo in Pretura a Legnano, e Tonino fu condannato a trecentomila lire di multa, e il suo avvocato gli disse che gli era andata più che bene. I due dipendenti comunali dissero che non era vero niente, e la parola di due ufficiali valeva molto di più di quella di Tonino.

Tonino decise che, se dovesse capitargli ancora una cosa cosi, avrebbe dato una mano di botte ai due sporchi individui.

Ci fu la sera del Pucci. Il Pucci era sempre eccitato, nessuna donna andava con lui, anche se andava con una

puttana, quando vedeva l'arnese gli dava indietro i soldi.

Si era anche sposato ma la moglie era scappata la prima notte, ed era scappata al pronto soccorso,e non l'aveva vista più. Quella notte, chiusi i bar, si era lì ciondoloni a far passare il tempo, e il Pucci sempre con le mani in tasca che si tormentava e con una faccia che faceva pena. D'altronde non si poteva fare niente, non c'era soluzione. Allora uno disse: mettilo dentro di lì, e fece segno a uno di quei panettoni di cemento con il buco per mettere l'ombrellone. Ma è troppo grosso il buco, disse uno, anche il suo è grosso rispose uno che lo sapeva. Io e il Giulio prendemmo il coso di cemento e lo alzammo giusto in posizione. Il Pucci srotolò fuori il coso e lo mise dentro. Appena appena-disse uno- te l'avevo detto-disse un'altro. Tiral foeura-dissi al Pucci- el vegn foeura pù- rispose il Pucci. Pucci fa no 'l scemu, non riesco più a tenerlo,non sai come è pesante. Fa male, non riesco più

a tiralo fuori. Un'altro aiutò e tenere il panettone, ma si teneva male perchè rotondo ed era pesante,molto pesante. Diedero il cambio a tenere il panettone, ma l'operazione era delicata, e al Pucci faceva male. Poi l'idea ! Metterci l'acqua come con i cani. Picchiammo delle manate sulla cler del Gatelli e a Bigun che rispose chiedemmo una bottiglia di acqua,per fare -chiese-per due cani che si sono attaccati. Se sono attaccati va bene ! Non bisogna andare contro natura ! Serve per assicurare la prosecuzione della specie, ci mettemmo a urlare tutti assieme e Bigun ci passò una bottiglia di acqua, ci volle un po' ed un altro cambio, ma il Pucci riuscì a toglierlo. Diventò l'argomento di conversazione per tutta la notte, si arrivò alla conclusione che doveva trovare una che gli facesse almeno un pompino. Il Pucci non diceva niente era un ragazzo di poche parole.

Piano piano la notte passava, nel tranquillo tran tran del presidio.

La prossima notte mi porto il gatto,chissà che bello stare sul divano con il gatto sulla pancia.

Mentre parlava Lia, il Mario scuoteva la testa, mi piacerebbe proprio vedere un gatto in questa baracca.

Non lo si è mai visto e non lo si vedrà mai,almeno fino a quando c'è Tony. Ogni tanto arrivano cani, di piccoli di medi di grandi,devono chiedere il permesso a Tony. Poi qualcuno rimane e poi lo portano a casa dicendo: è il cane del Presidio. Ma il cane del Presidio è uno solo:il Tony. E il Mario fece segno il cane giallo che dormiva sul pavimento a un metro dalla stufa.

Andrea rifece il pieno alla stufa e al bidone,rientrando con una folata di freddo.

Lia si era rannicchiata ancora nell'angolo dei due divani con Tony che la stava rimirando.

Hai visto -disse Mario- la notte è passata,anche senza giocare alle carte.

Prepariamo il caffè,la moka pronta, per quelli del turno delle sei.

Andrea preparò meticolosamente la moka e la mise già sulla piccola piastra del presidio,una piastra miracolosa di una potenza incredibile. Era mitica,come il Tony o il Carlino!

Dal freddo,uno alla volta, entrarono quelli del turno delle sei, la colonna portante del Presidio. Quelli che tagliavano la legna per la stufa ed il bidone, che tenevano pulito il bosco, quelli che avevano preparato il bosco per il pranzo dei trecento commensali più un pulmann da Mozambano con 50 persone, c'era il bosco che sembrava un salone da banchetti,con le luci e la copertura di cellhofan a mò di tetto per via dei frutti del Ciliegio selvatico che cadevano nel piatto.

Erano fissi al turno,lavoravano fino a mezzogiorno. In caso di bisogno c'erano sempre. Erano dai sei ai dieci, il capo indiscusso era Francesco detto il Pucia. Che arrivò per ultimo,a caffè pronto,sul tavolo i bicchierini di plastica,lo zucchero e la bottiglia di grappa.

Novità? Chiese Puccia.

Tranquillo come una limonata! Rispose Mario.

lunedì 20 ottobre 2014

u faa un sogn

u  faa un  sogn
me Mama  ma ciamea
mi sentiu  nò
poeu  ghe  vignù  un tempural  e  le  pasà
con ul  So
ho  sintù  anca  la  voeus  da me  Mama
ma  la  capiu  nò parchè  la  parlea  in talian

mercoledì 15 ottobre 2014

ul me Tisin


Ul me Tisin

cun i gir d'acqua dul Marinun cuan ca 'l va den in 'n dul Tisin

u me Tisin di lanchi cui Tenchi

suta l'erba spesa

ul me Tisin di rivi cui Runcas e i Niscoeur

ca guardan 'n da l'acqua ei Trutei suta ai radis

ul me Tisin cun l'aria ferma da la sira

e Rundan ca vula a fil d'acqua gulus da sansar

ul me Tisin cul fundu fai da sass

ul me Tisin cun la diga da sass fai dopu ogni piena

ul me Tisin cui surgenti d'acqua fresca

ul me Tisin cui Niscoeur i Castegn i Nus e i Zizurliti

ul me Tisin cun l'acqua sempar istess

'na fira da guti o fiochi vignu dul ciel

acqua santa

acqua ca cambia culur

la belesa du l'acqua

acqua ca cur

acqua eterna

ul me Tisin

Racconto del mercoledì SANITA' LOMBARDA




Ero in giro con Doghi, il mio (?) cane. Dire il mio cane non illustra bene la situazione fra noi due io, e il cane. Dire mio significa possesso, comando, decidere quello che si deve fare,andare a destra o a sinistra. Non era il mio caso: io ero il servitore del “mio” cane. Lo portavo fuori due volte al giorno,da quando gli mettevo il guinzaglio comandava lui, andavo dove voleva al passo che voleva, poi a casa gli facevo un bagnetto poi lo fonavo e gli facevo passare due spazzole diverse,tempo 45 minuti, fino a che diventava una soffice palla bianca( era un Maltese fuori taglia, nel senso che era più grande di tutti gli altri Maltesi) gli davo da mangiare una volta al giorno,gli procuravo da bere, dopo mangiato gli davo un biscotto EUKANUBA, di un altra marca girava sprezzante la testa e andava via,mettendo il broncio. Gli facevo bollire una gallina con il sedano la carota e la cipolla, e per tre o quattro volte il suo pranzo era fatto. Un giorno non avendo trovato la gallina gli ho fatto cuocere delle parti di tacchino, con la cipolla il sedano e la carota. Quel giorno è andato via schifato e il tacchino l'ho dovuto mangiare io. Come dicevo gli facevo tutto io: e lui era innamorato di mia moglie, tanto che era sempre vicino a lei, lei sul divano e lui accomodato vicino o sul divano con lei, quando mia moglie andava in bagno doveva farlo di corsa e chiudersi la porta velocemente alla spalle,con il cane fuori che guaiva dal dispiacere. Solo per quello lo consideravo un po idiota. Quel giorno eravamo al Parco quando ho sentito un dolore forte al petto,dopo un po si era attenuato, poi ne venne un altro,poi un altro ancora. I dolori mi lasciarono sudato tanto. Non mi preoccupai, perchè non sono portato a preoccuparmi. Andai a casa e lavai il Doghi come al solito e poi pensai cosa fare: ero a casa da solo, mia moglie era da mia figlia a Roma, se non ero a casa da solo non dicevo niente e stavo a vedere, con l'assenza di mia moglie ero responsabilizzato e avrei dovuto andare a vedere perchè mi era venuto il dolore. Ci pensai molto poi decisi di portare il Doghi dalla sua vecchia padrona la Amalia, e lo lasciai in buone mani.

Andai all'ospedale Magenta, ne abbiamo uno vicino,Cuggiono ma vai solo se non niente di serio. Per Magenta sono 14 Km.,una strada semplice che feci in un attimo.

Suonai per farmi aprire il portinaio mi chiese,guardando fuori: che vuole? Devo andare al Pronto Soccorso. A fare che ? Lei è medico ? No ma non me lo dice non apro, chiaro ?

Senta, io di solito mi incazzo per molto meno, se mi dice dove posso parcheggiare entro e ce lo spiego di persona.

Mi aprì, parcheggiai la macchina in un piccolo parcheggio che sembrava una piazzetta di un paesino di montagna e entrai al P.S..

Mi fecero subito un prelievo e dopo un elettrocardiogramma. Dopo una decina di minuti che stavo su uno scomodo lettino, un infermiere entrato da fuori mi prese,su quel lettino, ed entrai in un ascensore e poi su al settimo piano in una stanzetta dove stava un dottorino che mi ascoltò il cuore e mi fece un altro elettrocardiogramma. Chi c'è con lei ? Nessuno sono da solo. Ho la patente. Cosa c'è, chiesi, perchè si mostra

preoccupato? Non vorrà mica ricoverarmi ? Con i valori ematici che risultano la devo ricoverare. Scossi la testa per evidenziare la mia perplessità,io lo sapevo che andava a finire così. Vado giù a prendere la borsa che ho in macchina. Lei non va da nessuna parte. Dia le chiavi della macchina all'infermiera che scende lei a prendere la borsa.

E mi trovai nel letto N. 6 del centro di Unità Coronarica dell'ospedale di Magenta. (MI)

Ogni letto aveva, appena sopra, un Monitor dove c'erano

segnati il numero di battiti e la pressione. Sei letti, sei monitor. La persona sul letto era collegata al monitor con dei semplici fili da cardiogramma,che ti obbligavano quasi a rimanere fermo. Il mio letto era il primo,alla mia destra avevo un muro,oltre al quale c'era il bagno. L'ho scoperto quasi subito perchè una donna staccata dai fili

(infatti il giorno dopo è andata in reparto)ogni tanto la portavano in bagno. Chiesi subito di andare in bagno. A fare che ? Secondo lei cosa si va a fare in bagno? Ho sbagliato a parlare- mi disse l'infermiera- qualsiasi bisogno me lo dice e noi lo soddisferemo. Devo pisciare. L'infermiera mi portò un pappagallo, che in se è una cosa innocua e di facile intuizione. Non si può alzare, ha capito? Vada via se no non riesco a farla- le risposi. Quando andò via misi giù la gambe dal letto e pisciai nel coso. Adesso mi devo lavare! Gridai. Venne l'infermiera con una padella e un contenitore di acqua e mi tirò giù la mutande. Lei non si deve più permettere di fare una cosa così! Esclamai. Mi lavo io!

Venne un Dottore e mi dette una girata- crede di essere al mercato? Questa è una Unità Coronarica la gente che vede è sotto infarto. Lo stesso dottore chiamò la Caposala e con l'infermiera che avevo già io parlottarono fra di loro,poi la Caposala ruppe una fialetta e con un ago prelevò il contenuto.Cos'è ? Chiesi.

Un semplice rilassante,vedrà come si sente bene dopo. Io non voglio stare bene dopo.

Il Dottore gli fece segno di no,e lei si ritirò in buon ordine.

Di prima sera,verso le nove, mi tornò il dolore. Aspettai un po' poi suonai il campanello,in un attimo arrivarono quelli di prima,il Dottore, la caposala e l'infermiera. IL Dottore mi ascoltò attentamente con lo stetoscopio,poi fece un segno alla caposala, la quale venne con in mano la solita siringa. Cos'è ? Lei sta male, è una medicina per farle passare il male. Sono nitrati ? Se sono nitrati no! Mi fanno venire un atroce mal di testa. Intervenne il Dottore: se lei sta male lasci decidere a me cosa devo darle. Niente affatto, se non voglio non me la può dare.

Si misero in giro al letto,Dottore a Caposala da una parte, infermiera dall'altra.

La Caposala mi prese una mano e me la carezzò sul dorso,-cosa mi sta facendo? Mi deve mettere un ago?- Ma no... la sto calmando- Lei mi sta eccitando, non calmando- Nella notte mi vennero 9 attacchi, li contò la Caposala. Sempre tentarono con la nitro,ma non volli mai, verso mattina,al nono attacco, la accettai. Mi fece passare l'attacco e non mi venne il mal di testa. Dormii un po. Al mattino venne un Dottore nuovo che mi visitò in maniera soddisfacente, si presentò: sono il dottore

Ferrarrotti. Piacere di conoscerla, un mio amico mi diceva: se hai bisogno Ferrarrotti è il migliore. Chi era il suo amico? Gianangelo Ottolini, di Buscate. Si vedeva che il nome non gli diceva niente. Uno che si faceva portare da mangiare da casa,le avrà regalato qualche salame,perchè li fa lui. Al riferimento salame si ricordò: un omone nero che parlava forte. Proprio lui.

Dottore-gli dissi- o mi fa qualcosa con la coronarografia, o non tiro la fine della settimana. Se dovessi morire mentre non c'è mia moglie, succede un dramma. Non sono in grado di affrontare una cosa così.

Lasci fare a me.

Il martedì passò abbastanza tranquillamente e il mercoledì alle 08.30 ero in sala coronorografica.

Su un lettino assistito, due assistenti dalla faccia competente, e Ferrarrotti vestito da dottore,con la mascherina e guanti.

Mi mise l'introduttore, un coso gigantesco che sporgeva dall 'inguine alto e diritto, minaccioso.

Era la seconda volta che facevo la coronarografia e sapevo tutto. Ferrarrotti scandagliò le vene interessate controllando nel monitor su in alto, controllavo anchio.

Un 20/4 e un 25/4 disse alle assistenti. Le assistenti

andarono in confusione: abbiamo il 20 con il buco da 4. ma non c'è il 25 !.

Il Ferrarrotti rimase di sale. Ci pensò su un bel momento poi disse: telefona a Legnano se hanno il 25/4, e lo portiamo così com'è, sul lettino.


Non facciamo ridere! Per una cosa da niente andare a Legnano, con l'ambulanza, le sirene. Per una cosa da niente.

E magari lei ha la soluzione-mi disse con un sorrisetto-

Certo che ce l'ho, almeno, un suggerimento.

Sentiamo...

Prende un 20/4 e lo taglia  a 12.5. 

Due 12,50 fanno un 25. Semplice.

E ne metto due,infilati uno dopo l'altro, E mi guardava soppesando l'idea.

Mica è sbagliato- disse- è un'idea.

E rivolto alle Assistenti disse: lo facciamo, prendete due da 20 e tagliamoli.

E a me: che mestiere fa ? Non mi dica che fa Coronarografia !

Lavoro in officina, e di questi problemi ce ne sono ogni giorno.

Dovrò venire in officina qualche giorno.

Non ci vuole neanche la mascherina,gli dissi.

E il problema del stare male non si presentò più.

Però cominciai a litigare. Prima con il dottore che voleva darmi la nitro, lo chiamai vicino al letto e gli dissi: mi dice a cosa servono quei cosi li ? E feci segno al Monitor sopra al letto.

Ogni letto ha un Monitor e sono tutti collegati con la saletta del Caposala che è seduto davanti ai Monitor a raggiera e controlla tutti e sei gli infartati. Mi spiegò con sufficenza.

Io la prima sera sono stato male diverse volte, 9- mi disse- ecco 9, perchè ogni volta ho dovuto suonare il campanello? Perchè magari il Caposala era andato da un paziente, non arrivi a conclusioni avventate.

L'Unità Coronarica è questa: gli infartati sono tutti qua, li vedo,si vedono. Il Caposala non è mai entrato in Unità,non lo conosco. Ce lo dico io come sta la faccenda: questo ambaradan costa un mucchi di soldi ed è una bella torta,una fettina per uno la mangiano tutti. L'ambaradan non serve assolutamente a niente, si usa per giustificare la spesa. E il solito furto fatto alla Comunità. Ed ho continuato per un po', anche dopo che era andato via. Il fatto era che mi avevano lasciato uno spuntone gigantesco che mi usciva dall'inguine e mi dava fastidio.

Poi,un mio vicino di letto aveva una radio che accendeva solo per i notiziari,e avevo sentito che era in arrivo una grossa perturbazione, alla infermiera che aveva iniziato il turno del mattino chiesi: piove ? Non mi rispose. Essendo al settimo piano guardando dalla finestra si vedeva solo fuori,ma non si capiva dal letto il tempo coma era.

Non mi ha sentito, pensai- quando si girò la chiesi- com'è il tempo fuori-?

Come se non avessi neanche parlato. Bastarda!!! Le dissi- grande bastarda.

Ti mando una lunga lista di maledizioni, qualcuna attacca, penserai a me nel dolore,brutta vacca.

Il giorno dopo mi trasferirono in reparto, e mentre uscivo, in carrozzina con l'infermiera del Reparto gridavo: nido di vipere, spero di non vedervi più.

In Reparto ebbi qualche debole discussione con i Medici ma roba da poco,sul fatto che la terapia che mi facevano influiva sul sesso: era afrodisiaca, ma non capivano niente. Anni dopo nacque il Viagra, un derivato di quella terapia che mi stavano facendo.

C'è un epilogo: Nel 20002 stetti male ancora e mi ricoverarono a Magenta,il mattino il medico che faceva il giro era Ferrarrotti. Lo conobbi subito. Si ricorda di me?Mi guardò interrogativamente -no- e allora io per fargli venire i mente,magari,gli dissi: mi fece uno stent e siccome che non c'era io le dissi di tagliarne due. Si illuminò: mi ricordo,si mi ricordo,anzi le devo dire una cosa: adesso,lei sta male, lo sa perchè? Perchè non ho fatto come mi aveva detto lei, ne ho messo uno da 20 e uno da 5. Quello ho fatto fatica e non riuscivo a metterlo perchè troppo corto. E si vede che,o l'ho messo male io, o essendo troppo corto si è mosso. Se lei sta male adesso è per colpa mia.

Mi ha detto l'infermiera che è l'ultima settimana che è qua,dove va? Al Policlinico di Milano, ho vinto un concorso: Primario di Chirurgia Vascolare.

Ha bisogno di un assistente? Una grande risata mise fine alla visita.

martedì 14 ottobre 2014

RONDE PACIFICHE

                                                                          
Leggo su Altomilanese, a firma V.V. Che partono le Ronde pacifiche con l'intento di proteggere figli casa ed amici da una delinquenza sempre più dilagante. A sostegno della operazione riporta un fatto accaduto il 2 Ott.,giovedì : lungo i binari della stazione un uomo e intento a bucarsi un braccio ; avvisano subito i Carabinieri ma il tizio sale su un treno e se ne va.

Cara V.V. Un uomo, o una donna, ha tutto il diritto di bucarsi il proprio braccio come quando dove vuole ! Le Ronde dovrebbero sapere,almeno, cosa sono reati o no !

Nell'acqua ferma di Castano le cose vengono a galla e rimangono lì ferme ad aspettare una lettura sociale : ecco spiegata la manganellatura e l'aperitivo di festa !

Sembra un paese Orobico, di gente perbene che, caso mai, i reati li consumano in famiglia e la Domenica tutti a Messa, ma non in pubblico, mio Dio, le cose se si fanno almeno non si dicono.

Lo sa, cara giornalista, che analizzando le acque depurate si scopre che il 40% della popolazione fa uso di Coca o di Eroina ?

Facciamo un test a chi  esce da messa alla Domenica, mettiamo un gazebo in piazza Mazzini invitando la gente a soffiare nel rilevatore, e vediamo quanti accettano di soffiare.

Care Ronde se volete ve lo procuro io un po' di lavoro : per cominciare mandate via gli spacciatori dalla Madonna di Gree, e il traffico degli indesiderabili, che disturba così tanto è eliminato.

Ma non è una cosa così semplice, se i Carabinieri non sono capaci di mandarli via, e le Ronde non penso che sono in grado di mandarli via : ci sono gli interessi di alcuni abitanti da difendere.

In tutti i paesi lo spaccio è fiorente, più di quello che una persona normale pensa.

E le Ronde le manderei in Biblioteca con il consiglio di qualche buona lettura, visto il livello

culturale.

Vi accorgete che con le Ronde si torna al Medioevo ? La crescita Sociale dov'è ? Siamo rimasti fermi a quei tempi ?


lunedì 13 ottobre 2014

Renzi, Ambientalista.

L'obiettivo sembra ragionevole: attuare un “sistema integrato e moderno di gestione dei rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore”. Il mezzo è controverso: dichiarare per decreto gli inceneritori “infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale” e permettere il conferimento di rifiuti solidi urbani provenienti da altre Regioni per farli funzionare a pieno carico. L’esito finale non è scontato, ma in realtà l’articolo 35 del decreto Sblocca Italia dà soprattutto una boccata d’ossigeno alle ex municipalizzate che gestiscono gli inceneritori e un aiutino all’Enel che intenderebbe convertire alcune centrali a olio combustibile, ormai obsolete, in impianti di recupero energia dai rifiuti urbani.
E' la politica ambientalista  del PD ! Spremere l'Ambiente come un  limone !
Gli Ambientalisti italiani  ed  europei  sono  contro gli inceneritori, per evidenti  motivi  di  salute e  difesa  Ambiente, il  PD è per lo sfruttamento  del  suolo e  dell'aria   a favore di  posti  di lavoro  per operai e  dirigenti (   e postì  in  consigli  di  amministrazioni  con  bilanci in  rosso )  io penso  che  anche loro  hanno  dei bambini   che  respirano  e giocano nell'aria degli inceneritori !
In  Lombardia  arriveranno  rifiuti   dalla  Campania, Puglia,  Calabria, trasformati in   bei  soldoni.  Bravo  PD, pensa ai lavoratori  più  che Landini !

mercoledì 8 ottobre 2014

Racconto del mercoledì. RICORDI

Oramai è l' età dei ricordi. I ricordi,essendo stupidi di natura,non si sanno organizzare e vanno alla rinfusa,ce ne sono che passano in file interminabili che se non li prendi al volo vanno per la loro strada e non tornano più,magari dopo tantissimo tempo quando o non sono graditi, o non servono a niente. E ce ne sono che ti girano in giro e si fanno prendere facilmente.

Ho vissuto più di quelli della mia età, al mio nipotino

di 11 anni ogni tanto dico che alla sua età avevo qualche anno in più.

Che me ne faccio di un ricordo di quando ero giovane e avevo una barca e vincevo le corse con quelli che avevano anche loro la barca,che magari mi ricordo di avere vinto sempre e invece non è vero, però il ricordo lo puoi rigirare un pochino e ricordare quello che ti piace,dimenticare il superfluo. E, magari il superfluo è la La parte più interessante,la parte più godibile. E allora ti perdi in quelle sere,prima di fare sera, in cui il mondo cambiava magicamente, e l'aria del Ticino diventava immobile e tutti gli insetti erano in giro, e le bisce d'acqua rigavano lo specchio d'acqua che sembrava un vetro, sentivi muoversi fra le frasche del fondo bosco i grossi ratti e gli scoiattoli, sui rami era una confusione di zampettii e di cip cip, e gli odori erano estranei ma usuali, e allora il ricordo è un treno che corre portandoti indietro e non si ferma, non ti ascolta e fa come vuole.

Sono i ricordi mìgliori, non si lasciano cambiare ma sono lì, come un film fatto da un'altro. I ricordi di fisicità si lasciano manipolare, l'uno diventa tre,i minuti diventano diventano ore. Ma questi “ambientali” non si lasciano cambiare,sono così: o prendere o lasciare.

Ogni tanto mi lascio prendere dai ricordi fisici e mi lascio cullare, di quella volta che ero arrivato primo,o avevo pisciato più lontano, o avevo fatto a botte con numerosi avversari vincendoli tutti. Ma poi ritorno ai veri ricordi e rivedo quelle sere, quelle siepi di fiori, quei mesi di maggio,quelle musiche sentite uscite da finestre alte di case alte, delle ragazze sulla canna della bicicletta e il profumo dei loro capelli, del profumo dell'incenso quando chierichetto lo bruciavo nel Turibolo e mi restava nei vestiti e i miei amici mi annusavano sempre,orgoglioso di essere annusato.

Fino a quando ho litigato di brutto con un altro chierichetto e a tutti e due ci usciva sangue dal naso e il prete ci ha espulsi e noi siamo diventati amici.

Ricordo il mio amico Elio che di natura era bravo a disegnare e con due tratti ti faceva un'aereo o una faccina ridente e io mi immaginavo di essere capace come lui e facevo anch'io. O il Gigino con l'eterno moccio all naso che a fare a botte era invincibile. O Amedeo che raccontava storie bellissime che trovava sui libri. O il Rino che ti diceva come erano fatte le donne.

Ci sono dei ricordi che non vengono, e quando sento: mi ricordo il giorno che ho fatto la prima comunione...e perchè io non la ricordo? O la prima volta...perchè non la ricordo ? Mi ricordo della scuola,(solo una: la elementare)di quando, schierati in file, c'era l'alzabandiera al mattino e l'ammainabandiera alla sera. E non ricordo l'interno dell'aula, ricordo il nome della Maestra ma non la faccia. Ricordo i giorni che si andava a scuola a Bresso perchè la nostra scuola di Niguarda era stata bombardata e non mi ricordo il bombardamento. E si che abitavo vicino.

Con un po' di fantasia uno se li può creare i suoi ricordi ma sono sogni.

Quando sono tornato,dopo 30 anni, in parrocchia per avere la documentazione dei sacramenti avuti,necessari per il matrimonio, e non trovavo la chiesa, sepolta fra i grattacieli, mi sono tornati dei bellissimi ricordi: qua c'era il Seveso e sulle sue rive venivamo a giocare, lì c'era l'Oratorio e il cortile dove si giocava a palla,li c'erano i carrettini della gnaccia e dei bumbunin, là c'era l'Asilo, e subito mi venne in mente la bastonata che mi diede una Suora. E a non dirlo a casa se no ne prendevo un'altra.

Del bombardamento non ricordo quasi niente,passammo

la notte in cantina e ogni tanto c'erano degli scossoni che muovevano i sacchetti di sabbia sulle bocche di lupo, come al solito, però quel mattino c'erano due dell'UNPA e il Capocaseggiato che ci proibirono di salire in casa perchè il caseggiato era pericolante,dichiarato inagibile. Non sono salito più a casa mia, con le biciclette,che avevamo in cantina, andammo a S. Giorgio dai parenti di mia mamma. Ma come ricordo non è importante: una lunga notte che non passava mai.

Meglio il ricordo del bombardamento della settimana prima: una bomba aveva centrato una piccola fabbrica di ostie e noi ricuperammo fra le macerie quello che si trovava delle ostie, una cosa buonissima.

E mi ricordo di un contatore elettrico che io avevo frugato freneticamente per vedere come era fatto. E mi ricordo che vicino c'era un braccio,con la manica e tutto.

Ricordi della guerra non ne ho tanti, gli aerei in cielo piccoli e alti, prima di scappare in cantina attrezzata come rifugio e ci venivano anche quelli che non avevano la cantina, e il il rifugio era lontano.

Della cantina ricordo tutto, la scala per andare giù,la mia cantina(n.9) il locale in fondo dove ci si ammassava tutti, i sacchetti di sabbia,le panchine del locale rifugio.

Nella cantina mio padre teneva una damigiana con il collo largo piena di acciughe messe una a una a raggiera con la coda in fuori, piene di sale che per un paio di mesi puzzavano e poi profumavano.

In cantina avevo giocato al dottore con le bambine ma non mi piaceva. Non mi piaceva essere visitato.

Della prima comunione ho una foto con mio zio Guido che incrusciato mi tiene una mano su una spalla abbracciandomi a sé, l'unico ricordo di quel giorno. E mi arrabbio quando sento qualcuno che dice: mi ricordo che alla prima comunione...

Di quando si è sposata mia sorella non mi ricordo niente,solo che, non so per cosa, in Chiesa non c'ero.

A malapena ricordo qualcosa del mio matrimonio,non tutto. Ricordo,come se fosse ieri sera, che sono rientrato in casa con la chitarra in spalla. E a letto la soddisfazione del riposo,una situazione piacevole, la migliore della giornata.

Quando era estate andavo dai nonni a S.Giorgio che abitavano in una cascina, con tutti gli animali. Appena entravi il cortile ne era pieno, galline,faraone,anitre, tacchini,oche,cani, gatti,tutti in giro. Conigli nelle gabbie, animali in stalla, cavalli, perchè mio nonno era un trasportatore e aveva un grande cavallo con delle zampe enormi,altissimo, che usava con un grandissimo carro con delle sponde alte,adatte al trasporto del carbone, e altri due cavalli normali uno nero e uno baio, e in stalla c'era anche un asinello,che non faceva niente,mai usato.

Tre mucche e un paio di vitelli. In una stalla apposta 4/5

maiali e, chiuso in uno stambugio, un Verro per le scrofe. Sopra il portico,sotto il tetto i Piccioni,belli grassi, però per mangiarli buoni andavano mangiati nei 40 giorni.

Non mi ricordo della scoperta femminile,ma mi ricordo

delle prime volte a casotto,e prima di andare si facevano un paio di seghe se no erano soldi buttati.

Quanti ricordi ! Di belli e di brutti, ma quelli li tieni fuori ricordarli fa male.

Come non ricordare il Villoresi ? La prima volta che mi sono avvicinato,bambino, a una fila di giovanotti,qualcuno nudo, e uno mi ha chiesto-sai nuotare? E io ho fatto segno di no con la testa e lui mi ha buttato dentro dicendo è ora di imparare,e io nuotando a cagnò sono uscito e mi sono ributtato subito felice. Era bello il Villoresi. Si era tutti operai e alla sera si lavavano tutti nel canale, una cosa velocissima: si toglievano i vestiti e ci si buttava,ci si insaponava ben bene e ci si ributtava, se si aveva tempo si nuotava un po,si facevano dei tuffi imparandone dei nuovi, si attraversava un paio di volte. Nei giorni festivi si andava al Rongione cosidetto della Malpaga e quelli bravi si tuffavano ne canale e uscivano nel Rongione che era lontano dal canale. Fu il mio chiodo fisso,cominciai a chiedere come si faceva,un po' se la tiravano ma alcuni no, e mi dicevano che era una cosa semplicissima: l'acqua ti tirava dentro dovevi solo infilare le due porte: la prima del canale ,la più difficile, e poi la seconda che passava facilmente, e pluff venivi fuori nel Rongione!

Be... per trovare il coraggio ce n'è voluta! Ma ce l'ho fatta! Ed era veramente facile, bastava avere il coraggio necessario. Ma solo per la prima volta.

Al mattino mi alzavo,mi lavavo la faccia e c'era sul tavolo la tazzina di caffelatte con il pane pronta da mangiare,quel profumo, di quel caffelatte, perchè non lo sento più? E neanche il profumo di quelle zuppe di verze e pane giallo. Giallo? C'era solo quello! Il pane bianco si andava a comperare per le persone malate, c'era il pane giallo che si faceva ogni venerdì, al forno comunale.

I matrimoni si facevano così: in corteo si andava in chiesa a piedi, poi il banchetto di nozze si faceva in cortile, salame, risotto, pollo arrosto, qualcuno faceva il brasato, zola e torta. Quelli con i soldi andavano in trattoria.

La mia bicicletta era viola,di un bel viola, colore che non si usava. Ed era nuova. Una bella bicicletta con le ruote in alluminio e i freni orizzontali. A mia insaputa mi sono trovato padrone di questa bicicletta. Un giorno ero andato a trovare non so chi all'ospedale di Legnano e la bici la davi in deposito, pagavi la somma e ti dava un numero, quando tornavi davi il numero e lui ti dava la bicicletta. Quel giorno riportò questa magnifica bicicletta invece della mia trappola ereditata dal mio vecchio, Mi sono ben guardato dal dire che non era la mia, e sono tornato in un attimo a casa mia, andava che sembrava una moto.

Avevo una cravatta, e sapevo anche fare il nodo. Non era difficile ma c'era gente che non lo sapeva fare. Nera con righe gialle trasversali. Ero stufo della cravatta, anche se la mettevo poco, solo ai matrimoni ed ai pranzi, tipo il pranzo dell'Avis, ma quelle righe gialle...

In piazza c'era il Comando dell Gruppo faggioni, uno stormo di stanza al Campo della Promessa, Comandante era Marino Marini, e l'albergo da loro occupato era off limits per noi del paese. Per ogni missione che facevano al ritorno c'era festa nei locali del Gatelli, ogni tanto per festeggiare qualche vittoria, ma sempre per festeggiare il semplice ritorno. Vantavano le uniche vittorie Italiane sulla Marina Inglese con l'affondamento di due Corazzate nel porto di Alessandria. Le feste erano a base di mangiate e di ciucche solenni.

Ma che non dimenticherò mai è il suono della sirena a Milano che ti mandava in rifugio,un suono che ti entra dentro e che senti non solo con le orecchie, lo senti con il cuore,con la testa e con l'anima. Un suono che ho risentito a Buscate nel '91,un suono sociale, e quando lo risentivo tornavo ancora sotto ai bombardamenti, nei giorni che mi portarono via la casa.

La Sirena fù per Buscate la mossa vincente nella battaglia contro la discarica.

E mi ricordo i cani della mia vita,nel cortile dove abitavo

c'era Cibin che era il cane di tutti, anche se era di proprietà della Nives, morto ne portò a casa un'altro che chiamò Cibin, morto il secondo( a quei tempi i cani duravano poco) portò a casa il terzo che chiamò Cibin.

Purtroppo, anche se duravano poco, ti affezionavi e ti faceva male la morte. Poi ci fu il mitico Tony, il cane del Presidio,un vero capo, che comandò per tre anni al Presidio di Buscate fatto per combattere la discarica. Finita la lotta mia figlia venne a casa un giorno con un batuffolo bianco, il Doghi, che si impossessò della mia vita per quasi 17 corti anni.

Ho avuto un gatto nero,a Castano, poi quando sono venuto a Buscate, senza il suo consenso,lui è rimasto.

Ho avuto anche due tartarughine d'acqua, che mi riconoscevano e quando le prendevo in mano mi guardavano con gli occhietti vispi,dopo 4 anni sono morte. Poi ha saputo che non andavano prese in mano.

Ci sono cose che non vanno prese in mano lo diceva sempre mia mamma a mia sorella.

E ricordo le bisce. Dove adesso ci sono delle numerose

case, prima passava una rongietta in mezzo a orti coltivati a insalate e pomodori,in quella rongietta c'erano due bisce,verdi sotto e marrone sopra, andavo a trovarle,le prime volte scappavano a nascondersi poi con il tempo non più, non riuscivo a prenderle ma ci parlavo. Quel mondo non c'è più. Non so se ve ne siete accorti.

E ricordo la processioni, e i petali di rosa, la porte trionfanti verdi di arbusti, le ragazze che tenevano gli occhi per terra, le donne salmodianti, le bambine sul baldacchino ai piedi della Madonna, e i profumi, e l'odore dei ceri. E i canti di maggio: mira il tuo popolo o bella Signora. Solo gli allettati non c'erano.

Ero stato operato, tre baypass coronarici, dopo che l'ho fatta mi ero accorto che non era una cosa da ridere.

Mi ricordo quasi tutto, il sabato sera in unità coronarica a Novara, il Caposala, Carlo, che viene e mi dice: c'è fuori tua moglie che continua a piangere. Lo so perchè piange-gli dico- quanti anni che sei sposato ? 25-gli rispondo. Ehh.. sono tanti, ecco perchè piange. No.. non è per quello che piange. Perchè piange,allora ? Perchè pensa ai soldi del funerale,e quando sarà al funerale, ogni tanto alzando gli occhi e guardandomi nella cassa scoppierà a piangere singhiozzando,e la gente penserà : è inconsolabile, ma invece sarà per il costo della cassa.

E il mattino della domenica (ero un caso urgente e allora era fatto di domenica) l'anestetista mi ha misurato i battiti ed era rmasto perplesso, qualcosa non va? -gli chiesi- 70 battiti ! e c'era un tono di quasi accusa. E si.. sono un po' alti, di solito ne ho 48/50. Lei scherza-di solito entrano qua con non meno di 150 !- Bene, bene, occorre meno anestetico, e si sentirà meglio dopo.

Dopo morto ? Le devo dire la verità, dopo non mi interessa più.

Conti dal 100 in giù. 100,99, 98...

Una mano mi toccò la spalla...sono le dieci e mezza, si svegli. Aprii gli occhi a fatica,non potevo parlare,avevo un tubo in gola, non potevo muovermi perchè avevo la mani legate. A dire il vero ero tutto legato,e per quello che vedevo avevo tre o quattro tubi che mi uscivano dalla pancia. Quando fui proprio sveglio mi guardai in giro, girando gli occhi di qua e di là. Eravamo sei letti e molte infermierine vestite di verde che si davano da fare chiacchierando fra loro. Una ,sempre la stessa, a intervalli veniva a mi metteva dentro un tubo nel tubo e aspirava, facendomi un gran male. La tenevo d'occhio ma non potevo fare niente, ero completamente nelle sue mani.

Le dieci e mezza di quando mi ha svegliato erano della sera di domenica. L'ho saputo dopo, perchè lì dov'ero non c'erano finestre e c'era una lucina sempre accesa e non si capiva se giorno o notte.

Questo qua non gli spurga più niente,disse l'infermierina.

Poi deciderà il dottore.

Era lunedi,ma non lo sapevo.

Siccome non spurgavo più, invece di rimandarmi in sala operatoria,come pensavo io, alle 17.30 del lunedì mi tolsero tutti i tubicini e il tubo che avevo in bocca,e mi mandarono in reparto.

Che bello! Libero di muovermi e libero di parlare !

Le prime parole che dissi appena tolto il tubo fu: oggi è S.Antonio. Auguri ! Mi dissero le infermierine. O Dio disse una, mia suocera si chiama Antonietta, e non gli ho fatto niente.

Era una camera a due letti, il mio era vicino alla finestra,era all'ultimo piano e a guardare giù si vedeva una pista di atterraggio per l'elicottero,marrone gialla,rotonda. Sembrava un centro del tiro a segno,sul tetto dell'ospedale. Almeno vedevo qualcosa, sull'altro letto un gigante,con una faccia enorme e i piedi che uscivano dal fondo del letto. Aveva anche lui la stessa ferita che avevo io lungo tutto il torace,che sembrava chissà cosa ma faceva poco male.

Stranamente gli infermieri che lo accudivano stavano lontani e allungavano le braccia per fare quello che dovevano fare. Poi capii il perchè. Verso le 10 venne un dottore a fare il giro di visite che si usa fare in tutti gli ospedali. Come sta il nostro Adelio-disse leggendo il nome sulla cartella a piedi del letto, appena arrivato a tiro l'Adelio gli mollò uno sganassone che per fortuna non prese bene perchè non ci fu il KO. L'Adelio era cieco totale e il suo modo di rapportarsi in questa situazione era questo,ma faceva male.

Al venerdì mi trasferirono a Veruno per la riabilitazione,

una struttura in mezzo al verde sulla strada per Borgomanero.

Equipe di fisioterapisti eccezionale.

Lunghe passeggiate fra boschi di castagne,dove si trovavano dei porcini piccoli e duri.

Noi che venivamo da Novara si fece gruppo,sia in sala pranzo che nelle passeggiate. Uno di Novara mi disse che lui prima aveva fatto la Carotide ed era molto peggio. Lo dileggiai e invece aveva ragione,quanto aveva ragione.

C'era uno che aveva fatto l'autista di Rossi,io non sapevo chi era Rossi,ma mi disse che era quello che aveva inventato i biscotti di Novara,diventato molto ricco per questo. Nella sua ditta ci lavorava un certo Pavesi,che poi messosi in proprio “inventò” i Pavesini.

Nelle passeggiate nel perimetro del parco ognuno raccontava la sua storia,il tempo c'era.

Uno aveva fatto 8 anni di galera,innocente ma si sa tutti lo sono, e diceva dei carceri che aveva girato : S.Vittore di Milano,due Palazzi di Padova, Mamma Gialla di Viterbo, Rebibbia, Piacenza, per finire a Bollate dove,diceva, andavano gli innocenti. Diceva cose incredibili come la cella liscia dove ti mettevano in punìzione,una cella con dentro niente, né letto, né sedie, né water, né lavandino, liscia appunto, e senza finestra con una luce sempre accesa,che non capivi se era notte o giorno. Ed entravi nudo. Ogni tanto entravano in due e ti facevano fare dei piegamenti alternati a schiaffi,10 piegamenti 10 schiaffi,10 piegamenti... Potevi starci un giorno o una settimana. E un giorno era come una settimana. Quando decidevano che era finita,ti facevano lavare i tuoi escrementi con una canna, poi prendevano la canna e ti lavavano,e se era estate eri fortunato. E ritornavi in sezione un pochino raddrizzato.

Ma ragazzi, dicevo: quello che abbiamo subito noi è uno scherzo !

E quello che aveva fatto il Partigiano nell'Ossola e fatta la prima Repubblica Italiana,con i Ministeri e tutto, sotto Alfredo di Dio, ucciso il primo giorno dell'attacco dei Tedeschi al ponte sul Toce,come un Bamba a difendere con un fucile il ponte che entrava in Domodossola. E parlava di Moscatelli,che avrebbe potuto aiutare in modo decisivo,trovandosi nei paraggi,appena dopo la valle di Macugnaga a mezza giornata di strada, che non si è mosso con suoi Partigiani famosi per la loro capacità e forza. E la fuga dei caporioni in Svizzera attraverso il passo di S,Giacomo,e loro a difendere fino all'ultimo i valligiani,che li avevano sfamati in quei giorni. Per poi mimetizzarsi tra la popolazione o scappare su nei monti in posti inacessibili.

Belle storie.

E il racconto de quel diventato poi senatore e Ministro che dalla sera alla mattina si trovò ricco sfondato, e ognuno raccontava una storia diversa e la gente poi non credeva a niente,comunque da povero in canna a ricchissimo in una notte. E si raccontava di feste nella sua lussuosa villa di paese dove ti ricevevano delle ragazze nude che ti offrivano tutto e di più,comprese strisce di coca.

Le ragazze della palestra mi avevano messo veramente

a posto,ero arrivato con l'acqua nei polmoni e in tre giorni me l'avevano fatta sparire,con le mani mi entravano sotto allo sterno facendomi un gran male, ma

l'acqua era sparita.

I mali te li ricordi benissimo.

Una cosa strana:ogni tanto,8/10 volte all'anno mi veniva un terribile mal di testa,da stare a letto al buio. Da quando ho fatto i baypass quei mal di testa non ci sono più ! E un'altra cosa : i farmaci che prendo mi eccitano sessualmente,ecco da dove deriva il Viagra.

Ero in barca,una domenica e vidi qualcosa di azzurro in acqua nella lanca dell'isola nella parte piemontese, era uno con la camicia azzurra e pantaloncini rossi,su un piede aveva ancora un'infradito. Cercai di girarlo ma aveva la faccia rovinata. Lo lasciai così com'era. Da Sandrone telefonai in caserma,e dopo mezz'ora arrivarono i Carabinieri, li portai con la Cecca dal morto,li riportai indietro, poi li riportai a prenderlo. La Cecca aveva visto di tutto, di solito pesce pescato di sfroso, di notte con il carburo, contrabbando di cose molto serie, donnine allegre che facevano cose mai viste, ma mai un morto. Venne sera,arrivò il Magistrato, poi in caserma per il verbale. Arrivai a casa alle dieci con mia mamma preoccupata perchè aveva saputo che facevo tardi perchè ero in caserma. Era tutta colpa del gatto nero, che da quando c'era non ne andava bene una. Il gatto nero rubava e non solo a casa nostra,anche nelle altre case e mia mamma era stufa delle lamentele. Un giorno mise il gatto in un sacco con un grosso sasso, lo legò ben bene e mi disse va a buttarlo nel canale. Presi la bici e andai al cimitero e dalla puntasela lo buttai in acqua. Poi tornai a casa che era ora di mangiare e sulla porta trovai il gatto che aspettava gli aprissi la porta.

Quasi ogni anno nasceva il vitello e se non era di notte andavamo a vedere ed era ridicolo vederlo a fatica mettersi in piedi.

Mi ricordo,ero a Milano da mia zia che abitava in via Scesa, quei giorni di Aprile che andammo tutti in piazzale Loreto a vedere i morti appesi per i piedi alla pensilina del distributore di benzina, mi è rimasto dentro e lo ricordo come fosse ieri. Un'altra volta Mussolini venne a Milano ma io non lo ricordo.

Le persone anziane comandavano, noi bambini venivamo allontanati quando gli anziani parlavano. Ogni tanto ti tiravano qualche scappellotto ed era buona cosa stare fuori tiro. Ora che sono anziano io,comandano i bambini. Io, per quello che ricordo,non ho mai comandato. Nella mia vita di coppia comanda mia moglie,se devo dire la verità e non fare lo sbruffone come fanno tutti quando sono all'osteria.

E mi ricordo di un bullone. Stavo cambiando gli ingranaggi del tornio per il cambio di filettatura dal decimale al Witfuort, c'era con me il capo,che stava parlando del più e del meno,come al solito,tirando fuori un ingranaggio dall'albero un bullone cadde per terra e sparì non lo vidi più. Calma... mi disse il capo, cerchiamo con calma,e ci mettemmo tutti e due a cercare. Era un grosso bullone, di un quarto di pollice,che non si poteva fare di nuovo anche se eravamo una officina e in una officina si può fare tutto,ma era più semplice e veloce farne arrivare uno dalla ditta che aveva costruito il tornio. Lo cercammo per ore: era sparito,volatilizzato.

Certe volte le cose hanno un'anima.

Per due giorni lavorai su un tornio più piccolo.

Una sera d'estate uscii in strada e c'era mia sorella ad aspettarmi e mi disse vieni a casa subito che c'è la Zia Maria, mi alzai sui pedali e mi trovai per terra per la rottura del manubrio,non persi sensi ma non capivo più più niente. Il dottore da cui mi portarono disse: portatelo all'ospedale ma,e scosse la testa, non c'è niente da fare...gli esce il sangue dalle orecchie. Se studiava ingegneria era meglio. Era successo qualcosa di dentro,sicuro, perchè da allora non sono proprio per la quale. Ma sono ancora qui. In barba al dottore, che si chiamava Barbarossa per distinguerlo da Barbanera che era un altro dottore.

Il manubrio lo aggiustai infilando nel tubo un pezzo di manico da scopa.

Ci mise di più a guarire il gomito che si era scheggiato ed hanno dovuto ingessarlo. E mi sono fatto quasi due mesi di festa. Durante il giorno c'erano in giro solo donne,che facevano la spesa, e in piazza c'ero solo io con il mio braccio ingessato,seduto al tavolino dell'albergo.

Un mio amico, eravamo inseparabili, non conosceva suo padre partito per l'Argentina( l'america di fraschun) che lui non era ancora nato. Ogni tanto scriveva e diceva che voleva conoscerlo,Cisar ci pensava.

Cisar era un tipo tosto, una sera eravamo andati in un Bar di un paese vicino a cercare uno che gli aveva fatto uno sgarbo,non una punizione punitiva ma quasi. Nessuno lo conosceva in quel bar. Cisar si stava innervosendo, fino a quando spense la sigaretta in un'orecchio del primo che aveva vicino. Mai ho sentito uno urlare così, ma mai ho visto spegnere una sigaretta in un orecchio. Cisar era così.

Senza preparativi salutò la mamma,un bella donna che frequentava i sogni di noi tutti, e partì per andare a conoscere suo Padre. Arrivato nel piccolo paese dove abitava suo padre chiese un po' in giro,qualcuno parlava un po' di italiano, ma non capì niente,solo che suo padre era fuori a lavorare e sarebbe tornato,domani o dopo.

Dopo tre giorni arrivò un camion senza sponde guidato da un negro,sul cassone c'era un omone,suo padre, ciucco tradito, che nessuno riuscì a svegliare, dopo la notte, a padre rinvenuto, venne a conoscenza che il padre era il Sindaco, la Polizia, il Dottore del paese. E che aveva due famiglie e faceva una settimana con una e una settimana con l'altra.

Il Padre lo accolse benissimo e lo fece sentire a suo agio,un giorno in una famiglia e un giorno nell'altra, dopo una settimana lo prese da parte e gli disse: devo mandarti a fare una cosa, anche due rispose, gli mise in mano una foto di una ragazza,una bella ragazza,: devi cercarla, è andata a BuonesAires e non è ancora tornata.

Si fermò a pensare: saranno circa due anni. Devi trovarla, va !

Cisar scoprì che B.Aires era la maggior città italiana,con

4 milioni di italiani e un totale di 11 milioni di abitanti.

Si perse in mezzo agli italiani,ma con la sua spavalderia se la cavò benissimo. Così mi diceva nelle sue lettere.

Poi sposò una italiana zoppa proprietaria di due cinema, e poi non ho saputo più niente.

Della mia vita quello che ricordo mica tutto è piacevole, ci sono dei ricordi tristi come la morte di mio padre; aveva 53 anni. Per il suo lavoro aveva preso la silicosi,da due anni era a casa invalido, perdeva sempre sangue da naso. Un giorno che ero a casa,sarà stata domenica allora, quel pomeriggio venne uno del mio cortile in bici e cominciò a gridare: vieni a casa subito, subito ! Sembrava che dormisse, con la testa appoggiata sul tavolo,mia madre lo aveva rimesso ancora così dopo che si era accorta. All'improvviso provai di volergli bene,ma era tardi. A 53 anni, e io adesso ne ho 80!

In quei tempi si faceva una settimana di ferie all'anno, poi furono due settimane. Mi ricordo il primo anno: due settimane ! Grande ! Incredibile. Naturalmente tutti andavano al Ticino e il ponte era come il mare, una quantità di gente che veniva anche da lontano, anche da Busto, Legnano. Ci si arrivava anche in treno perchè c'era la fermata,la stazioncina era sulla sponda piemontese,piccola, funzionante solo d'estate. E in giro al ponte ristorantini e banchetti che vendevano bibite,gelati,panini e angurie. Il Ticino era il mare,per noi che non ci eravamo mai stati, era meglio. Ma noi di Castano non ci andavamo quasi mai,avevamo la mano di andare a Ponte di Castano,che si chiamava così ma non c'era nessun ponte. Anche lì era strapieno. Un anno che Ceccone era a casa,di solito era in Africa per la Torno quell'anno che era a casa decidemmo di fare una barca.

Era il suo mestiere,poi lavorando per la Torno sapeva fare un po' di tutto, anche se lui era un capo e diceva di avere sotto 200 negri. La cosa più difficile era il disegno della barca, Ceccone fece una dima con il compensato. Comperammo la lamiera dal Carletto che aveva una officina di carpenteria e ce la consegnò direttamente sulla spiaggia, per farla ci vollero tre giorni, poi altri tre per calafatarla e verniciarla, per ultimo ci scrivemmo il nome: LA CECCA. La verniciammo di verde Era lunga 8.30 metri e larga uno e mezzo. Una vera barca, forte e leggera,saliva le rapide che era un piacere.

Di fronte alla barca c'era una piccola isola con un bel bosco e una spiaggietta ottima per prendere il sole, e c'era un solo modo di andarci:la CECCA. Tutto il giorno ero indaffarato a portare gente,e riportarla. Un giorno che venne brutto tempo e dovemmo scappare di corsa li misi su tutti ventuno che erano,l'acqua arrivava a due cm, dal bordo ma la Cecca fece il suo dovere, ero orgoglioso della Cecca.

Quando veniva sera, che erano andati a casa tutti,era l'ora migliore, l'aria diventava ferma, tutto si fermava. Vedevi le bisce rigare l'acqua,le trote saltare, sentivi gli

uccelli cantare, i ratti rumoreggiare nel sottobosco, e stavi attento a non sbattere il remo contro la barca per non fare rumore, quando veniva scuro legavo la Cecca al suo posto e con dispiacere andavo a casa.

Mi piaceva, nelle mattine in cui potevo, andare a fare il mio giretto. Risalivo un pochino il Marinone fino a un filo d'acqua che usciva dal bosco, a piedi lo risalivo tirando la Cecca,che mi seguiva facilmente su quel rivo d'acqua,dopo un po' il rivo piano piano cominciava ad allargarsi e dopo una cinquantina di metri già nel bosco, c'era già l'acqua sufficiente per risalire in barca e spunto nare. Ormai in pieno bosco il rivo si allargava e diventava un canale con le piante che guardavano nell'acqua e potevi cogliere i loro frutti. Faceva quasi freddo nel canale nel buio del bosco. Un canale diritto che sembrava artificiale,tagliava il bosco di traverso per andare a finire in una specie di slargo che sembrava un lago, del corso principale. Slargo che sfogava in una piccola rapida che scendeva verso l'isola,a sinistra,e la sponda piemontese a destra. Fare il giretto ci volevano un paio d'ore, era la mia maniera di fare passare la mattinata, in quelle splendide ticinate. Poi,piano piano, diradai le ticinate fino a quando un anno non ripitturai la Cecca. Fu l'inizio della fine. La Cecca doveva essere curata ogni anno,carteggiata e incatramata specialmente il fondo che sui sassi delle rapide veniva continuamente lesionato.

Così finì la Cecca.

Ma mi accorsi di una cosa: credevo che il Ticino era bello perchè avevo la barca,invece il Ticino era bello di suo. Il Ticino andava, e noi eravamo lì come spettatori di una processione. Noi diventavamo vecchi, il Ticino era eterno. Il Ticino era la vita,e la barca non c'entrava niente

Il mio amico Giulio aveva la morosa che abitava a Cameri e allora per facilitare la strada lei veniva sulla sponda piemontese,che abitava vicino, e io andavo a prenderla e la portavo sull'isola dove stavamo tutti assieme. Alla sera la riportavo,e lei era praticamente già a casa. Quella sera restammo a cena da Sandrun,in una bella compagnia, e facemmo anche tardi,tanto era sabato,il giorno del tardi. Mangiammo delle rane. Risotto con le rane e rane fritte. E lei, la Giulina, si scandalizzò a vedermi mangiare le rane tutte intere, lei le mangiava avanzando gli ossicini. E nacque una questione: io sostenevo che si mangiavano così e lei invece che andavano spolpate. Alla fine lei si mostrò sicura che quando sarei andato a cagare non avrei cagato per via degli ossicini che avrebbero ostacolato la deiezione. E allora facemmo una scommessa: al mattino seguente ci si saremmo ritrovati sull'isola e io avrei cagato e lei guardava sotto per vedere gli ossicini. Tanto per dire a che livello alcoolico eravamo arrivati; tanto è vero che quando riportai Giulina sull'altra sponda,che era già passata mezzanotte, quando fummo prossimi alla riva e dovevo cambiare la spuntonata, per la corrente toccai con il remo la barca, il Giulio che era in cima sentendo il colpo, credendo di essere arrivato,era una sera senza luna ed era buio come la pece, il Giulio scese. Mancavano ancora una decina di metri, in piena corrente che si era dove incominciava il Langosco. Dio mio! Pensai, ciucco com'è el nega. Approdai alla riva e cominciammo a chiamare,eravamo rimasti solo io e Giulina. E' annegato è annegato,continuava a ripetere e piangeva.

Noi di Castano non anneghiamo mai,dicevo io per convincermi, mai. Ma il primo ad avere paura ero io. Lo conoscevo a un certo punto non reggeva più e dovevo portarlo a casa,per fortuna io l'alcool lo reggevo benissimo. Ne avevamo fatte di ciucche.

Giulio, Giulio... ma non rispondeva. Giulio...

E scendevo la sponda,che in quel punto era boschiva e non facile. Ad un tratto sentii tossire,come uno che si era ingozzato. Sei lì ? Giulio sei lì ? Finalmente,sacramentando, rispose sono qui. Ed era aggrappato a una radice,non si vedeva niente ma lo sentivo nell'acqua, Finalmente a fatica lo tirai fuori. Non ho mai provato a portarti a casa così bagnato. Va 'fa un culo, mi disse villanamente, e sì che era Architetto.

La mattina dopo quando andai a cagare la Giulina non c'era.

Mio padre ,che era veneto, di Mira, diceva che andare nel campo era meglio. Infatti appena tiravi giù i calzoni la facevi.

Mia cugina Norma con i soldi dell'incidente in cui era morto suo marito investito sulla Romea mentre andava al lavoro, si era fatta la casa, senza servizi, tanto erano abituati che non ci pensavano neanche.

Ci sono stati dei tempi in cui la bicicletta era un lusso,praticamente tutti ce l'avevano per andare a lavorare, ma c'era bici e bici. Quasi tutti avevano una bici che stava insieme con lo sputo. Quando si bucava,spesso, e bisognava aggiustarla nel cortile, con il catino per vedere il buco, il budello era strapieno di buchi, e il copertone peggio, con pezze di gomma o di quello che c'era, per rinforzare che quasi quasi la ruota non girava per le pezze che uscivano dal copertone. Era un lusso. Si metteva da parte per un anno o due dalla piccole paghe della domenica per comperare la bicicletta. Per poi vivere nel terrore di farsela rubare. Ci sono stati degli anni,nel dopoguerra, che ti saltavano la strada. Erano minimo in due,sempre di sera, si facevano dare l'orologio se ce l'avevi, e la bicicletta. Anche straccia. Ed erano,come minimo, di due paesi più il là, se no li vedevi girare con la tua bici.

Il Giulio era il mio amico,non un mio amico ma il mio amico.

Alla domenica andavamo a ballare a Oleggio con il suo Guzzino, che era una moto che andava sempre ma aveva il difetto di sporcarsi di frequente la candela. Non scendevamo neanche dal Guzzino: seduto dietro gli passavo la candela pulita e lui mi passava quella sporca, e mentre si sporcava io pulivo la candela. Per andare a Oleggio ci volevano due candele. Andare a ballare in Piemonte era pericoloso perchè i giovani del posto per idee loro, cercavano sempre di litighare e i foresti le prendevano sempre. Noi eravamo solo in due ma non avevamo paura, abituati a fare botte fin da bambini. Una sera,eravamo a Teatro,dove al sabato e domenica ballavano, e fra un ballo e l'altro eravamo al bar a bere il samovar, quando uno piccolino ma con due spalle così, ci urtò, rovesciando il samovar. Questo cerca rogne-disse ilGiulio- e appoggiò delicatamente il suo bicchiere e con il destro,che lui era comodo, gli mollò uno sganassone appoggiando la schiena contro il bancone, il piccolino toccò terra prima con la testa che con i piedi.

Comandammo altri due samovar e continuammo a bere. Il piccolino quando rinvenne ci voleva ammazzare e lo tenevano in quattro,poi come al solito ce ne disse di cotte e di crude,e noi mogi,per finire a bere assieme.

Diventò un nostro amico e una domenica ci invitò a pranzo a casa sua e conoscemmo sua madre, una ragazza madre che lo aveva tirato su da sola, e ci raccontò la sua vita. Una bella storia.

A Oleggio non era un amico per me, ma l'amico.

Nel mio cortile c'era una famiglia di otto figli, dieci persone che abitavano due locali: sotto con il camino e un grande tavolo, e sopra con degli scaffali un giro al letto dei genitori,dove dormivano loro, 6 maschi e due femmine, tutti già grandi, i Todaro. La sciura Todaro al martedì faceva pasta e fagioli,incominciava al lunedì sera, e i fagioli borbottavano tutta notte sulla brace del camino,al mattino li passava avanzandone una brancata da mettere in ultimo e li rimetteva in pentola con l'aggiunta di verdure e di cotica tagliata a cubetti, e faceva cuocere,intanto tirava una pasta che tagliava maltagliata, e quando era ora di mangiare tre minuti prima la metteva, Un bel piattone era il mio! Era strabuona.

Un sabato al mese facevano cuocere una testa di bovino

data in cambio di conigli dal macellaio, la testa era cotta in grande paiolo che avevano apposta per quello, il camino era molto grande,come tutti i camini di una volta, e poi la mettevano sul tavolo fatto da loro,un grande tavolo di rugura dove con il tempo le venature erano uscite in rilievo, e tutti in giro,ci si metteva con un coltello e si prendevano i bocconcini accompagnati dal pan giàld,da bere i due secchi appesi al muro con il casù, di acqua e di bragiò,ma il bragiò non mi piaceva. E si raccontavano le storie.

Poi il Gino aveva sposato la Gina ed era rimasto in famiglia,come facevano per il dormire non lo so.

La Carla,,che abitava due cortili più in giù, gli piaceva andare con i giovanotti. Poi, quando ha capito che gli

piaceva e basta, cominciò a far fruttare la cosa. Un giorno che gli era scaduta la patente e capitò in quel posto per comperare la marca da bollo,si accorse di non avere soldi abbastanza,disse al signore che aveva davanti: il gabinetto dov'è. IL signore senza parlare,fece due passi in là e aprì la mano invitando a proseguire. Non può accompagnarmi-disse la Carla- io ho paura.

Paura di che? Paura. Rispose. Lasci aperta la porta-disse- e fece vedere tutta la mercanzia. Il signore rimase imbambolato. Ti interessa? - disse la Carla- il signore non disse ne sì ne no ma si lasciò usare. La Carla rimase anche a dormire. Il signore era solo, aveva un Bar con rivendita Tabacchi, situato lontano dalle case,un bel fabbricato a due piani. Sotto il bar,con il grande locale della rivendita, e i tavolini sempre pieni all'ora del caffè,un'altra saletta e i bagni vicino. Un bel posto,solido di muri e tavoli, con delle grandi finestre che guardavano su campi verdi. Ad aiutare una ragazza che veniva di sera ed a mezzanotte andava a casa.

Carla rimase una settimana,poi andò a casa a prendere le sue cose per tornare e stabilirsi. Delio,così si chiamava,era un buono,facile da andarci d'accordo. Alla Carla piaceva fare da mangiare,e cominciò a fare dei buoni pranzetti per loro due,poi arrivò qualche cliente, e al mezzogiorno c'erano sempre 4/5 persone, e al fine settimana qualche merenda. Tutto faceva brodo. Una bella solida Trattoria dove si stava bene. Il posto era un po' in fuori, al limite di un grande parcheggio che serviva un grande posto dove vendevano di tutto,proprio tutto. Ci si arrivava da una strada che girava intorno al parcheggio attraversando anche una porzione di bosco.

Un bel posto.

Dopo un paio d'anni Delio morì, aveva un forte diabete e con i pranzetti della Carla aumentò la glicemia,prima non ci vide più,e poi una notte nel sonno, la sua vita finì.

Una delle sue ultime cose sposò la Carla.

Fra i clienti delle merende c'era un tizio giovanile con i capelli lunghi sempre puliti, a cui piaceva ridere. Alto e muscoloso,prestante,dai modi sbrigativi. Un bel ragazzo.

Ci volle poco finire a letto.

Il bel ragazzo, si chiamava Totò (Salvatore), si trasferì di sopra e prese il posto del Delio. Piano piano venne fuori il carattere di Totò, dominante, piacevole con chi non conosceva ma duro con i suoi. E venne fuori anche il lavoro che faceva: aveva una squadra di ragazzotti che mandava ad alimentare il giro fiorente delle varie droghe che spacciava. Un giro grande. Totò aveva scelto

la trattoria della Carla per la posizione defilata,con molte vie di fuga. L'ideale per il suo lavoro.

Praticamente Totò diventò il padrone. Era sempre su in camera,dove andavano i suoi scagnozzi a prendere ordini e a portare i soldi. A mangiare al fine settimana non venne più nessuno,e anche a mezzogiorno. Era diventata la serva,e non sapeva come uscirne.

Una sera venne uno, con una faccia...ma oramai diffidava di tutti, il tizio si guardò in giro attentamente e poi prenotò per quattro,il sabato sera alle 9.

Sabato 4 brutti ceffi vennero a cena, gente a modo,ma si vedeva che non era gente che lavorava. Carla chiese a Totò se c'era da fidarsi da gente così, Totò, sbruffone disse che se cercavano rogne li metteva a posto in men che non si dica. I quattro furono molto contenti delle cena,talmente contenti che prenotarono per il prossimo sabato una cena per 12 persone.

Carla era contenta della prenotazione ma preoccupata perchè sentiva che era una compagnia non di operai o impiegati,ma gente che...

Avrebbe avuto la protezione di Totò, almeno serviva a qualcosa.

Quel sabato prima arrivarono i quattro che erano già venuti e controllarono perfino i gabinetti, che Carla teneva sempre puliti, poi arrivarono gli altri : 4 persone di mezz'etae altri 4 come i primi: non gli avresti dato neanche la mano per paura che non te davano indietro.

Fu un grande successo. Il brasato andò a ruba e il Coniglio al cioccolato pure.

Alla fine, quello della prima sera,che era un po' il capo perchè tutti lo ascoltavano attenti quando parlava, n venne e la invitò al tavolo: il Dottore vuole fargli i complimenti,le disse. Il Dottore era una persona molto affabile e con molta educazione le disse che mai aveva mangiato un brasato così buono,e anche il coniglio era eccezionale. Carla confusa disse che aveva

fatto la sole due cose che sapeva fare bene, per fare bella figura. Carla fece una gran bella figura. Il capo,come lo chiamava lei, venne a pagare, lasciò un gran bella mancia, e quando lei chiese che tipo di dottore fosse,sempre a caccia, essendo donna, di qualche medico bravo, il capo disse: Carla è un Magistrato, il più alto della città. Anche gli altri tre sono Magistrati, noi siamo la scorta. Il posto e bello poi è in una posizione ideale: c'è una sola strada e la possiamo chiudere con una pattuglia per stare al sicuro.

E allora lei gli disse di Totò che non si vedeva ma c'era e controllava tutto. Abbiamo controllato di sopra non c'è nessuno! Vive in camera mia. In camera tua non siamo entrati.

Come si chiama? Di che Paese è?

In camera tua? Ci vado.

No! E' un tipo pericoloso.

Il capo rise, di un riso ridente,allegro. Lascia fare a me, lo posso mandare via?

Sarebbe come vincere al lotto.

Dopo dieci minuti,passati con paura dalla Carla, il capo scese la scale e, subito dopo Totò con una faccia da canne bastonato,con in mano i suoi due borsoni.

Non lo vedrai più, gli disse il capo.

La sua vita cambiò da cosi a cosi. Ridivenne la padrona.

E il Dottore come minimo una volta al mese veniva a fare una merenda,e tutto quello che faceva andava bene, e complimenti a non finire.

Il capo si chiamava Ettore ed era più piccolo di lei di un paio d'anni,ma andava bene, benissimo, e a letto era un creativo.

Carla era felice.







Ho fatto la sesta(era chiamata così,un corso di avviamento professionale) a Legnano, alla Bernocchi.

C'erano due pro. Che quando facevano loro la prima ora,prima di fare l'appello, dicevano : Marchiori e Quaglia fuori. E a stare fuori qualsiasi cosa facevi non andava bene, e io ero il più assiduo frequentatore del Preside,un tipo piccolino e magrolino con gli occhiali spessi così.

Una volta,chissà perchè,un mio tema vinse una specie di concorso della Scuola,,di tutta la scuola anche le classi superiori, e dovetti andare una mattina in tutte le classi a leggere il mio tema. Penso per punizione.

Io avevo un solo paia di scarpe,tutti avevano un solo paia di scarpe meno i ricchi, e mi vergognavo della mie scarpe invernali sporche e non sapevo come fare per nasconderle,ma portavo i pantaloni corti, non avevo ancora l'età, ed era difficile non farli vedere.

Il tema parlava della guerra in corso e, mi sembra, che io dicevo della fatica di andare a lavorare, contemporaneamente andavo a fare il garzone elettricista e viaggiavo sempre con fili al collo e tubi di Bachalite sulla canna della bici.

A Castano Primo c'era un bel posto: L'Oratorio, li ho imparato a fare a botte, a fumare( non dico cosa) e a rubacchiare. A dire le bugie in Confessione.

Ero abbastanza bravo sia a fare a botte che a rubacchiare.

Che non ero bravo, era a giocare al pallone, A quei tempi si usava così: i due considerati più bravi sceglievano i giocatori a uno a uno,una a me uno a te, e le squadre erano bilanciate. Pressapoco. Io avanzavo sempre ultimo,talmente ero scarso.

Ma me ne fregavo,basta che mi facevano giocare io ero contento.

Per le ragazze invece era dura. All'Oratorio non ce n'erano e bisognava arrangiarsi, fortuna che c'erano i cortili con molte ragazze,serbatoio di molti matrimoni. Ma io non volevo il matrimonio,volevo la conoscenza.

E quella bastava barcamenarsi fra finte amicizie, piano

piano, perche era dura, la conoscenza piano piano arrivava.

I ricordi della scuola non sono tanti. Tutti giorni si faceva l'alzabandiera, tutti schierati in cortile in file che dolvevano essere perfette, sul'attenti,veniva alzato il tri

colore con lo stemma Sabaudo al centro del bianco, e alla sera,invece di correre fuori in strada com'era nell'istinto, schierati ancora in file perfette ma irrequiete, si tirava giu. Io, che ogni anno andavo da mio nonno in cascina, avevo imparato che le Api non pungono di natura, se le lasci stare non pungono. In un ammainabandiera un'Ape mi si era posata su una guancia, io, ricordando, non ho fatto una piega. Ero in prima fila e l'insegnante ha visto tutto, oltre all'encomio solenne fatto prima del rompere le righe, ho avuto, il giorno dopo in classe, un encomio scritto e un libretto di risparmio di lt. 15, della BPM, agenzia di porta volta, che ho ancora, e chissà se vale qualcosa ma non penso. Avevo il dubbio,,che ho ancora, che mi avevano dato

l'encomio più per mio Padre iscritto al PNF che per il mio gesto che trovavo assolutamente normale.

Mi ricordo di un buco nel muro che avevo fatto con il dito sul muro di dietro,trovandomi all'ultimo posto. Invece di fare stupidi scherzi con l'inchiostro del calamaio avevo fatto questo buco,,immaginandomi prigioniero in una cantina profonda. Il buco non riuscì,perchè un giorno lo trovai chiuso con la malta.

E la mia evasione fallì.

L'ora di musica la facevamo in uno sgabuzzino deposito di tavoli e sedie, su cui andavamo ad appollaiarsi, di musica, che mi ricordi, non facevamo niente, ma era desiderata l'ora nello sgabuzzino.

La Carla ebbe un figlio dall'Ettore. Un bellissimo bambino, e non è vero che tutti i Bambini sono belli.

Era preoccupata la Carla per il lavoro che si era messo a fare l'Ettore,che sembrava uguale uguale a quello che faceva Totò. Un giorno, a letto, sempre le cose importanti si dicono a letto, lo disse apertamete: ma traffichi in droga? Ettore altrettanto apertamente le disse che erano cose che non poteva dirgli. Carla rimase male, molto male. Andò a trovare il Dottore,e non pensava fosse così difficile, passò da segretaria a segretaria fino a che fu ricevuta. Il Dottore a sentire il suo cruccio fece una risata amara, poi gli confessò che l'Ettore era il suo migliore agente e che era in Missione e che il lavoro che stava facendo era pulito come il culo di un neonato. Mentre pensava che il Dottore non aveva mai visto il culo di un neonato, la Carla si traquillizzò e si pentì dei brutti pensieri.

Ettore aveva messo in piedi un traffico apparentemente losco, vendeva delle false pastiglie di Estasy, innocue, un misto di Sale e Zucchero,e andavano come il pane per il loro basso prezzo. Era tutto organizzato dalla squadra, con lo scopo di infiltrarsi nella organizzazione.

Al momento giusto,fra poco, si interveniva per dare un colpo da KO. Questo aveva detto alla Carla, tranquillizzandola.





La nostra officina era fatta a elle, in mezzo dei due lati c'era la stufa. Alta più di due metri, di materiale refrattario, a strati, ed era comodo metterci le mani nel vuoto caldo quando venivi dal freddo. Il lato sinistro era officina,il destro il montaggio e, sul fondo, la sala prova con la vasca dell'acqua.

Voglio dire cosa è la Cultura per me: scrivere di cultura è dire come hanno fatto,se questa è cultura allora tutto è cultura. Mi viene in mente l'inverno del '45/'46,duro come quello del'44/45, lavoravo con mio padre a Legnano in una raffineria di metalli: si cominciava alle 7.00 e si finiva alle 19.00, 12 ore filate,mangiando qualcosa a mezzogiorno senza fermarsi, abitavo a Castano e venire in bicicletta era dura ed andare a casa peggio, ci furono due forti nevicate quell'inverno e andare in bici era dura e lunga,si facevano del lunghi pezzi di strada a piedi con la bici che era d'intralcio,delle sere arrivavo a casa a mezzanotte,per alzarsi alle 4.00 per partire per il lavoro. Un uomo di ”cultura” può scrivere di questo,ma non lo ha mai fatto, non sa.

Una Raffineria di metalli,in pratica si recuperavano i rottami e le limature e i trucioli della tornitura,si dividevano per metalli e si fondevano.

Tre quattro volte all'anno si fondeva lo Zinco. Quando si fondeva lo Zinco c'era una particolarità: il giorno dopo, a tutti veniva la febbre e ogni cosa che mettevi in bocca aveva un sapore dolciastro, ripugnante. Allora, per non metterci in difficoltà, lo Zinco lo si fondeva al Sabato,tanto la Domenica non c'era niente da fare.

Ustionato dai primi amori, ogni tanto mi rifugiavo in quelli a pagamento, solamente che non ero pratico e la cosa finiva subito, e spendevo soldi per niente.

La Giulina, che sapeva tutto e tutto metteva a posto,di questo problema diceva niente, alzava le spalle,ognuno trova la sua soluzione!

Ci si sfogava un po' facendo a botte. Ma non era una soluzione.

La Nina, Liliana Lilianina Nina, di un'altro cortile, sempre lì perchè amica della Zaira, si lasciava toccare un po', aumentando il problema.