mercoledì 22 ottobre 2014

Racconto del Mercoledì LA NOTTE


                                                                              



La sala era piena,tutti i tavoli occupati due da gente che giocava alle carte,con quelli in piedi che in giro guardavano, gli altri tavoli con donne che chiacchieravano. La stufa in mezzo mandava un forte calore,una stufa di ghisa rotonda, con sopra una pentola piena d'acqua. Sui tavoli bottiglie di vino e di coca,una bottiglia d'acqua. Delle briciole sul tavolo dicevano che si era mangiato. Il cane giallo era sulla porta che portava al bar, a prendere un po' di fresco perchè con la stufa e tutta la gente faceva caldo, i due divani erano occupati da gente stravaccata che occupava più posto.

Su tutte si sentiva la voce del Carlin che stava giocando alle carte socio di Lucia. A ti le pussè facil metel in dul cu che in d'ul co.La Lucia: daghel al gat, no in dul cu, te fe fadiga a trual per pisà. Era da giocare il sette? Va a ciapà i ratt. E il Carlin

mogio che si scusava con l'atteggiamento per poi sbottare: e la mano prima quel 4 ?

A uno per volta entrarono quelli della notte, portando

ognuno una dose di freddo. Appendevano il giaccone su dove capitava e si avvicinavano alla stufa, per allontanarsi subito per come era in calore. Si guardavano in giro per sapere con chi dovevano passare la notte,poi andavano a guardare sul tabellone appeso, curato da Carlin, con notte per notte i nomi che i volontari ci avevano scritto. Il turno era di 4 persone per notte. Per quella notte erano in 4 ma una era femmina. Era buona la compagnia,di una notte passata bene.

Ogni tanto qualcuno usciva, a due tre per volta andavano a casa. E, per le usciate e per la meno gente la temperatura in baracca si era un po' abbassata. Quando tutti se ne erano andati, il Mario rassettò un pochino il locale pulendo i tavoli con una spugna e mettendo le sedie sotto i tavoli,due tavoli li appoggiò contro ,la parete e il locale diventò più grande, Andrea prese una scopa e piano piano scopò il locale, Lia accomodò i due divani che facevano angolo usando un cuscino come scopa e si sdraiò sul divano con i piedi uno sull'altro. Buonanotte! Gli disse Marco. Non dormo mica,rispose Lia, mi metto comoda. A casa mia non ho una cosa così comoda, e pensò al suo letto che era un materasso per terra con due cassette della frutta come comodini.

Marco disse:
per giocare alle carte bisogna essere in quattro, se giochiamo, se giochiamo... devi venire qua.

Spero di no! Si sta così bene sul divano.

Intanto Mario e Andrea avevano finito ma intanto avevano cominciato un discorso. Te lo dico io! C'è una carta firmata in Regione che dà la disponibilità,firmata dal Sindaco e l''Assessore. E allora che stiamo qua a fare? Dimmelo te!

Mario aveva un modo di parlare così definitivo così esclamatorio, che non aspettava replica, che di solito un discorso finiva subito.

Va beh... disse Andrea. Con Mario si sentiva intimidito,come in colpa,e un discorso con lui sarebbe stato impossibile.

Marco,il più giovane, era uno a cui piaceva vivere, Cercava sempre il meglio nelle situazioni che capitavano ed il meglio era quasi sempre il sesso.

Aveva già guardato Lia ma era grassottella e non proprio di suo gusto. Aveva l'istinto del predatore sessuale, di quelli che non guardano in faccia a nessuno, le amicizie passavamo in seconda linea. Ma...una notte passata assieme... magari si poteva cavare qualcosa.

Lia sembrava assopita e pensava, chissà quel bellimbusto che si dava le arie... chissà com'era?

Magari al dunque non valeva niente. Pensava alla sua recente esperienza,un ragazzo prestante,un bel ragazzo ricciolino molto alto che a fare l'amore una delusione!

Pensava a quando,piccolina, si masturbava,a come le piaceva,e quasi quasi...Ma no! Questo è nostalgia, rimpianto di quei tempi,non è che se mi masturbo ritorno piccola. E quello lì non vale niente decise.

Mario ritornò dentro con una bracciata di legna tagliata in misura per la stufa, e la mise nell'angolo della baracca impignata per bene, quegli uomini lì sono dei santi. Disse,pensando agli uomini del turno delle sei.

Che programma abbiamo? Chiese Andrea. Tirare mattina, disse Mario.

Una luce lampeggiò sul soffitto della baracca, una macchina una macchina, disse Marco.

Mario lo guardò storto: è la prima macchina che vedi?

No, ma siamo qua apposta,no?

Quelli con cattive intenzioni arrivano a luci spente,mica si fanno vedere. Stai buono,capito? Se no,puoi anche andare a casa, se la cosa ti agita.

La macchina passò piano piano e proseguì verso Busto.

Magari,disse Marco, sono venuti per vedere.

Magari hanno chiuso gli occhi e non hanno visto niente,rispose Mario. Senti, proseguì, me lo fai un favore? Va a casa, così stai tranquillo te e stiamo tranquilli noi.

Marco non parlò più, e si mise a leggere. La cosa da leggere non mancava mai, tutte cose di lotta, manifestini, deplian, articoli di giornale fotocopiatì,

delibere di Consigli vari, attestati di partecipazione, cose così. Smise di leggere, sbuffò e disse, mi sa che vado a casa davvero !

E cosa aspetti! Ma va!

Mise il giubbotto e, senza salutare, se ne andò.

Fuori la nebbia si illuminò con i fari della macchina,entrando dalla grande finestra.

Lia si raggomitolò più bene. Avrebbe provato, pensò, chissà cosa avrei fatto io. Meglio così ! Tanto..

Si rimise a pensare a quando si masturbava,ma con dolcezza senza malizia. Di quando il mondo sembrava suo.

Andrea disse: non c'era bisogno di trattarlo così !

Quelli lì vanno trattati così. Abbiamo bisogno di tutti.

E' vero-disse Mario- ma vanno cribbiati bisogna fare una selezione. Non sapeva neanche dov'era. Non aveva occhi che per la Lia, la sua intenzione era evidente. E questo non è il posto adatto. Tu Lia, cosa pensi? Pensi cosa ?Rispose Lia. E.. duman l'è festa ! E la storia del Marco finì.

Mario lo sapeva, non era scemo, il suo comportamento non era mai quello giusto. Ma non poteva farci niente,lui non avrebbe rinunciato a dire quello che pensava, non era uno che si morsicava la lingua. Sapeva di essere un violento,sapeva che il suo istinto lo portava allo scontro, non litigava quasi mai,non arrivava quasi mai allo scontro fisico, e forse era la sua disponibilità a farlo, a non tirarsi indietro mai,che evitava lo scontro. La violenza era mentale, ed era una violenza più consistente, più minacciosa.

Ma...tu Andrea sei in pensione,o lavori ancora?

Lavoro, lavoro. Sono in turno, uno di noi tre vuole fare sempre la notte, così siamo in due ad alternarci mattina pomeriggio.

Dove lavori? F. Tosi di Legnano. Sono su una grossa macchina, un tornio gigante,per salire ci vuole la scala.



Mio zio lavorava alla Franco Tosi, poi è stato trasferito

a Mathausen, dove è stato 14 mesi, disse Mario.

Sarà stato un comunista.

O un ebreo.

O uno zingaro, o un pederasta.

O un antifascista,concluse Mario.



Oramai-disse Andrea-è quasi l'una, giocare alle carte non si può perchè manca il numero....

Se vuoi farmi sentire in colpa perchè è andato a casa

il bellibusto devo dire che sono contento che se n'è andato, è un quaquaraqua, poi a me non piace giocare alle carte.

Cosa ti piace?

Sei sicuro di volerlo sapere?

Andrea lo guardò attentamente e poi disse di no.



Lia- chiamò Andrea- cosa vuoi fare ?

Lia che faceva finta di dormire, continuò a fingere.

Se ero a casa, c'era il mio gatto che mi faceva le fusa sulla pancia, pensava, e il mio compagno che russava leggermente sull'altra parte del materasso. Ma non sentiva voglia del compagno, del gatto sì.

Da domani mi metto a dieta,decise. Non trovo mai il vestito giusto, o non c'è il numero o non c'è il capo.

Che bello quelle 40 a cui va bene tutto, e trovano di tutto.

Prima di mettermi a dieta dico alla Giovanna di farmi una bella caseoula, con tante cotiche.

Mario andò in cucina, almeno, in quello stanzino chiamato bar, dove c'erano la vettovaglie, e tornò con un piatto con del formaggio e due salamini,nell'altra mano una bottiglia di vino, guarda se trovi del pane disse ad Andrea.

Il pane lo ha portato Marco, e aprì un sacchettino di carta che c'era sul tavolo.

Prima di mettersi a tavola andò fuori a fare un giro al cancello. Tutto tranquillo,si sentivano i cani della Maddalena vicinissimi, dei camions passavano sulla provinciale, i fili dell'alta tensione si sentivano vibrare per la nebbia e saltavano su e giù. Dal fondo della cava saliva aria fredda. Mentre rientrava pisciò contro una pianta. La bandiera non si vedeva nascosta dalla nebbia. Le tre macchine erano illuminate dalla luce che usciva dalla grande finestra. Si accorse che il cane giallo lo aveva seguito,rientrarono assieme, nel caldo della stufa.

Arrivò una macchina,arrivò piano con le luci alte.

Uscirono tutti a due,appena fuori uno andò a destra e l'altro a sinistra nel buio non si videro più. Dalla macchina scesero in tre ed entrarono dalla porta aperta, guardarono la Lia semiassopita sul divano,uno andò nel bar a controllare. Mario entrò con fare strafottente, li guardò uno per uno negli occhi e chiamò Andrea-Solo te- Andrea entrò e gli altri? Fuori è freddo-disse- c'è il bidone -disse Mario. Cercate qualcuno? Si può bere qualcosa? Certamente, quello che c'è. Mario andò a prendere un bottiglione di vino e tre bicchieri, e mise metà bicchiere per uno. Uno,il capo, lo bevve tutto gli altri lo assaggiarono appena. Quant'è- disse il capo-.

Tre mila-disse- Mario. Uno dei due che non avevano bevuto pagò, e se ne andarono.

Lia non si mosse per niente,incrottata al calduccio.

Con una sventagliata dei fari girarono la macchina e se ne andarono.

La nebbia era fitta.

Andrea guardò Mario con ammirazione. Sei forte-disse-.

Macchè forte, erano deboli loro.

Poi il trucco dei “quelli lasciali fuori” funziona sempre.

Lia si era alzata e si era messa la sciarpa e il paltò.

Che fai vai a casa?

Vado a pisciare, a casa? Non mi sono mai divertita così tanto.

Porta il cane- disse Mario.

Niente affatto,mi lecca il culo e non riesco a pisciare.

Lia rientrò quasi subito,la soddisfazione del caldo era evidente nei suoi movimenti di gradimento.

Andrea mise dei cocci nella stufa, poi si fermò un attimo a pensare,e uscì a mettere la legna nel bidone.

Non vai a lavorare-chiese Mario-.

No disse Lia, domani no.

Che lavoro fai?

Lavoro in un distributore di benzina,ma faccio il turno del pomeriggio.

Il cane giallo stava vicino alla porta indicando che voleva uscire, Mario lo fece uscire.

Andrea disse- ma se ha appena fatto i suoi bisogni !-

Come fai a capire i bisogni di un cane ?

Poi... quello lì mica è un cane normale ! Disse Mario.

Lo sai perchè non parla?

I cani mica sanno parlare, disse Andrea.

Appunto, ci stavo arrivando, perchè lo considerano inutile, anzi dannoso, parlare.

Andrea non rispose ma si vedeva che non era d'accordo.

Allora Mario finì il discorso.perchè non gli andava di non dirlo, le parole gli sarebbero rimaste in gola.

Un cane è meglio di noi in tutto e per tutto. Ha un udito fenomenale,quando arriva una macchina la riconosce subito,lo sai perchè? Perchè di quella macchina sente non solo lo scoppio del motore ma anche le cinghie che girano e il rumore dei pistoni,delle ruote sull'asfalto.

Lo sai quanti recettori ha il nostro odorato? Decine di migliaia, i cani milioni, decine di milioni.

Non si coprono perchè non ne hanno bisogno e non prendono neanche il raffreddore.

Hanno 4 gambe invece di 2.

Una coda che gli serve per le mosche.

Fanno sesso solo se vuole la femmina, noi ?

Se ti sono amici lo sono per tutta la vita, la fedeltà per loro è una cosa seria, di loro puoi fidarti.

Poi hanno altre qualità morali che noi non abbiamo,neanche il migliore di noi.

E tu chiedi perchè vuole uscire. Anche se dovesse spiegartelo non lo capiresti lo stesso.



Mario capì di essere andato oltre e fece silenzio.

Andrea,per riprendere un pochino di fiducia in se stesso, disse- ma...quel bottiglione di vino costava 700/800 lire, al massimo, Gli hai fatto pagare 3.000 lire per tre mezzi bicchieri.

A pensarci bene non l'ho condotta bene la faccenda-disse Mario-potevo fargli pagare di più,e avrebbero pagato, anzi...dovevo dargli dell'aceto invece che del buon vino. Io lo so come vanno trattati quei tipi lì.

Lia accese la tele, era in bianco e nero, ma non c'era niente. La spense subito.

Mario la guardò, era grassottella ma fascinosa e si muoveva incredibilmente in maniera flessuosa e provocante, capì che era così naturalmente,non faceva apposta. A questa ragazza silenziosa volevano bene tutti.

Vieni qua a mangiare.

Sono a dieta, ma un mezzo salamino me lo faccio.

Vado a cercare una coca, ma forse un bicchiere di vino è meglio, quanto me lo fai pagare?

Mario rise di gusto.

Il salamino era molto buono. Lia disse- buono!

Cosa credi è un buon ristorante - disse Andrea- cerca un'altro ristorante in mezzo ad un bosco a quest'ora che ti serve un salamino buono così.

Mario si alzò e andò in cucina,tornò con una collana di salamini e li buttò sul tavolo. Ritornò in cucina e portò una bottiglia di vino,lo guardò controluce.

C'è solo vino buono in questo posto- disse.

E' l'ora delle storie, qualcuno sa una bella storia?

Noi siamo gente che le fa,le storie. Poi, pensando a quello che aveva detto, rise da solo.

Lo sai-disse Mario- che hai detto una grande verità ?

Ma rise anche lui.

Io conosco qualche storia,disse Andrea.

Dimmi quelle che si raccontavano in stalla,tu ce l'hai l'età.

No... era troppo piccolo e ricordo le solite

: la gamba russa, quella che..mi lasci sono arrivata,ed era il cimitero, cose così, cose da poco.

Ne conosco qualcuna vera.

Sono le più incredibili,disse Mario.

Dove abitavo io prima,in quel paese, che era come il nostro, c'era una grande piazza dove andavano tutti, di giorno,perchè quasi tutte le botteghe erano in piazza, di notte, perchè qualche persona la trovavi sempre. Nella grande piazza c'erano dei bar, ogni bar era come una famiglia con i suoi clienti fissi e fra di loro si guardavano in cagnesco. Fra i bar c'era della rivalità, ed era una sfida continua. Alla chiusura dei bar, mezzanotte mezzanotte e mezza, c'erano le sfide. Corse a piedi,di velocità; dai due bar,che erano circa a metà piazza al sagrato della chiesa, che erano circa 100 mt.,

,o di resistenza: andando su per la piazza sulla sinistra della chiesa per la via tre martiri, arrivare in corso Tadini e tornare in piazza dalla via Acerbi e via Oratorio. Un paio di Km. occhio e croce. Se arrivavano assieme,ma anche di metri, si doveva ripetere il giro. Con tutti noi a fare un tifo da stadio.( le corse si facevano di solito al sabato) Se arrivavano ancora con un piccolo distacco,era considerato un pari. E c'erano cose da folli, sfide impossibili,come andare a Novara con un furgoncino,scommettendo su quanto tempo ci voleva. Una corsa in macchina sui cento mt. Uno in prima e l'altro in marcia indietro,ed ha vinto quello in marcia indietro. Sfide a braccio di ferro sdraiati per terra. Sfide fra pari peso però. Poi sembrò più sensato guardare il numero di scarpe,ma vinceva sempre un terronello sui 40 anni,basso magro con le scarpe 41. Questo qua, Pasquale si chiamava, aveva anche un altro record: mangiava 500 gr. di spaghetti in venti minuti,ci avevano provato in tanti ma il record resisteva. Poi si inventò un altro record impossibile: mangiare 100 gr. di formaggio grattuggiato in venti minuti senza bere. Una cosa impossibile.

E ci fu la sera dei cani. Il Renzino del bar di fronte al nostro,stava ganassando che lui aveva la tessitura fuori paese a che di qua e di là e qualcuno disse e se vanno a rubare chissà che danno, lui disse che aveva due cani

e che era impossibile, due cani addestrati due molossi che mangiavano solo dalle sue mani.

Passava da piazza il Cacù che andava a lavorare nel suo prestino,dove lavorava con sua figlia che si diceva lavorasse nuda, il Cacù si fermò e disse: io entro come voglio e senza fare niente ai cani. Discussione enorme, alla fine della quale un leguleo scrisse una carta dove diceva che stato avvisato della pericolosità della scommessa, e scommisero,il Renzino e il Cacù,50.000 lire. Oltre alle scommesse private fatte da noi tutti. Partimmo tutti per la tessitura,che si trovava veramente fuori dal Paese.

Ci fermammo lontano dalla tessitura. IL Renzino consegnò le chiavi del cancello al Cacù, e il Cacù proseguì da solo,piano piano. Arrivato ad una ventina di mt, si mise per terra a gattonare piano piano, ogni tanto si fermava a fare dei versi con la bocca, a fare quei venti mt. ci mise un'eternità arrivato vicino al cancello, da terra alzò una mano e la porse a un cane poi accarezzò il cane,piano piano accarezzo anche il secondo, si alzò in piedi con calma aprì il cancello ed entrò, con i cani che gli saltavano sù festanti. Il Cacù si girò verso di noi con le palme girate in su esprimendo: una cosa da niente !

Applaudirono tutti, anche il Renzino.

Un giorno Tonino vide la macchina dei Vigili che passava con un cane legato al paraurti che veniva e sballottato insanguinato e latrante. Tonino per essere sicuro prese anche la targa e guardò chi c'era in macchina,un vigile e uno stradino.

Prese appuntamento con l'assessore di competenza, e fece la sua denuncia in piena regola,giorno, ora, via, tipo di cane. Dopo 4/5 mesi ci fù il processo in Pretura a Legnano, e Tonino fu condannato a trecentomila lire di multa, e il suo avvocato gli disse che gli era andata più che bene. I due dipendenti comunali dissero che non era vero niente, e la parola di due ufficiali valeva molto di più di quella di Tonino.

Tonino decise che, se dovesse capitargli ancora una cosa cosi, avrebbe dato una mano di botte ai due sporchi individui.

Ci fu la sera del Pucci. Il Pucci era sempre eccitato, nessuna donna andava con lui, anche se andava con una

puttana, quando vedeva l'arnese gli dava indietro i soldi.

Si era anche sposato ma la moglie era scappata la prima notte, ed era scappata al pronto soccorso,e non l'aveva vista più. Quella notte, chiusi i bar, si era lì ciondoloni a far passare il tempo, e il Pucci sempre con le mani in tasca che si tormentava e con una faccia che faceva pena. D'altronde non si poteva fare niente, non c'era soluzione. Allora uno disse: mettilo dentro di lì, e fece segno a uno di quei panettoni di cemento con il buco per mettere l'ombrellone. Ma è troppo grosso il buco, disse uno, anche il suo è grosso rispose uno che lo sapeva. Io e il Giulio prendemmo il coso di cemento e lo alzammo giusto in posizione. Il Pucci srotolò fuori il coso e lo mise dentro. Appena appena-disse uno- te l'avevo detto-disse un'altro. Tiral foeura-dissi al Pucci- el vegn foeura pù- rispose il Pucci. Pucci fa no 'l scemu, non riesco più a tenerlo,non sai come è pesante. Fa male, non riesco più

a tiralo fuori. Un'altro aiutò e tenere il panettone, ma si teneva male perchè rotondo ed era pesante,molto pesante. Diedero il cambio a tenere il panettone, ma l'operazione era delicata, e al Pucci faceva male. Poi l'idea ! Metterci l'acqua come con i cani. Picchiammo delle manate sulla cler del Gatelli e a Bigun che rispose chiedemmo una bottiglia di acqua,per fare -chiese-per due cani che si sono attaccati. Se sono attaccati va bene ! Non bisogna andare contro natura ! Serve per assicurare la prosecuzione della specie, ci mettemmo a urlare tutti assieme e Bigun ci passò una bottiglia di acqua, ci volle un po' ed un altro cambio, ma il Pucci riuscì a toglierlo. Diventò l'argomento di conversazione per tutta la notte, si arrivò alla conclusione che doveva trovare una che gli facesse almeno un pompino. Il Pucci non diceva niente era un ragazzo di poche parole.

Piano piano la notte passava, nel tranquillo tran tran del presidio.

La prossima notte mi porto il gatto,chissà che bello stare sul divano con il gatto sulla pancia.

Mentre parlava Lia, il Mario scuoteva la testa, mi piacerebbe proprio vedere un gatto in questa baracca.

Non lo si è mai visto e non lo si vedrà mai,almeno fino a quando c'è Tony. Ogni tanto arrivano cani, di piccoli di medi di grandi,devono chiedere il permesso a Tony. Poi qualcuno rimane e poi lo portano a casa dicendo: è il cane del Presidio. Ma il cane del Presidio è uno solo:il Tony. E il Mario fece segno il cane giallo che dormiva sul pavimento a un metro dalla stufa.

Andrea rifece il pieno alla stufa e al bidone,rientrando con una folata di freddo.

Lia si era rannicchiata ancora nell'angolo dei due divani con Tony che la stava rimirando.

Hai visto -disse Mario- la notte è passata,anche senza giocare alle carte.

Prepariamo il caffè,la moka pronta, per quelli del turno delle sei.

Andrea preparò meticolosamente la moka e la mise già sulla piccola piastra del presidio,una piastra miracolosa di una potenza incredibile. Era mitica,come il Tony o il Carlino!

Dal freddo,uno alla volta, entrarono quelli del turno delle sei, la colonna portante del Presidio. Quelli che tagliavano la legna per la stufa ed il bidone, che tenevano pulito il bosco, quelli che avevano preparato il bosco per il pranzo dei trecento commensali più un pulmann da Mozambano con 50 persone, c'era il bosco che sembrava un salone da banchetti,con le luci e la copertura di cellhofan a mò di tetto per via dei frutti del Ciliegio selvatico che cadevano nel piatto.

Erano fissi al turno,lavoravano fino a mezzogiorno. In caso di bisogno c'erano sempre. Erano dai sei ai dieci, il capo indiscusso era Francesco detto il Pucia. Che arrivò per ultimo,a caffè pronto,sul tavolo i bicchierini di plastica,lo zucchero e la bottiglia di grappa.

Novità? Chiese Puccia.

Tranquillo come una limonata! Rispose Mario.

Nessun commento:

Posta un commento