La sala era piena,tutti i tavoli occupati due da gente che giocava alle carte,con quelli in piedi che in giro guardavano, gli altri tavoli con donne che chiacchieravano. La stufa in mezzo mandava un forte calore,una stufa di ghisa rotonda, con sopra una pentola piena d'acqua. Sui tavoli bottiglie di vino e di coca,una bottiglia d'acqua. Delle briciole sul tavolo dicevano che si era mangiato. Il cane giallo era sulla porta che portava al bar, a prendere un po' di fresco perchè con la stufa e tutta la gente faceva caldo, i due divani erano occupati da gente stravaccata che occupava più posto.
Su
tutte si sentiva la voce del Carlin che stava giocando alle carte
socio di Lucia. A ti le pussè facil metel in dul cu che in d'ul
co.La Lucia: daghel al gat, no in dul cu, te fe fadiga a trual per
pisà. Era da giocare il sette? Va a ciapà i ratt. E il Carlin
mogio
che si scusava con l'atteggiamento per poi sbottare: e la mano prima
quel 4 ?
A
uno per volta entrarono quelli della notte, portando
ognuno
una dose di freddo. Appendevano il giaccone su dove capitava e si
avvicinavano alla stufa, per allontanarsi subito per come era in
calore. Si guardavano in giro per sapere con chi dovevano passare la
notte,poi andavano a guardare sul tabellone appeso, curato da
Carlin, con notte per notte i nomi che i volontari ci avevano
scritto. Il turno era di 4 persone per notte. Per quella notte erano
in 4 ma una era femmina. Era buona la compagnia,di una notte passata
bene.
Ogni
tanto qualcuno usciva, a due tre per volta andavano a casa. E, per le
usciate e per la meno gente la temperatura in baracca si era un po'
abbassata. Quando tutti se ne erano andati, il Mario rassettò un
pochino il locale pulendo i tavoli con una spugna e mettendo le sedie
sotto i tavoli,due tavoli li appoggiò contro ,la parete e il locale
diventò più grande, Andrea prese una scopa e piano piano scopò il
locale, Lia accomodò i due divani che facevano angolo usando un
cuscino come scopa e si sdraiò sul divano con i piedi uno
sull'altro. Buonanotte! Gli disse Marco. Non dormo mica,rispose Lia,
mi metto comoda. A casa mia non ho una cosa così comoda, e pensò al
suo letto che era un materasso per terra con due cassette della
frutta come comodini.
Marco
disse:
per giocare alle carte bisogna essere in quattro, se giochiamo, se giochiamo... devi venire qua.
per giocare alle carte bisogna essere in quattro, se giochiamo, se giochiamo... devi venire qua.
Spero
di no! Si sta così bene sul divano.
Intanto
Mario e Andrea avevano finito ma intanto avevano cominciato un
discorso. Te lo dico io! C'è una carta firmata in Regione che dà
la disponibilità,firmata dal Sindaco e l''Assessore. E allora che
stiamo qua a fare? Dimmelo te!
Mario
aveva un modo di parlare così definitivo così esclamatorio, che non
aspettava replica, che di solito un discorso finiva subito.
Va
beh... disse Andrea. Con Mario si sentiva intimidito,come in colpa,e
un discorso con lui sarebbe stato impossibile.
Marco,il
più giovane, era uno a cui piaceva vivere, Cercava sempre il meglio
nelle situazioni che capitavano ed il meglio era quasi sempre il
sesso.
Aveva
già guardato Lia ma era grassottella e non proprio di suo gusto.
Aveva l'istinto del predatore sessuale, di quelli che non guardano in
faccia a nessuno, le amicizie passavamo in seconda linea. Ma...una
notte passata assieme... magari si poteva cavare qualcosa.
Lia
sembrava assopita e pensava, chissà quel bellimbusto che si dava le
arie... chissà com'era?
Magari
al dunque non valeva niente. Pensava alla sua recente esperienza,un
ragazzo prestante,un bel ragazzo ricciolino molto alto che a fare
l'amore una delusione!
Pensava
a quando,piccolina, si masturbava,a come le piaceva,e quasi
quasi...Ma no! Questo è nostalgia, rimpianto di quei tempi,non è
che se mi masturbo ritorno piccola. E quello lì non vale niente
decise.
Mario
ritornò dentro con una bracciata di legna tagliata in misura per la
stufa, e la mise nell'angolo della baracca impignata per bene, quegli
uomini lì sono dei santi. Disse,pensando agli uomini del turno
delle sei.
Che
programma abbiamo? Chiese Andrea. Tirare mattina, disse Mario.
Una
luce lampeggiò sul soffitto della baracca, una macchina una
macchina, disse Marco.
Mario
lo guardò storto: è la prima macchina che vedi?
No,
ma siamo qua apposta,no?
Quelli
con cattive intenzioni arrivano a luci spente,mica si fanno vedere.
Stai buono,capito? Se no,puoi anche andare a casa, se la cosa ti
agita.
La
macchina passò piano piano e proseguì verso Busto.
Magari,disse
Marco, sono venuti per vedere.
Magari
hanno chiuso gli occhi e non hanno visto niente,rispose Mario. Senti,
proseguì, me lo fai un favore? Va a casa, così stai tranquillo te
e stiamo tranquilli noi.
Marco
non parlò più, e si mise a leggere. La cosa da leggere non
mancava mai, tutte cose di lotta, manifestini, deplian, articoli di
giornale fotocopiatì,
delibere
di Consigli vari, attestati di partecipazione, cose così. Smise di
leggere, sbuffò e disse, mi sa che vado a casa davvero !
E
cosa aspetti! Ma va!
Mise
il giubbotto e, senza salutare, se ne andò.
Fuori
la nebbia si illuminò con i fari della macchina,entrando dalla
grande finestra.
Lia
si raggomitolò più bene. Avrebbe provato, pensò, chissà cosa
avrei fatto io. Meglio così ! Tanto..
Si
rimise a pensare a quando si masturbava,ma con dolcezza senza
malizia. Di quando il mondo sembrava suo.
Andrea
disse: non c'era bisogno di trattarlo così !
Quelli
lì vanno trattati così. Abbiamo bisogno di tutti.
E'
vero-disse Mario- ma vanno cribbiati bisogna fare una selezione. Non
sapeva neanche dov'era. Non aveva occhi che per la Lia, la sua
intenzione era evidente. E questo non è il posto adatto. Tu Lia,
cosa pensi? Pensi cosa ?Rispose Lia. E.. duman l'è festa ! E la
storia del Marco finì.
Mario
lo sapeva, non era scemo, il suo comportamento non era mai quello
giusto. Ma non poteva farci niente,lui non avrebbe rinunciato a dire
quello che pensava, non era uno che si morsicava la lingua. Sapeva
di essere un violento,sapeva che il suo istinto lo portava allo
scontro, non litigava quasi mai,non arrivava quasi mai allo scontro
fisico, e forse era la sua disponibilità a farlo, a non tirarsi
indietro mai,che evitava lo scontro. La violenza era mentale, ed era
una violenza più consistente, più minacciosa.
Ma...tu
Andrea sei in pensione,o lavori ancora?
Lavoro,
lavoro. Sono in turno, uno di noi tre vuole fare sempre la notte,
così siamo in due ad alternarci mattina pomeriggio.
Dove
lavori? F. Tosi di Legnano. Sono su una grossa macchina, un tornio
gigante,per salire ci vuole la scala.
Mio
zio lavorava alla Franco Tosi, poi è stato trasferito
a
Mathausen, dove è stato 14 mesi, disse Mario.
Sarà
stato un comunista.
O
un ebreo.
O
uno zingaro, o un pederasta.
O
un antifascista,concluse Mario.
Oramai-disse
Andrea-è quasi l'una, giocare alle carte non si può perchè manca
il numero....
Se
vuoi farmi sentire in colpa perchè è andato a casa
il
bellibusto devo dire che sono contento che se n'è andato, è un
quaquaraqua, poi a me non piace giocare alle carte.
Cosa
ti piace?
Sei
sicuro di volerlo sapere?
Andrea
lo guardò attentamente e poi disse di no.
Lia-
chiamò Andrea- cosa vuoi fare ?
Lia
che faceva finta di dormire, continuò a fingere.
Se
ero a casa, c'era il mio gatto che mi faceva le fusa sulla pancia,
pensava, e il mio compagno che russava leggermente sull'altra parte
del materasso. Ma non sentiva voglia del compagno, del gatto sì.
Da
domani mi metto a dieta,decise. Non trovo mai il vestito giusto, o
non c'è il numero o non c'è il capo.
Che
bello quelle 40 a cui va bene tutto, e trovano di tutto.
Prima
di mettermi a dieta dico alla Giovanna di farmi una bella caseoula,
con tante cotiche.
Mario
andò in cucina, almeno, in quello stanzino chiamato bar, dove
c'erano la vettovaglie, e tornò con un piatto con del formaggio e
due salamini,nell'altra mano una bottiglia di vino, guarda se trovi
del pane disse ad Andrea.
Il
pane lo ha portato Marco, e aprì un sacchettino di carta che c'era
sul tavolo.
Prima
di mettersi a tavola andò fuori a fare un giro al cancello. Tutto
tranquillo,si sentivano i cani della Maddalena vicinissimi, dei
camions passavano sulla provinciale, i fili dell'alta tensione si
sentivano vibrare per la nebbia e saltavano su e giù. Dal fondo
della cava saliva aria fredda. Mentre rientrava pisciò contro una
pianta. La bandiera non si vedeva nascosta dalla nebbia. Le tre
macchine erano illuminate dalla luce che usciva dalla grande
finestra. Si accorse che il cane giallo lo aveva seguito,rientrarono
assieme, nel caldo della stufa.
Arrivò
una macchina,arrivò piano con le luci alte.
Uscirono
tutti a due,appena fuori uno andò a destra e l'altro a sinistra nel
buio non si videro più. Dalla macchina scesero in tre ed entrarono
dalla porta aperta, guardarono la Lia semiassopita sul divano,uno
andò nel bar a controllare. Mario entrò con fare strafottente, li
guardò uno per uno negli occhi e chiamò Andrea-Solo te- Andrea
entrò e gli altri? Fuori è freddo-disse- c'è il bidone -disse
Mario. Cercate qualcuno? Si può bere qualcosa? Certamente, quello
che c'è. Mario andò a prendere un bottiglione di vino e tre
bicchieri, e mise metà bicchiere per uno. Uno,il capo, lo bevve
tutto gli altri lo assaggiarono appena. Quant'è- disse il capo-.
Tre
mila-disse- Mario. Uno dei due che non avevano bevuto pagò, e se ne
andarono.
Lia
non si mosse per niente,incrottata al calduccio.
Con
una sventagliata dei fari girarono la macchina e se ne andarono.
La
nebbia era fitta.
Andrea
guardò Mario con ammirazione. Sei forte-disse-.
Macchè
forte, erano deboli loro.
Poi
il trucco dei “quelli lasciali fuori” funziona sempre.
Lia
si era alzata e si era messa la sciarpa e il paltò.
Che
fai vai a casa?
Vado
a pisciare, a casa? Non mi sono mai divertita così tanto.
Porta
il cane- disse Mario.
Niente
affatto,mi lecca il culo e non riesco a pisciare.
Lia
rientrò quasi subito,la soddisfazione del caldo era evidente nei
suoi movimenti di gradimento.
Andrea
mise dei cocci nella stufa, poi si fermò un attimo a pensare,e uscì
a mettere la legna nel bidone.
Non
vai a lavorare-chiese Mario-.
No
disse Lia, domani no.
Che
lavoro fai?
Lavoro
in un distributore di benzina,ma faccio il turno del pomeriggio.
Il
cane giallo stava vicino alla porta indicando che voleva uscire,
Mario lo fece uscire.
Andrea
disse- ma se ha appena fatto i suoi bisogni !-
Come
fai a capire i bisogni di un cane ?
Poi...
quello lì mica è un cane normale ! Disse Mario.
Lo
sai perchè non parla?
I
cani mica sanno parlare, disse Andrea.
Appunto,
ci stavo arrivando, perchè lo considerano inutile, anzi dannoso,
parlare.
Andrea
non rispose ma si vedeva che non era d'accordo.
Allora
Mario finì il discorso.perchè non gli andava di non dirlo, le
parole gli sarebbero rimaste in gola.
Un
cane è meglio di noi in tutto e per tutto. Ha un udito
fenomenale,quando arriva una macchina la riconosce subito,lo sai
perchè? Perchè di quella macchina sente non solo lo scoppio del
motore ma anche le cinghie che girano e il rumore dei pistoni,delle
ruote sull'asfalto.
Lo
sai quanti recettori ha il nostro odorato? Decine di migliaia, i cani
milioni, decine di milioni.
Non
si coprono perchè non ne hanno bisogno e non prendono neanche il
raffreddore.
Hanno
4 gambe invece di 2.
Una
coda che gli serve per le mosche.
Fanno
sesso solo se vuole la femmina, noi ?
Se
ti sono amici lo sono per tutta la vita, la fedeltà per loro è una
cosa seria, di loro puoi fidarti.
Poi
hanno altre qualità morali che noi non abbiamo,neanche il migliore
di noi.
E
tu chiedi perchè vuole uscire. Anche se dovesse spiegartelo non lo
capiresti lo stesso.
Mario
capì di essere andato oltre e fece silenzio.
Andrea,per
riprendere un pochino di fiducia in se stesso, disse- ma...quel
bottiglione di vino costava 700/800 lire, al massimo, Gli hai fatto
pagare 3.000 lire per tre mezzi bicchieri.
A
pensarci bene non l'ho condotta bene la faccenda-disse Mario-potevo
fargli pagare di più,e avrebbero pagato, anzi...dovevo dargli
dell'aceto invece che del buon vino. Io lo so come vanno trattati
quei tipi lì.
Lia
accese la tele, era in bianco e nero, ma non c'era niente. La spense
subito.
Mario
la guardò, era grassottella ma fascinosa e si muoveva
incredibilmente in maniera flessuosa e provocante, capì che era
così naturalmente,non faceva apposta. A questa ragazza silenziosa
volevano bene tutti.
Vieni
qua a mangiare.
Sono
a dieta, ma un mezzo salamino me lo faccio.
Vado
a cercare una coca, ma forse un bicchiere di vino è meglio, quanto
me lo fai pagare?
Mario
rise di gusto.
Il
salamino era molto buono. Lia disse- buono!
Cosa
credi è un buon ristorante - disse Andrea- cerca un'altro ristorante
in mezzo ad un bosco a quest'ora che ti serve un salamino buono
così.
Mario
si alzò e andò in cucina,tornò con una collana di salamini e li
buttò sul tavolo. Ritornò in cucina e portò una bottiglia di
vino,lo guardò controluce.
C'è
solo vino buono in questo posto- disse.
E'
l'ora delle storie, qualcuno sa una bella storia?
Noi
siamo gente che le fa,le storie. Poi, pensando a quello che aveva
detto, rise da solo.
Lo
sai-disse Mario- che hai detto una grande verità ?
Ma
rise anche lui.
Io
conosco qualche storia,disse Andrea.
Dimmi
quelle che si raccontavano in stalla,tu ce l'hai l'età.
No...
era troppo piccolo e ricordo le solite
:
la gamba russa, quella che..mi lasci sono arrivata,ed era il
cimitero, cose così, cose da poco.
Ne
conosco qualcuna vera.
Sono
le più incredibili,disse Mario.
Dove
abitavo io prima,in quel paese, che era come il nostro, c'era una
grande piazza dove andavano tutti, di giorno,perchè quasi tutte le
botteghe erano in piazza, di notte, perchè qualche persona la
trovavi sempre. Nella grande piazza c'erano dei bar, ogni bar era
come una famiglia con i suoi clienti fissi e fra di loro si
guardavano in cagnesco. Fra i bar c'era della rivalità, ed era una
sfida continua. Alla chiusura dei bar, mezzanotte mezzanotte e mezza,
c'erano le sfide. Corse a piedi,di velocità; dai due bar,che erano
circa a metà piazza al sagrato della chiesa, che erano circa 100
mt.,
,o
di resistenza: andando su per la piazza sulla sinistra della chiesa
per la via tre martiri, arrivare in corso Tadini e tornare in piazza
dalla via Acerbi e via Oratorio. Un paio di Km. occhio e croce. Se
arrivavano assieme,ma anche di metri, si doveva ripetere il giro.
Con tutti noi a fare un tifo da stadio.( le corse si facevano di
solito al sabato) Se arrivavano ancora con un piccolo distacco,era
considerato un pari. E c'erano cose da folli, sfide impossibili,come
andare a Novara con un furgoncino,scommettendo su quanto tempo ci
voleva. Una corsa in macchina sui cento mt. Uno in prima e l'altro in
marcia indietro,ed ha vinto quello in marcia indietro. Sfide a
braccio di ferro sdraiati per terra. Sfide fra pari peso però. Poi
sembrò più sensato guardare il numero di scarpe,ma vinceva sempre
un terronello sui 40 anni,basso magro con le scarpe 41. Questo qua,
Pasquale si chiamava, aveva anche un altro record: mangiava 500 gr.
di spaghetti in venti minuti,ci avevano provato in tanti ma il record
resisteva. Poi si inventò un altro record impossibile: mangiare 100
gr. di formaggio grattuggiato in venti minuti senza bere. Una cosa
impossibile.
E
ci fu la sera dei cani. Il Renzino del bar di fronte al nostro,stava
ganassando che lui aveva la tessitura fuori paese a che di qua e di
là e qualcuno disse e se vanno a rubare chissà che danno, lui disse
che aveva due cani
e
che era impossibile, due cani addestrati due molossi che mangiavano
solo dalle sue mani.
Passava
da piazza il Cacù che andava a lavorare nel suo prestino,dove
lavorava con sua figlia che si diceva lavorasse nuda, il Cacù si
fermò e disse: io entro come voglio e senza fare niente ai cani.
Discussione enorme, alla fine della quale un leguleo scrisse una
carta dove diceva che stato avvisato della pericolosità della
scommessa, e scommisero,il Renzino e il Cacù,50.000 lire. Oltre alle
scommesse private fatte da noi tutti. Partimmo tutti per la
tessitura,che si trovava veramente fuori dal Paese.
Ci
fermammo lontano dalla tessitura. IL Renzino consegnò le chiavi del
cancello al Cacù, e il Cacù proseguì da solo,piano piano. Arrivato
ad una ventina di mt, si mise per terra a gattonare piano piano, ogni
tanto si fermava a fare dei versi con la bocca, a fare quei venti mt.
ci mise un'eternità arrivato vicino al cancello, da terra alzò una
mano e la porse a un cane poi accarezzò il cane,piano piano
accarezzo anche il secondo, si alzò in piedi con calma aprì il
cancello ed entrò, con i cani che gli saltavano sù festanti. Il
Cacù si girò verso di noi con le palme girate in su esprimendo: una
cosa da niente !
Applaudirono
tutti, anche il Renzino.
Un
giorno Tonino vide la macchina dei Vigili che passava con un cane
legato al paraurti che veniva e sballottato insanguinato e latrante.
Tonino per essere sicuro prese anche la targa e guardò chi c'era in
macchina,un vigile e uno stradino.
Prese
appuntamento con l'assessore di competenza, e fece la sua denuncia in
piena regola,giorno, ora, via, tipo di cane. Dopo 4/5 mesi ci fù il
processo in Pretura a Legnano, e Tonino fu condannato a
trecentomila lire di multa, e il suo avvocato gli disse che gli era
andata più che bene. I due dipendenti comunali dissero che non era
vero niente, e la parola di due ufficiali valeva molto di più di
quella di Tonino.
Tonino
decise che, se dovesse capitargli ancora una cosa cosi, avrebbe dato
una mano di botte ai due sporchi individui.
Ci
fu la sera del Pucci. Il Pucci era sempre eccitato, nessuna donna
andava con lui, anche se andava con una
puttana,
quando vedeva l'arnese gli dava indietro i soldi.
Si
era anche sposato ma la moglie era scappata la prima notte, ed era
scappata al pronto soccorso,e non l'aveva vista più. Quella notte,
chiusi i bar, si era lì ciondoloni a far passare il tempo, e il
Pucci sempre con le mani in tasca che si tormentava e con una faccia
che faceva pena. D'altronde non si poteva fare niente, non c'era
soluzione. Allora uno disse: mettilo dentro di lì, e fece segno a
uno di quei panettoni di cemento con il buco per mettere
l'ombrellone. Ma è troppo grosso il buco, disse uno, anche il suo è
grosso rispose uno che lo sapeva. Io e il Giulio prendemmo il coso
di cemento e lo alzammo giusto in posizione. Il Pucci srotolò fuori
il coso e lo mise dentro. Appena appena-disse uno- te l'avevo
detto-disse un'altro. Tiral foeura-dissi al Pucci- el vegn foeura pù-
rispose il Pucci. Pucci fa no 'l scemu, non riesco più a tenerlo,non
sai come è pesante. Fa male, non riesco più
a
tiralo fuori. Un'altro aiutò e tenere il panettone, ma si teneva
male perchè rotondo ed era pesante,molto pesante. Diedero il cambio
a tenere il panettone, ma l'operazione era delicata, e al Pucci
faceva male. Poi l'idea ! Metterci l'acqua come con i cani.
Picchiammo delle manate sulla cler del Gatelli e a Bigun che rispose
chiedemmo una bottiglia di acqua,per fare -chiese-per due cani che
si sono attaccati. Se sono attaccati va bene ! Non bisogna andare
contro natura ! Serve per assicurare la prosecuzione della specie,
ci mettemmo a urlare tutti assieme e Bigun ci passò una bottiglia di
acqua, ci volle un po' ed un altro cambio, ma il Pucci riuscì a
toglierlo. Diventò l'argomento di conversazione per tutta la notte,
si arrivò alla conclusione che doveva trovare una che gli facesse
almeno un pompino. Il Pucci non diceva niente era un ragazzo di poche
parole.
Piano
piano la notte passava, nel tranquillo tran tran del presidio.
La
prossima notte mi porto il gatto,chissà che bello stare sul divano
con il gatto sulla pancia.
Mentre
parlava Lia, il Mario scuoteva la testa, mi piacerebbe proprio vedere
un gatto in questa baracca.
Non
lo si è mai visto e non lo si vedrà mai,almeno fino a quando c'è
Tony. Ogni tanto arrivano cani, di piccoli di medi di grandi,devono
chiedere il permesso a Tony. Poi qualcuno rimane e poi lo portano a
casa dicendo: è il cane del Presidio. Ma il cane del Presidio è
uno solo:il Tony. E il Mario fece segno il cane giallo che dormiva
sul pavimento a un metro dalla stufa.
Andrea
rifece il pieno alla stufa e al bidone,rientrando con una folata di
freddo.
Lia
si era rannicchiata ancora nell'angolo dei due divani con Tony che
la stava rimirando.
Hai
visto -disse Mario- la notte è passata,anche senza giocare alle
carte.
Prepariamo
il caffè,la moka pronta, per quelli del turno delle sei.
Andrea
preparò meticolosamente la moka e la mise già sulla piccola piastra
del presidio,una piastra miracolosa di una potenza incredibile. Era
mitica,come il Tony o il Carlino!
Dal
freddo,uno alla volta, entrarono quelli del turno delle sei, la
colonna portante del Presidio. Quelli che tagliavano la legna per la
stufa ed il bidone, che tenevano pulito il bosco, quelli che avevano
preparato il bosco per il pranzo dei trecento commensali più un
pulmann da Mozambano con 50 persone, c'era il bosco che sembrava un
salone da banchetti,con le luci e la copertura di cellhofan a mò di
tetto per via dei frutti del Ciliegio selvatico che cadevano nel
piatto.
Erano
fissi al turno,lavoravano fino a mezzogiorno. In caso di bisogno
c'erano sempre. Erano dai sei ai dieci, il capo indiscusso era
Francesco detto il Pucia. Che arrivò per ultimo,a caffè pronto,sul
tavolo i bicchierini di plastica,lo zucchero e la bottiglia di
grappa.
Novità?
Chiese Puccia.
Tranquillo
come una limonata! Rispose Mario.
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