domenica 31 maggio 2015

ul cantu di stell


                                                                     

L'é tardi 'l so

seu foeura a guardà i stell

lasa pisu 'l ciar su i scar

smorsa nò la vita

lasala 'ndà ma la voeur

l'aria fresca da la noci la fa durmì nò

ul silensi 'l parla

dormi dopu

guarda in 'dul scur quanti robi ghe denn

'n da noci sa senti cantà i stell

venerdì 29 maggio 2015

ta parlarò da mi


                                                                            

Quan ta parlarò da mi

sarà urmai finì la me lunga giurnàa

ta parlarò tantu

i uregi vuraran pù sentì

disarò robi mai dì

d'una vita sbagliaa

da noci butàa via

da estàa lunghi e finì subitu

da noci mai cuminciaa

butàa via subitu

e i inverni da noci sensa fin

e la nee la cancelea tucoss anca i rumur

e ul gatu 'l ma guardea e ma sintiu in culpa

giovedì 28 maggio 2015

la Luna 'n dul canal


                                                                       
stasira  ghé  la  Luna  'n  dul  Canal
vignù  foeura  dasura  i  pianti
l'é den  a  bagnas  'n  du  l'acqua
dasura  l'erba  di spundi
i Loeusuoeur   lampegian  'n  da  l'aria  ferma
par  fami  ricurdà  par  sempar la prima  voeulta
una  sira   indimenticabil
ca  la  ma  culuràa   la  vita

mercoledì 27 maggio 2015

podu faa

                                                                               

Podu fa i foto cun la machina  o cul telefunin

podu parlà o tasé

podu sta a caa o 'ndà foeura

'ndà a pee o in bici

vidé o vidé nò

podun decidi da faa pù nien

podun 'ndà inansi su la me straa

ma quel ca vegnn a 'l so nò

finn quan ca vedu vu inansi

quan ca vedu poeu

l'é finì

martedì 26 maggio 2015

un foeui biancu


                                                                          
Sbasàa ul col sul foeuì biancu

l'é bel

'na spece da sfida

un spasì da sverginàa

cun i parol cù mai dìi

ma seu già

seu nò da savei

parchè seu stupid

ma 'na roba lù capìi

nisun l'é stupid

ognun 'l ga un mundu so

dumàa lu la vedi

quan la vedi

el sa nò da vegal neanca la guardàa

genti guardé 'l vos mundu

guardel genti

l'é pusé da quel ca pensìi

lunedì 25 maggio 2015

ma 'l capita 'l capita


                                                                 
'n  dul  Mundu  ghè  'l  Ben  e  'l Mal
'l  coldu  e  'l fregiu
'l  pien  e ul  voeui
ogni  roba  la ghà  'l  so  cuntrari
la  furtuna  e  la  sfurtuna a  in  distribuii  a casu
ma  'l capita  'l capita.

domenica 24 maggio 2015

i vigi

                                                                 
Mi 'a cunusi i vigi

specian robi ca vignarann mai

i vigi butan i fiur in tera pà fa bela la stràa

a qui ca vegnan dopu

mi 'a cunusi i vigi ca piegan ul col grinsus

e parlan parlan

disan parol pesanti

cun denn ul sensu da tuti i robi

mi 'a cunusi i vigi

ma nisun i a sculta

me 'a cunusi i vigi

parchè sun vegiu mi

giovedì 21 maggio 2015

la verità 'n dul Vilures


                                                                         

Cercu cume tuti

una verità ca la vaga ben par mi

una mia verità

cercu da ridi ma son bun poeù

cercu una lus in dul So da giugn

cercu ul mar in dul Vilures

cercu da liberàs dul voeuì ca gu den

fo via la la pulver

ma ghe nien

mercoledì 20 maggio 2015

Piatti della memoria : PASTA E FASOEU



                                                                    

Nel mio cortile  la  sciura Todaro  lo faceva  ogni  martedì :

Cominciava  al  lunedì sera
metteva  sul fuoco  dei  borlotti  in  abbondante  acqua e  una  cipolla  intera.
Quando  era  ora  di andare  a letto raccoglieva la brace  del  camino  su  un mucchietto  in mezzo  e  ci  metteva il paiolo  con i  borlotti, e  per  tutta  notte
sobolliva.  Al mattino  i borlotti  li faceva  passare,   avanzandone un pochino  che metteva  in una  ciotolina.  Nei borlotti  passati  metteva  delle  verdure  tagliate  fini, ( carota,  cipolla,  sedano ) e un paio d'ore prima  di  mezzogiorno  riprendeva  il  bollore sul  fuoco  del  camino. Intanto  tirava  una  pasta non troppo fine e la tagliava  come  le  veniva, una  maltagliata. Mezz'ora  prima  metteva  delle  cotiche  tagliate  a piccoli  dadini, poi,  sulla fine, i  quattro  borlotti  messi  nella ciotolina, cinque minuti prima  ii  borlotti  della  ciotolina  e, in ultimo,  la pasta  maltagliata.  Mai  ho mangiato   pasta  e  fagiuoli  così   buona.


Un  secchio  di  Bragioeu  da  cui  attingere  è  indispensabile.

lunedì 18 maggio 2015

tempu pasàa


                                                                   

ghe  sta  un  tempu  ca  sulteu  i  rungi  par ul  lungu
e  ma  fea  pagura  nien
a  fas  a  boti  seu  ul  pusé   forti  e ma  divertiva
veloci  a  fa  tucoss
menu  che  a  pensà
seu  cunvintu  ca  l'ea  mei   ves  svelti  da  man
Poeu  hu  imparàa  a  pensà

domenica 17 maggio 2015

UN AMIS

su  la  téra   sèm da  pasagg,
gent  fémés  curagg ;
perché  se  ariva  la  mort
deum  lasà  un  bun  ricord

Batista...te set  mort
nùm da  ti  ghém  semper  al  ricord 
ta  set  mort...ma  te  set  nò  mort
e  nùm  ta   se   da  cunfort

dimenticà  un omen  cume  ti
sa  poeu  nò  credum  a  mi
da  tant  che  ta  cunusi
sincerament... esprimi  al  me  giudisi

ta  serat  un  omm  leal
tucc  ta  voeurevum  ben...cume  se faseva vuret  mal
al Signur  i omen  cume  ti
ghi  a  bisogn   anca  lì

sem  veramen  custernàa
 manca  Tì, un  amis  ne   mancàa
ma  vivum  con la  speransa
da  truvas  anmò   su  la  stésa  stràa


Sandro  Mereghetti

Abbiategrasso

martedì 12 maggio 2015

la vita


                                                                       

la  vita  l'è  me  'na  pianta
piina  da  grupi
sperdù  'n  dul  buscu
cun  tuti  i  oltar  pianti
paran  tuti istess  ma  sa  sumean
grupi  diversi
ram  diversi
ca  cunta 'n  i radis
la  parti  dul  buscu
la parti  dul  buscu  'n dua  ta  capitàa da  nas
ul  teren  ca  troan  i radis
e  me  te  nas  te  moeuri

sabato 9 maggio 2015

ul me paes


                                                                 

'l  me paes
la piasa  dul me   paes
'na  piasa  lunga  cun la  risàa  da  sass  -scur
drée  a  i  mur  di picul  marciapée
ogni  cà  un marciapée
e  nun  fioeu  'n deum  a  giuga  a  spana  e  smica
sul principi la piasa  la  ghea un  munumentu
cun la  statua  e 'l  giardinetu  d'erba 
nun  'ndeum  a giugà e  i giuinoti  a  giugà  a  bandera
a  metà  piasa  da noci  giughean  a  dadi
sul  fundu  da la piasa  visin  a  la  cuntràa  dul  circual
g'hea 'na  funtaneta e  quan  ca 'l  gilea
ghea  'na  spirligoeura  lunga  8- 10  metar
un cuivun la tignea  sempar   ben  giascià
e   esendu  al' umbra  di  ca  l'ea  sempa  agibil
e  i giuinoti  in  fira  fean la  rincursa
e  spirlighean

giovedì 7 maggio 2015

ul me Tisin

                                                                      
Ul me Tisin

cun i gir d'acqua dul Marinun cuan ca 'l va den in 'n dul Tisin

ul me Tisin di lanchi cui Tenchi

suta l'erba spessa

ul me Tisin di rivi cui Runcas e i Niscoeur

ca guardan 'n da l'acqua ei Trutei suta ai radis

ul me Tisin cun l'aria ferma da la sira

e Rundan ca vula a fil d'acqua gulus da sansar

ul me Tisin cul fundu fai da sass

ul me Tisin cun la diga da sass fai dopu ogni piena

ul me Tisin cui surgenti d'acqua fresca

ul me Tisin cui Niscoeur i Castegn i Nus e i Zizurliti

ul me Tisin cun l'acqua sempar istess

'na fira da guti o fiochi vignu dul ciel

acqua santa

acqua ca cambia culur

la belesa du l'acqua

acqua ca cur

acqua eterna

ul me Tisin

 

mercoledì 6 maggio 2015

Racconto del mercoledì NIGUARDA


                                                                       

Quei pomeriggi di fine estate, quando non faceva più

tanto caldo, che suonava la sirena e si doveva andare in cantina.

Ma io e il mio amico Elio stavamo sulla ringhiera del secondo piano,dove abitavamo noi, ad aspettare di vedere gli aerei, che arrivavano su in alto in formazioni di cinque o sei, ed erano di argento a vederli. Con i colpi della contraerea come batuffoli di cotone tutti i giro.

Poi il capofabbricato ci tirava giù a moccoli,minacciando le cose più inverosimili pur di farci scendere.

Arrivavano sempre da sud,e andavano verso Bresso.

Magari dopo un quarto d'ora suonava il cessato allarme, e magari dopo un tempo lunghissimo che non si riusciva a fare passare.

Un giorno sentimmo le bombe cadere vicino, molto vicino, e quando uscimmo nel mondo vidi, due case più in là, le macerie. Curiosi andammo a vedere e vicino ad un contatore della corrente c'era un braccio con la mano. Non avevo mai visto un contatore come era fatto

e lo studiai, ma non capii niente.

Con il mio amico Elio eravamo inseparabili, in classe assieme, sull'ultimo banco assieme. Sapeva disegnare: con pochi tratti ti faceva un aereo,un cane,un gatto,un asino. Con una matita in mano era un Dio. Per me era un genio.

Ma anche lui del contatore non ha capito niente.

Dopo un paio di bombardamenti le bombe si avvicinarono al nostro caseggiato, e presero in pieno una fabbrica che veniva subito dopo, una fabbrica di ostie, e ci rimpinzammo come non mai di ostie. Buonissime.

Incredibilmente le rotaie erano libere e si poteva andare a Milano con il tram. Noi si andava sempre a gratis, di dietro sotto alla perteghetta.

La scuola (bombardata )fu dichiarata inagibile e per due mesi andammo a scuola a Bresso, a piedi. Bastava partire mezz'ora prima.

Elio aveva fatto un ritratto di un bambino,un biondino, e lui lo aveva fatto diventare come una bambina con i boccoli e gli occhi più azzurri di quello che erano, il disegno era piaciuto e allora ogni tanto, quando il papà del biondino poteva, portava il biondino a scuola con il calesse tirato da un morello, ci dava un passaggio.

Avevamo 10 anni. Sognavamo di essere grandi e di andare in guerra contro gli odiati figli di Albione, Elio era Tenente pilota ed io sergente maggiore ed ero un mitragliere di coda.

Al sabato pomeriggio andavamo a vedere gli Avanguardisti davanti alla sede del fascio esercitarsi con i fucili di legno, ed era bello vedere quei giovani aitanti che stavano andando in guerra.

I Giornali Radio parlavano delle nostre vittorie.

Si diceva che il Piero,del secondo piano, non ascoltasse i giornali radio, ma lui diceva che non era vero.

Per rispetto verso il Popolo Greco,in Grecia le nostre forze armate segnavano il passo ma, a giorni, il Duce sarebbe andato di persona a guidare l'avanzata.

Intanto io avevo sempre fame. Mia mamma mi diceva che io non sapevo cos'era la fame, lei si che l'aveva provata e non era così. Ogni giorno un panino: era questa la fame? E mi diceva di quando era bambina e mangiava le radici delle piante.

Il Padrone del calesse, che ogni tanto ci portava a Bresso, si diceva che alla domenica facevano il risotto. Tutte le domeniche.

Il Piero del secondo piano, quell'anno al 1° Maggio non andò a lavorare. Si mise il vestito della festa e un garofano rosso sul bavero e scese in strada,con la moglie e i due bambini attaccati alle gambe per non farlo scendere. Sceso in strada,la sede del Fascio era vicinissima, fu circondato da Militi che lo portarono in sede per il bicchiere di olio di ricino. Dopo un paio d'ore

venne a casa con la giacca sporca di sangue perchè il Piero aveva il vizio di perdere sangue dal naso facilmente.

Il giorno dopo andò a lavorare come al solito.

Oltreseveso c'era la piazza della chiesa,con l'Oratorio, laChiesa, la Canonica, L'Asilo e un grosso caseggiato. Subito dopo il ponte una strada che poi girava a sinistra e andava alla Bicocca, ogni tanto andavamo a vedere Giorgio Consolini che si allenava sui campi della Pirelli. Quella era la riva che usavamo noi. E diventava un campo dove si combattevano battaglie da cui dipendevano i destini del mondo, c'era anche una innocua biscia che quando ci vedeva scappava dall'altra parte del Seveso inseguita dalle nostre sassate.

Una volta un reparto di soldati veri risalì la riva opposta

e arrivati sul ponte il Tenente che li comandava guardando attentamente la sua cartina chiese: che Paese è?

I pescatori, due o tre, erano vicini al ponte,o sul ponte, ma di pesci ce n'erano pochi, e piccolini.

Di qua del Seveso c'era la nostra scuola, che finiva proprio contro l'acqua, ma dalla scuola non si vedeva il

Seveso.

Il Seveso era giù, molto giù, e sulle ripide rive si poteva cadere dentro, ma non ci era mai caduto nessuno.

Le rive erano boscose, e fornivano i legni diritti per fare le spade che servivano per armarci decorosamente.

Abitavamo in via De Calboli, e avevamo formato la banda della via. Parallela a noi, dove passava il Tram, c'era la via Ornato, che aveva la sua banda.

Ma non venivano al Seveso, non era nel loro territorio. Loro per giocare usavano il tram, e ci giocavano alla grande, c'era un ragazzo che riusciva a salire sulla perteghetta e si sedeva tranquillamente sul tetto.

La banda di via Ornato era tosta, ce n'erano due che incutevano paura. Ma noi avevamo Drumm. Una stazza enorme e uno sguardo truce, bisognava non farlo parlare se no ridevano tutti per una voce da bambina,che da un faccione così faceva senso.

Dal Fascio in là era il nostro territorio, dal Trani in qua della banda della via Onorato.

Poi la guerra ha scombussolato tutto.

Abitavo in via De Calboli, la prima casa dopo il fascio, sessanta famiglie, al secondo piano, Si entrava nel cortile, passando davanti alla portineria si salivano le scale coperte che ad ogni piano c'era la ringhiera di destra e di sinistra,io a sinistra, dalla ringhiera la porta d'entrata e si entrava in cucina con un tavolo quadrato e la dispensa e un lavandino. Una cucina economica con la bombola del gas sotto. Dirimpetto una porta portava in stanza, un' altra porta in bagno, con i servizi: water e lavandino. Dalla finestra del bagno guardavo dentro al giardino dell'osteria, con il gioco delle bocce dove ogni tanto ci giocava mio padre e io lo guardavo dalla finestra. L'osteria era proprio davanti al fascio,dall'altra parte della piazzetta. L'osteria vendeva anche le Agrette, gazose con il tappo di vetro, una pallina di vetro che si trovava dentro alla bottiglia.

A scuola l'ora di musica la facevamo in uno sgabuzzino

lungo con le scope appoggiate contro le finestre,si cantavano le canzoni di guerra, oltre a Giovinezza “ andar pel vasto mar”, “faccetta nera”, donne e motori”

Roma che sorgi”, “decima MAS” e altre. Tutte belle, bellissime. Però sapevano di candeggina,per via dello sgabuzzino.

Le botteghe si trovavamo in via Ornato, e mia mamma mi mandava,quando era proprio festa, a comperare mezzo etto di Zola,senza carta! Mi diceva! La carta d'oro, come veniva chiamata la allumina che ricopriva il zola, pesava tanto e se ti dava il Zola con la carta d'oro del mezzo etto rimaneva poco.

Qualche bottega ce la avevamo anche di qua: una bottiglieria,un carbonaio che vendeva il carbone a sacchi,due tipi:l'Antracite e il carbone normale, e la carbonella. In una bottega che vendeva di tutto meno che gli alimentari, io e l'Elio organizzavamo dei furti difficili. Il nostro bersaglio preferito era una cassetta su in alto con un nome stranissimo, sull'ultima fila, tutta spostata a sinistra, difficile da prendere. Si sceglieva il bersaglio più difficile. Elio parlava,(sapeva parlare)e quando il proprietario si allontanava, io come un gatto, salivo aprivo la scatola prendevo due pezzi della “roba”. Ecco perchè si chiama rubare, anzi dovrebbe essere robare.

Il prodotto erano delle tavolette che accese con un fiammifero da una parte bruciavano con una fiamma azzurrina e duravano mezzora. Servivano per i fornelletti da campo. Era il miglior bottino della bottega.



Ogni tanto si andava a Porta Volta,si saltava giù in via Farini e si entrava a gratis allo Smeraldo,che era più facile di quello che si pensava, e si andava nei camerini dove c'erano le donne nude,o quasi, e i Maghi che provavano i numeri, e i veri Pompieri in divisa.

Niguarda era proprio un paese, con la piazza della chiesa e l'oratorio, e l'Asilo infantile con le suore grasse che avevano una maniera di usare il manico della scopa non professionale, e ogni tanto portavo i segni sulla testa. Aveva un fiume,il Seveso, che era nostro, a quando sentivo parlare del Seveso da gente che non era mai stata a Niguarda provavo un senso come di perdita, come poteva mia Zia, che abitava a porta Romana in via Amatore Scesa, parlare del Seveso? Che ce lo avevamo noi di Niguarda ?


vita mara



                                                                     

vita  mara
ogni  tant 'na  qui  sudisfasiun
un  po'   da  dulsu
anmò   fioeu  te  durmii  cuntentu
pensandu  ai  bei  robi
te  cappii  nò  ma  den  da  ti
la  vita  la  purtea  di  prublemi
des ul  tempu l'è  amis
te  vurarii  anmò  durmi
ma te  capii
che  vivi  l'è   murii

sabato 2 maggio 2015

Pora tusa

                                                                 

Videi andà via cun la morti 'n dul coeur

e voeuna di ultam volti in mesu al praa

lu faa par cuntental

lé nanca sta bel

ma fai un po' mal

la me vita lé tuta chi

lù le 'n dai

da tanti sa sa poeu nienti

pochi an ciamà i tusann par fa familia

vun su centu l'è turnà indree

ma mi sa fò

gu da spicià

e podu fa nienti sa som restaa incinta.