Mi
sentii veramente a mio agio quando arrivò la Candida,recluta come
me,l'avevo conosciuta quando eravamo andati a Milano a fare la visita
medica,fra una visita e l'altra avevamo fatto amicizia. Dopo ogni
medico che ci visitava confrontavamo le cartelle cliniche,in ultimo
ci consegnarono un bigliettino dicendoci di andare al N.9 a fare
l'esame dell'urina. Il N. 9 non era altro che un gabinetto,un cesso,
c'era un tavolo con dei bicchieri fatti a calice,un po' di bicchieri
contenevano già dell'urina;uno per volta entrammo nel gabinetto a
fare il prelievo ,la Candida uscì con il bicchiere gocciolante:
l'ho fatta metà dentro e metà fuori. Ci credo,dopo due figli... Ma
va,mi rispose ridendo,è che mi scappava e non sono riuscita a
fermarmi...
L'improvviso
zittire della gente annunciò l'arrivo delle Autorità.
Banda
in testa ci formammo in corteo e a passo marziale dal cortile del
Comune uscimmo in piazza; mi ritrovai vicino alla Candida,cosa hai
fatto che hai i pomelli rossi? M'han fatto bere un Campari,io non
sapevo che era un Campari; si vede che sono ciucca? Dammi il braccio
se no vado storta.
Con
il movimento alterno dei nostri passi sentivo il suo seno duro come
un sasso appoggiarsi al mio gomito; lo sai che sei stagna? Non sono
mica stata allevata con il mangime!
Andammo
a messa e poi al Cimitero. E' una bella camminata ma accompagnati
dalla Banda è un piacere farla,anche se il sole quel giorno passava
attraverso ai vestiti. Vieni-dissi alla Candida quando fummo al
Cimitero-an diamo a vedere la via Crucis. Mentre il corteo porgeva il
solito omaggio al Milite Ignoto,noi due andammo a goderci,naso
all'aria,i bellissimi affreschi del Previati. Ti piace? Ma...per me
è una cosa da Cimitero,come in tutti gli altri Cimiteri,non me ne
intendo. Anch'io non me ne intendo ma è bella,lo dicono tutti. Ogni
volta che vengo al Cimitero vengo a guardarla,adesso ne sono quasi
innamorato. Ma è un muro! Deve assere bello,però, innamorarsi di un
muro! Si è vero è un muro ma guardandolo ti da qualcosa, Vedi
Candida quello che ha dipinto questa Via Crucis è stato capace di
trasformare un muro in una cosa magica, fa provare a noi quello che
provava lui quando la stava dipingendo e stava pensando la Passione
di Cristo. Ti sembra facile? A ognuno il suo mestiere,vorrei vedere
il Pittore se è capace di fare quello che faccio io. Che lavoro fai?
Faccio i reggipetti. No,non penso che un pittore sia capace di fare
i reggipetti.
IL
corteo partì dal Cimitero con duecento metri di vantaggio, Fu un
inseguimento senza speranza,avevano la Banda loro che li trascinava
allegramente. Il corteo finì infilandosi nel cortile del Comune,le
Bandiere e i Labari furono appoggiati su un lato del cortile,,contro
la cinta che lo divideva dall'altro cortile. Nella parte sinistra
c'erano dei lunghi tavoli coperti da tovaglie bianche,piccole
composizioni di fiori e bottiglioni di bianco. Cose che si vedevano
solo in qualche matrimonio di gente bene. Si formarono due gruppi
principali:uno con il sciur Pepino Torno detto il Baronetto,Monsignor
Ghianda prevosto di Castano,il Sindaco Angelo Caloia e le altre
Autorità: Senatori DC,onorevoli DC, tirapiedi DC, Consiglieri
dell'Avis DC, invitati di riguardo DC. E noi con il vestito della
festa,che non vedevamo l'ora di andare a tavola per togliere la
cravatta e mangiare. Quando arrivammo i discorsi erano già
cominciati. Ascoltai diligentemente quello che disse l'oratore,gran
bel discorso,anche se lungo. Il paese era fiero dei suoi Donatori;noi
eravamo gli sconosciuti eroi che quotidianamente salvavano la vita a
moltissima gente. I Donatori di sangue erano l'aristocrazia della
Società. La salvezza del Mondo era vicina:bastava che le gente si
iscrivesse all'Avis,la bontà che animava i Donatori avrebbe permeato
tutti,non più guerre,non più litigi, non più ingiustizie.
L'oratore finì il suo discorso in un intenso scroscio di
battimani e presentò il secondo oratore,anche lui con il suo bravo
foglietto in mano. Disse le stesse cose del primo,come quelli che
parlarono dopo. Piano piano la gente si era ritirata all'ombra del
Porticato,il cortile davanti al palco era rimasto vuoto. Naturalmente
ci furono anche le premiazioni.
Il
pranzo gli Avisini lo chiamavano il banchetto ma sull'invito che
arrivava con il tagliando per l'adesione da portare in sede,c'era
scritto “Pranzo Sociale offerto dall'ing.Cav. Grand'Uff.Giuseppe
Torno”e si faceva,come da tradizione, alla casa delle barche
località Ponte di Castano,conosciuta da tutti come Casa delle
Barche. La casa delle barche è una piccola e solida costruzione in
mattoni su un argine di calcestruzzo e sassi proprio in riva al
Ticino,sotto c'è una piccola lanca formata dal giro d'acqua del
Marinone e del Regresso,che serve da ormeggio a delle barche,le
tipiche barche del Ticino a fondo piatto,lunghe e strette,capaci di
risalire sulle rapide che il Ticino forma sui sassi. Lungo la
riva,dal canale regresso fino alla diga di sassi che forma il
Langosco, il bosco di robinie pute e noccioli. In una vasta radura
del bosco,a ridosso della casa,veniva organizzato il pranzo Sociale.
Da
sempre in questo bosco la gente di Castano veniva a fare il
Ferragosto. Fino a pochi anni prima con il carrettone. Al mattino
presto partivano dal paese con i carrettoni con su la gente,le
sedie,assi per fare i tavoli,pentole e stoviglie,damigiane di
Bragioeu. Ognuno si cercava il suo angolino di bosco. Le donne
cominciavano a fare da mangiare accendendo i fuochi con la legna che
i ragazzi in un attimo avevano fatto, gli uomini costruivano dei
tavoli con le assi che avevano portato,tagliavano dei rami a con essi
costruivano delle toppie per ripararsi dal sole,un gabinetto
sottovento nel bosco per le donne. I ragazzi passavano tutto il
giorno in acqua facendo un gran baccano. Ognuno aveva il suo modo
personale di divertirsi in acqua. Chi nuotando sottacqua tirava giù
le mutande agli altri, chi,quando si faceva la gara di tuffi e tutti
in fila spintonandosi, si prendeva la rincorsa e ogni volta si
cercava un tuffo diverso. Le ragazze stavano sulla riva sedute
sull'argine con le sottane girate ben bene in mezzo alle gambe per
non far vedere niente guardando i ragazzi che invece facevano vedere
quasi tutto con le mutande bianche bagnate,ridendo fra di loro in
maniera maliziosa. Nella lanca l'acqua era ferma per il giro d'acqua
ed era come una grande piscina,le barche dondolanti sull'acqua mossa
dai giochi sbattevano una contro l'altra strisciando le catene sui
sassi con un rumore da cimitero.
La
radura era la piazza,con gli uomini in canottiera che ciciaravano
fumando il toscano in attesa del mangiare. I cavalli legati a corda
lunga nel boschetto vicino al regresso erano assaliti dai tafani e
si agitavano continuamente battendo le zampe per terra. Nel boschetto
dei cavalli andavano gli uomini a pisciare mentre le donne si
ritiravano nelle latrine fatte apposta.
Adesso
le cose erano in grande:per il pranzo dell'Avis una squadra di
carpentieri della Torno aveva lavorato giorni prima in modo
professionale e adesso c'erano lunghe file di tavoli parallele per
300 persone e,in cima,messa di traverso una tavolata rialzata per le
Autorità. Su tutti i tavoli file di bottiglioni uno bianco uno
rosso,messi vicino uno all'altro e da una parte e dall'altra delle
file di bottiglioni,file di michette di pane bianco. Quattro grossi
pentoloni fumavano in cucina e altre grosse pentole si intravedevano
su fuochi più piccoli. Vicino a un tavolo strapieno di verdure
lavoravano delle donne,mondavano l'insalata,tagliavano i
pomodori,affettavano le cipolle, riempiendo delle grosse marmitte.
Due uomini in piedi su delle sedie rimescolavano dentro a dei
pentoloni dove probabilmente c'era il riso del risotto con i
funghi,piatto tradizionale dei banchetti. Su dei tavoli piazzati in
mezzo alla cucina c'erano due affettatrici a mano con la grossa ruota
di ghisa dipinta di rosso con maniglia,in piena attività con attorno
i camerieri in camicia bianca a preparare i piatti dell'antipasto con
due fette di coppa,due di salame crudo e una fetta di prosciutto
cotto. Già pronti,preparati in precedenza,piatti di nervetti in
insalata con fagioli,insalata di carne cruda con l'aglio,insalata di
carne cotta con cipolle, giardiniera sott'aceto, sardine sott'olio,
funghetti sott'olio; tutto sul tavolo in bella vista. Da una brenta
fumosa di vapori venivano tirati fuori e velocemente tagliati a pezzi
salamini cotechini mortadelle marzapani. Tutto diretto dal calmo
serafico Caliè che girava continuamente a controllare i lavori
brontolando come al solito. Il Caliè lavorava da una vita nelle
cucine della Franco Tosi ed era il cuoco di tutti pranzi importanti e
dei matrimoni di Castano e dintorni; aveva due aiutanti,due ometti
con grossi baffi e in testa grandi cappelli da cuoco grigi,che lo
accompagnavano sempre.
Ogni
tanto un soffio di vento muoveva le foglie delle piante facendo
cadere qualche pallina di puta. Faceva piacere sentire il fresco
dell'aria. Tutti avevano le ascelle bagnate. La Messa,il corteo la
lunga camminata fino al Cimitero e ritorno,il rinfresco nel cortile
del Comune con i lunghi discorsi,qualche Campari con il bianco in
più,il vestito blu o grigio buono anche per l'inverno,avevano fatto
sudare più che la giornata in officina o in fonderia,almeno là si
era in canottiera. Vicino a me si era messa la Candida. Con il suo
solito vestito verdino,si era tolto il giacchino un po' bagnato di
sudore l'aveva appeso sul schienale della sedia,aveva una camicia
bianca con le maniche corte,che mostravano la sue braccia tonde e
compatte con una leggera peluria bionda,i bottoni che chiudevano il
seno sembrava che stessero per saltare via da un momento all'altro.
Già da qualche anno la camicetta gli stava stretta ma era ancora
nuova senza nessun rammendo,ancora buona per la festa. Biondina,con
piccoli occhi azzurri,capelli corti,di quantità superiore alla media
ma con i chili ben distribuiti, Candida era molto desiderabile e
simpatica: praticamente la vedevo una volta all'anno: alla festa
dell'Avis. Di anno in anno si appesantiva un pochino ma sempre con il
suo faccino giovane e la vocina musicale.
A
me piace guardare in cucina-dissi- vederli lavorare. Mi piacerebbe
entrare e vedere come diavolo fanno a fare il risotto per tutti. E'
più facile farlo per 300 che per 3-mi disse Candida-lascialo dire a
me che sono brava a far da mangiare.
Siamo
fortunati a essere vicini alla cucina perchè riesci a mettere
via più roba,puoi mangiare anche tutta settimana se ti va bene,e poi
roba che non si mangia mai,nessuno va a comperare il
prosciutto,almeno a casa mia, o la carne di bestia; siamo stufi di
mangiare il coniglio tutte le domeniche. Ce l'hai il sacchetto? Ne
vuoi uno? Io ne ho portati un po'...non si può mettere la torta con
la carne. Faceva caldo. Il caldo accumulato durante il corteo stava
uscendo. Avevo veramente fame. Era già l'una passata,l'ultima volta
che avevo mangiato era stata la minestra della sera prima. Era buona
cosa mangiare poco quando si doveva andare a un banchetto. C'era
gente che riusciva a stare due o tre giorni senza mangiare, o quasi,
quando doveva andare a un banchetto,per poi mangiare a volontà.
Qualcuno era famoso per quello che riusciva a mangiare durante un
pranzo. Con le persone giuste i banchetti diventavano delle gare.
A fine pranzo
qualcuno diceva: quasi quasi io ricomincerei da capo. Cameriere! Non
si potrebbe avere un po' di antipasto? Quattro fettine di salame,se
si è avanzato,un po' di risotto al salto... E i camerieri portavano
dei grandi piatti di salame,scorbe di pane,bottiglioni di vino, e
l'incredibile gara cominciava. Rimangiavano tutto,dal primo
all'ultimo con frequenti bis. Naturalmente rimanevano in gara i
campioni. Sempre quelli. La voglia di mangiare era vecchia,era
cresciuta durante la guerra e adesso anche se riempivi la pancia
non andava via. Il Baronetto si divertiva,guardava la gente
ingozzarsi con un sorrisetto ironico mentre conversava amabilmente
con gli ospiti. Ogni tanto faceva un piccolo gesto con la mano e
alzando leggermente la testa diceva qualcosa al cameriere che si era
precipitato per sentire gli ordini. Poco dopo al tavolo di gara
arrivava qualcosa di nuovo:grandi pezzi di bollito alla piemontese,
faraone al forno,salamini in ta'duia, pisciou in salamoia, anguilla
in carpione. A ogni pranzo le cose in più erano sempre diverse.
Nell'attesa
dell'antipasto la gente aveva mangiato quasi tutto il pane,i
bottiglioni del bianco erano calati vistosamente. Anche tutti gli
ospitidi riguardo erano arrivati,era ora di cominciare.
Che
mi piaceva più di tutto dell'antipasto era la pancetta coppata. Me
ne feci dare ancora e la tenni per ultimo. Finito l'antipasto tagliai
una michetta,misi dentro la pancetta e andai in cucina. In cucina non
si poteva entrare,c'era il Caliè, chiamai la Gina che stava
lavorando alla verdure e mi feci dare del pepe,diedi una abbondante
spolverata sulla pancetta e tornai al tavolo con il mio panino. La
Candida ne volle metà..
Fu
il bellissimo solito Pranzo.
In
principio conversammo amabilmente, noi di questa parte del tavolo,poi
i discorsi e le idee si accavallarono e diventò difficile
capirsi,ognuno cercava di sovrastare l'altro,però con le gambe sotto
al tavolo si stava bene,faceva un pochino caldo, ma con l'arietta
fresca non si stava male.
Mi
scappò da pisciare, andai al gabinetto fatto dai carpentieri sulla
strada della diga in mezzo alla piante di nocciole, mi scappava tanto
ma non riuscii a farla,ogni tanto tornavo e non riuscivo a
farla,diedi la colpa a tutta la gente che c'era, all'odore, alla
voglia di fare in fretta,non riuscivo a pisciare. Cosa continui ad
andare al gabinetto,-mi disse la Candida-dove vai? Non riesco a
pisciare,mi scappa ma non ce la faccio. Va... con calma,vedrai che la
fai.-disse mettendomi una mano sulla gamba. Una mano calda e gentile.
Quasi non ce la feci ad arrivare sul posto,una pisciata
memorabile,uno svuotamento totale.
Grazie
Candida,dissi quando tornai,grazie davvero.
Il
pranzo era la ripetizione dei soliti pranzi: la solita gara a chi
mangia di più e,a un certo punto,a metà pranzo una compagnia
cominciò a cantare,piano piano tutti seguirono il canto,ma il bello
furono le donne,quando entrarono nel canto diventò vera musica,le
prime voci bucavano la canzone e le seconde davano un armonia
impensabile alle solite canzoni del Circolone. Moretto Moretto sei un
bel giovinetto... Donna Lombarda, Ma guarda la campagna come è
oscura...e mi partì soldà mi gò paura. Come porti i capelli bella
bionda, e le la va in Filanda, Done done ghe chi el magnan, la bela
lavanderina, mia cara Emma, quand sona i campan, la tradotta che
parte da Torino, e alè uno cominciava e tutti gli andavano
dietro.Ormai si mangiava i fretta per cantare,con il boccone a metà.
Il pranzo era alla fine. Avevamo già mangiato il quarto di pollo e
il brasato,girato il piatto al contrario con il culo del piatto
pulito pronto a ricevere il zola. Era bello cantare,mi piaceva
tanto,però le canzoni più belle erano state fatte,si sarebbero più
tardi ricantate ma il momento magico era passato; il vino avrebbe
rese ruvide le voci,solamente le donne avrebbero conservato la voce
da lavandaia, da mondina. Non ero stufo ma per me il pranzo era
finito. Sapevo cosa fare. Le palle mi facevano male. Non avevo più i
pensieri celesti,la Candida mi aveva scaricato la tensione
toccandomi in quel modo amichevole e quasi quasi mi vergognavo
di
essermi eccitato,ma le palle dovevo vuotarle. Sarei andato dalla
Renata. A quest'ora magari non c'era nessuno. Mi venne voglia di
essere già là nella villetta in mezzo ai campi dove lei lavorava.
Candida,
io vado. Dove? Vado dai miei amici. Chissà dove sono i tuoi amici
adesso. Sono al Bar. Si...ad aspettare te. Dov'è che devi andare? Te
l'ho detto dai miei amici. C' è qualcosa che non va? No..no.Devo
andare da una... una mia amica. Avevi un appuntamento?Un appuntamento
no. Aspetta la torta. No,no davvero devo andare. Portala a casa te la
mia torta.
Quanto
costa? Quanto costa cosa?
Cantai
per mezza canzone poi Candida riprese: Perchè vai a buttare via i
soldi? E poi che schifo! Via uno l'altro. E se prendi una malattia?
Mi fanno male le palle. Quanto costa? 350.
Ricantammo
va pensiero,in onore della torta.
Al
tavolo del Baronetto saltarono diversi tappi di spumante.
Dopo
la torta sarei andato.
Se
aspetti un attimo vengo a casa con te.
Si,si.
Incartò
accuratamente le nostre due fette di torta e le calò nel suo
borsone. Indossò il suo giacchino verde lisciando dentro la
camicetta,con fatica abbottonò il davanti per il seno
straripante,mise a tracolla la sua capace borsa e s'incamminò verso
la strada. La seguii salutando la gente che mi salutava,in mezzo a
due tavolate di persone che cantavano e ridevano,fino a fuori sulla
strada che veniva da Sandrun, guardando incantato il movimento dei
suoi fianchi. Sulla strada polverosa piena di
motorini
le portai la borsa, ostia com'è pesante! Oggi mi è andata bene.
Qua hai da mangiare per tutta settimana. Eh...siamo i quattro. Se gli
saltano addosso in quattro e quattr'otto la fanno sparire. La devo
razionare,un po oggi un po domani...
Tirai
fuori la Vespa che avevo nascosto in mezzo ai noccioli.La Candida
salì sul dietro seduta di traverso. Avevo sempre paura quando
portavo qualche femmina. Sedute di traverso potevano scivolare giù
scivolando con il culo dentro il vestito: il vestito aderente alla
sella e la gambe che scivolavano fuori come una saponetta. Avevo
perso mia sorella la sera prima del suo matrimonio, fortuna che
durante la cerimonia il vestito bianco la copriva interamente e non
si vedeva nessuna botta,zoppicava un po ma sembrava per l'emozione.
Seduto sulla vespa mi facevano male le palle. Meno male che stavo
andando via e in modo o nell'altro avrei risolto il problema.
La
borsa la tenevo davanti,in mezzo ai piedi,la Candida si teneva a me
con un braccio in giro alla mia vita,un suo seno premeva forte e duro
contro la mia schiena. Ad ogni buco della strada sterrata il suo peso
aumentava piacevolmente contro di me in una alternativa eccitante.
Feci la strada”'na val” verso Castano su per la costa e poi giù
per la valletta sotto la cascina Malpaga subito dopo c'era la casetta
della Candida,in un viottolo che andava a finire contro il canale
Villoresi. Arrivati davanti a casa sua le diedi la sua borsa e la
salutai ma lei mi offrì da bere e mi invitò a entrare. Girai
dietro la casa per lasciare la Vespa all'ombra,nel cortile c'erano
due ragazzini che stavano giocando con la sabbia. Si precipitarono in
casa mettendosi vicino al tavolo in attesa.
Lavatevi
le mani se no non c'è niente. Tirò fuori dalla borsa tutti i
pacchettini e li mise sul lavandino. Ai ragazzi,che in attimo erano
usciti a lavarsi le mani ad una canna arrotolata vicino all'orto e
poi tornati di corsa asciugandosi le mani sui pantaloni, diede le due
fette di torta su due piattini bianchi. Mangiate piano se no finisce
subito.Non fate cadere le briciole per terra. Andate fuori a
mangiare. E poi state fuori che tanto non c'è più niente.
Cosa
bevi? Mi disse. Un po' d'acqua...mi è venuta una sete... macchè
acqua,dopo un banchetto non si può bere acqua,fa male. Ti do un
Rosolio che faccio io, ricetta veneta. Mise sul tavolo due
bicchierini piccoli,quelli per la grappa, e li riempì di un liquido
color rosso bagnato. Accomodati,io vado un attimo in bagno.
Dalla
finestra si sentivano i ragazzi giocare.
Guardai
i quadri alle pareti: grossi quadri con la cornice ovale,foto
ingrandite di una donna e di un uomo,lei con la mano appoggiata su
una spalliera di stoffa a fiori, la pettinatura rialzata all'impero e
lo sguardo mansueto,lui in divisa militare con il cappello sul
braccio,due sottili baffi. Sull'altra parete un cane guardava fuori
da un quadro a mezzo punto. La parete dove c'era il lavandino era
piena di mestoli padelle e pentole appesi,lucidi come oro.
Si
sentiva un odore di cavolo cotto mischiato a quello delle galline
chiuse nel pollaio.
Quando
tornò invece del vestito verde aveva un grembiule blu senza maniche
abbottonato
sul
davanti,senza calze e con un paio di ciabatte stracce. Sentii l'odore
del suo sudore
e
anche un profumo di saponetta. Andò vicino alla finestra, Appoggiò
il ventre su un piccolo tavolo che stava sotto alla finestra,si
sporse in fuori guardò verso i ragazzi,prese gli scuri e li accostò
quasi chiusi. Adesso era quasi buio.
Vieni
qui-mi disse girandosi- si era appoggiata
,quasi
seduta, al tavolino. Le andai vicino. Mi prese la cintura dei
pantaloni e mi tirò vicino,quasi contro lei. Slacciò la cinghia e
mi fece cadere i pantaloni,scostò le mutande e,piegandosi
all'indietro per guardare fuori dagli scuri,mi tirò dentro di se.
Guarda che mi fido. Stai attento!
Adesso,ripensando
a quel momento cerco di aggiungere qualcosa a quel ricordo,per
valorizzarlo, per gustarlo di più, ma invece non feci niente di più
di quello che farebbe un cane,non le toccai neanche le tette,non ho
neanche visto di che colore era il pelo,se era bionda,mora...
Naturalmente
finii quasi subito. L'orgasmo mi fece quasi male, la inondai con
getti poderosi che mi svuotarono facendomi soffrire piacevolmente. Mi
diede un mantino bianco. Pulisciti. Candida... sss non dire niente.
Vado a fare il bagno. Ciao.
Girai
per strade sterrate lungo i navigli,finii la miscela che quasi ero
al Ponte di Oleggio,in mezzo ai boschi del Marinone. Tornai a piedi
spingendo la Vespa su per la costa di Nosate,e poi lungo l'argine del
canale fino a Castano. Era notte ormai ma un quarto di luna
illuminava a sufficienza l'argine splendendo sull'acqua che liscia
correva con piccoli gorgoglii verso casa mia.