mercoledì 7 gennaio 2015

Racconto del mercoledì IL PRANZO DELL'AVIS


                                                                

                                                                                                
Mi sentii veramente a mio agio quando arrivò la Candida,recluta come me,l'avevo conosciuta quando eravamo andati a Milano a fare la visita medica,fra una visita e l'altra avevamo fatto amicizia. Dopo ogni medico che ci visitava confrontavamo le cartelle cliniche,in ultimo ci consegnarono un bigliettino dicendoci di andare al N.9 a fare l'esame dell'urina. Il N. 9 non era altro che un gabinetto,un cesso, c'era un tavolo con dei bicchieri fatti a calice,un po' di bicchieri contenevano già dell'urina;uno per volta entrammo nel gabinetto a fare il prelievo ,la Candida uscì con il bicchiere gocciolante: l'ho fatta metà dentro e metà fuori. Ci credo,dopo due figli... Ma va,mi rispose ridendo,è che mi scappava e non sono riuscita a fermarmi...





L'improvviso zittire della gente annunciò l'arrivo delle Autorità.

Banda in testa ci formammo in corteo e a passo marziale dal cortile del Comune uscimmo in piazza; mi ritrovai vicino alla Candida,cosa hai fatto che hai i pomelli rossi? M'han fatto bere un Campari,io non sapevo che era un Campari; si vede che sono ciucca? Dammi il braccio se no vado storta.

Con il movimento alterno dei nostri passi sentivo il suo seno duro come un sasso appoggiarsi al mio gomito; lo sai che sei stagna? Non sono mica stata allevata con il mangime!

Andammo a messa e poi al Cimitero. E' una bella camminata ma accompagnati dalla Banda è un piacere farla,anche se il sole quel giorno passava attraverso ai vestiti. Vieni-dissi alla Candida quando fummo al Cimitero-an diamo a vedere la via Crucis. Mentre il corteo porgeva il solito omaggio al Milite Ignoto,noi due andammo a goderci,naso all'aria,i bellissimi affreschi del Previati. Ti piace? Ma...per me è una cosa da Cimitero,come in tutti gli altri Cimiteri,non me ne intendo. Anch'io non me ne intendo ma è bella,lo dicono tutti. Ogni volta che vengo al Cimitero vengo a guardarla,adesso ne sono quasi innamorato. Ma è un muro! Deve assere bello,però, innamorarsi di un muro! Si è vero è un muro ma guardandolo ti da qualcosa, Vedi Candida quello che ha dipinto questa Via Crucis è stato capace di trasformare un muro in una cosa magica, fa provare a noi quello che provava lui quando la stava dipingendo e stava pensando la Passione di Cristo. Ti sembra facile? A ognuno il suo mestiere,vorrei vedere il Pittore se è capace di fare quello che faccio io. Che lavoro fai? Faccio i reggipetti. No,non penso che un pittore sia capace di fare i reggipetti.

IL corteo partì dal Cimitero con duecento metri di vantaggio, Fu un inseguimento senza speranza,avevano la Banda loro che li trascinava allegramente. Il corteo finì infilandosi nel cortile del Comune,le Bandiere e i Labari furono appoggiati su un lato del cortile,,contro la cinta che lo divideva dall'altro cortile. Nella parte sinistra c'erano dei lunghi tavoli coperti da tovaglie bianche,piccole composizioni di fiori e bottiglioni di bianco. Cose che si vedevano solo in qualche matrimonio di gente bene. Si formarono due gruppi principali:uno con il sciur Pepino Torno detto il Baronetto,Monsignor Ghianda prevosto di Castano,il Sindaco Angelo Caloia e le altre Autorità: Senatori DC,onorevoli DC, tirapiedi DC, Consiglieri dell'Avis DC, invitati di riguardo DC. E noi con il vestito della festa,che non vedevamo l'ora di andare a tavola per togliere la cravatta e mangiare. Quando arrivammo i discorsi erano già cominciati. Ascoltai diligentemente quello che disse l'oratore,gran bel discorso,anche se lungo. Il paese era fiero dei suoi Donatori;noi eravamo gli sconosciuti eroi che quotidianamente salvavano la vita a moltissima gente. I Donatori di sangue erano l'aristocrazia della Società. La salvezza del Mondo era vicina:bastava che le gente si iscrivesse all'Avis,la bontà che animava i Donatori avrebbe permeato tutti,non più guerre,non più litigi, non più ingiustizie. L'oratore finì il suo discorso in un intenso scroscio di battimani e presentò il secondo oratore,anche lui con il suo bravo foglietto in mano. Disse le stesse cose del primo,come quelli che parlarono dopo. Piano piano la gente si era ritirata all'ombra del Porticato,il cortile davanti al palco era rimasto vuoto. Naturalmente ci furono anche le premiazioni.

Il pranzo gli Avisini lo chiamavano il banchetto ma sull'invito che arrivava con il tagliando per l'adesione da portare in sede,c'era scritto “Pranzo Sociale offerto dall'ing.Cav. Grand'Uff.Giuseppe Torno”e si faceva,come da tradizione, alla casa delle barche località Ponte di Castano,conosciuta da tutti come Casa delle Barche. La casa delle barche è una piccola e solida costruzione in mattoni su un argine di calcestruzzo e sassi proprio in riva al Ticino,sotto c'è una piccola lanca formata dal giro d'acqua del Marinone e del Regresso,che serve da ormeggio a delle barche,le tipiche barche del Ticino a fondo piatto,lunghe e strette,capaci di risalire sulle rapide che il Ticino forma sui sassi. Lungo la riva,dal canale regresso fino alla diga di sassi che forma il Langosco, il bosco di robinie pute e noccioli. In una vasta radura del bosco,a ridosso della casa,veniva organizzato il pranzo Sociale.

Da sempre in questo bosco la gente di Castano veniva a fare il Ferragosto. Fino a pochi anni prima con il carrettone. Al mattino presto partivano dal paese con i carrettoni con su la gente,le sedie,assi per fare i tavoli,pentole e stoviglie,damigiane di Bragioeu. Ognuno si cercava il suo angolino di bosco. Le donne cominciavano a fare da mangiare accendendo i fuochi con la legna che i ragazzi in un attimo avevano fatto, gli uomini costruivano dei tavoli con le assi che avevano portato,tagliavano dei rami a con essi costruivano delle toppie per ripararsi dal sole,un gabinetto sottovento nel bosco per le donne. I ragazzi passavano tutto il giorno in acqua facendo un gran baccano. Ognuno aveva il suo modo personale di divertirsi in acqua. Chi nuotando sottacqua tirava giù le mutande agli altri, chi,quando si faceva la gara di tuffi e tutti in fila spintonandosi, si prendeva la rincorsa e ogni volta si cercava un tuffo diverso. Le ragazze stavano sulla riva sedute sull'argine con le sottane girate ben bene in mezzo alle gambe per non far vedere niente guardando i ragazzi che invece facevano vedere quasi tutto con le mutande bianche bagnate,ridendo fra di loro in maniera maliziosa. Nella lanca l'acqua era ferma per il giro d'acqua ed era come una grande piscina,le barche dondolanti sull'acqua mossa dai giochi sbattevano una contro l'altra strisciando le catene sui sassi con un rumore da cimitero.

La radura era la piazza,con gli uomini in canottiera che ciciaravano fumando il toscano in attesa del mangiare. I cavalli legati a corda lunga nel boschetto vicino al regresso erano assaliti dai tafani e si agitavano continuamente battendo le zampe per terra. Nel boschetto dei cavalli andavano gli uomini a pisciare mentre le donne si ritiravano nelle latrine fatte apposta.

Adesso le cose erano in grande:per il pranzo dell'Avis una squadra di carpentieri della Torno aveva lavorato giorni prima in modo professionale e adesso c'erano lunghe file di tavoli parallele per 300 persone e,in cima,messa di traverso una tavolata rialzata per le Autorità. Su tutti i tavoli file di bottiglioni uno bianco uno rosso,messi vicino uno all'altro e da una parte e dall'altra delle file di bottiglioni,file di michette di pane bianco. Quattro grossi pentoloni fumavano in cucina e altre grosse pentole si intravedevano su fuochi più piccoli. Vicino a un tavolo strapieno di verdure lavoravano delle donne,mondavano l'insalata,tagliavano i pomodori,affettavano le cipolle, riempiendo delle grosse marmitte. Due uomini in piedi su delle sedie rimescolavano dentro a dei pentoloni dove probabilmente c'era il riso del risotto con i funghi,piatto tradizionale dei banchetti. Su dei tavoli piazzati in mezzo alla cucina c'erano due affettatrici a mano con la grossa ruota di ghisa dipinta di rosso con maniglia,in piena attività con attorno i camerieri in camicia bianca a preparare i piatti dell'antipasto con due fette di coppa,due di salame crudo e una fetta di prosciutto cotto. Già pronti,preparati in precedenza,piatti di nervetti in insalata con fagioli,insalata di carne cruda con l'aglio,insalata di carne cotta con cipolle, giardiniera sott'aceto, sardine sott'olio, funghetti sott'olio; tutto sul tavolo in bella vista. Da una brenta fumosa di vapori venivano tirati fuori e velocemente tagliati a pezzi salamini cotechini mortadelle marzapani. Tutto diretto dal calmo serafico Caliè che girava continuamente a controllare i lavori brontolando come al solito. Il Caliè lavorava da una vita nelle cucine della Franco Tosi ed era il cuoco di tutti pranzi importanti e dei matrimoni di Castano e dintorni; aveva due aiutanti,due ometti con grossi baffi e in testa grandi cappelli da cuoco grigi,che lo accompagnavano sempre.

Ogni tanto un soffio di vento muoveva le foglie delle piante facendo cadere qualche pallina di puta. Faceva piacere sentire il fresco dell'aria. Tutti avevano le ascelle bagnate. La Messa,il corteo la lunga camminata fino al Cimitero e ritorno,il rinfresco nel cortile del Comune con i lunghi discorsi,qualche Campari con il bianco in più,il vestito blu o grigio buono anche per l'inverno,avevano fatto sudare più che la giornata in officina o in fonderia,almeno là si era in canottiera. Vicino a me si era messa la Candida. Con il suo solito vestito verdino,si era tolto il giacchino un po' bagnato di sudore l'aveva appeso sul schienale della sedia,aveva una camicia bianca con le maniche corte,che mostravano la sue braccia tonde e compatte con una leggera peluria bionda,i bottoni che chiudevano il seno sembrava che stessero per saltare via da un momento all'altro. Già da qualche anno la camicetta gli stava stretta ma era ancora nuova senza nessun rammendo,ancora buona per la festa. Biondina,con piccoli occhi azzurri,capelli corti,di quantità superiore alla media ma con i chili ben distribuiti, Candida era molto desiderabile e simpatica: praticamente la vedevo una volta all'anno: alla festa dell'Avis. Di anno in anno si appesantiva un pochino ma sempre con il suo faccino giovane e la vocina musicale.

A me piace guardare in cucina-dissi- vederli lavorare. Mi piacerebbe entrare e vedere come diavolo fanno a fare il risotto per tutti. E' più facile farlo per 300 che per 3-mi disse Candida-lascialo dire a me che sono brava a far da mangiare.

Siamo fortunati a essere vicini alla cucina perchè riesci a mettere via più roba,puoi mangiare anche tutta settimana se ti va bene,e poi roba che non si mangia mai,nessuno va a comperare il prosciutto,almeno a casa mia, o la carne di bestia; siamo stufi di mangiare il coniglio tutte le domeniche. Ce l'hai il sacchetto? Ne vuoi uno? Io ne ho portati un po'...non si può mettere la torta con la carne. Faceva caldo. Il caldo accumulato durante il corteo stava uscendo. Avevo veramente fame. Era già l'una passata,l'ultima volta che avevo mangiato era stata la minestra della sera prima. Era buona cosa mangiare poco quando si doveva andare a un banchetto. C'era gente che riusciva a stare due o tre giorni senza mangiare, o quasi, quando doveva andare a un banchetto,per poi mangiare a volontà. Qualcuno era famoso per quello che riusciva a mangiare durante un pranzo. Con le persone giuste i banchetti diventavano delle gare. A fine pranzo qualcuno diceva: quasi quasi io ricomincerei da capo. Cameriere! Non si potrebbe avere un po' di antipasto? Quattro fettine di salame,se si è avanzato,un po' di risotto al salto... E i camerieri portavano dei grandi piatti di salame,scorbe di pane,bottiglioni di vino, e l'incredibile gara cominciava. Rimangiavano tutto,dal primo all'ultimo con frequenti bis. Naturalmente rimanevano in gara i campioni. Sempre quelli. La voglia di mangiare era vecchia,era cresciuta durante la guerra e adesso anche se riempivi la pancia non andava via. Il Baronetto si divertiva,guardava la gente ingozzarsi con un sorrisetto ironico mentre conversava amabilmente con gli ospiti. Ogni tanto faceva un piccolo gesto con la mano e alzando leggermente la testa diceva qualcosa al cameriere che si era precipitato per sentire gli ordini. Poco dopo al tavolo di gara arrivava qualcosa di nuovo:grandi pezzi di bollito alla piemontese, faraone al forno,salamini in ta'duia, pisciou in salamoia, anguilla in carpione. A ogni pranzo le cose in più erano sempre diverse.

Nell'attesa dell'antipasto la gente aveva mangiato quasi tutto il pane,i bottiglioni del bianco erano calati vistosamente. Anche tutti gli ospitidi riguardo erano arrivati,era ora di cominciare.

Che mi piaceva più di tutto dell'antipasto era la pancetta coppata. Me ne feci dare ancora e la tenni per ultimo. Finito l'antipasto tagliai una michetta,misi dentro la pancetta e andai in cucina. In cucina non si poteva entrare,c'era il Caliè, chiamai la Gina che stava lavorando alla verdure e mi feci dare del pepe,diedi una abbondante spolverata sulla pancetta e tornai al tavolo con il mio panino. La Candida ne volle metà..

Fu il bellissimo solito Pranzo.

In principio conversammo amabilmente, noi di questa parte del tavolo,poi i discorsi e le idee si accavallarono e diventò difficile capirsi,ognuno cercava di sovrastare l'altro,però con le gambe sotto al tavolo si stava bene,faceva un pochino caldo, ma con l'arietta fresca non si stava male.

Mi scappò da pisciare, andai al gabinetto fatto dai carpentieri sulla strada della diga in mezzo alla piante di nocciole, mi scappava tanto ma non riuscii a farla,ogni tanto tornavo e non riuscivo a farla,diedi la colpa a tutta la gente che c'era, all'odore, alla voglia di fare in fretta,non riuscivo a pisciare. Cosa continui ad andare al gabinetto,-mi disse la Candida-dove vai? Non riesco a pisciare,mi scappa ma non ce la faccio. Va... con calma,vedrai che la fai.-disse mettendomi una mano sulla gamba. Una mano calda e gentile. Quasi non ce la feci ad arrivare sul posto,una pisciata memorabile,uno svuotamento totale.

Grazie Candida,dissi quando tornai,grazie davvero.

Il pranzo era la ripetizione dei soliti pranzi: la solita gara a chi mangia di più e,a un certo punto,a metà pranzo una compagnia cominciò a cantare,piano piano tutti seguirono il canto,ma il bello furono le donne,quando entrarono nel canto diventò vera musica,le prime voci bucavano la canzone e le seconde davano un armonia impensabile alle solite canzoni del Circolone. Moretto Moretto sei un bel giovinetto... Donna Lombarda, Ma guarda la campagna come è oscura...e mi partì soldà mi gò paura. Come porti i capelli bella bionda, e le la va in Filanda, Done done ghe chi el magnan, la bela lavanderina, mia cara Emma, quand sona i campan, la tradotta che parte da Torino, e alè uno cominciava e tutti gli andavano dietro.Ormai si mangiava i fretta per cantare,con il boccone a metà. Il pranzo era alla fine. Avevamo già mangiato il quarto di pollo e il brasato,girato il piatto al contrario con il culo del piatto pulito pronto a ricevere il zola. Era bello cantare,mi piaceva tanto,però le canzoni più belle erano state fatte,si sarebbero più tardi ricantate ma il momento magico era passato; il vino avrebbe rese ruvide le voci,solamente le donne avrebbero conservato la voce da lavandaia, da mondina. Non ero stufo ma per me il pranzo era finito. Sapevo cosa fare. Le palle mi facevano male. Non avevo più i pensieri celesti,la Candida mi aveva scaricato la tensione toccandomi in quel modo amichevole e quasi quasi mi vergognavo

di essermi eccitato,ma le palle dovevo vuotarle. Sarei andato dalla Renata. A quest'ora magari non c'era nessuno. Mi venne voglia di essere già là nella villetta in mezzo ai campi dove lei lavorava.

Candida, io vado. Dove? Vado dai miei amici. Chissà dove sono i tuoi amici adesso. Sono al Bar. Si...ad aspettare te. Dov'è che devi andare? Te l'ho detto dai miei amici. C' è qualcosa che non va? No..no.Devo andare da una... una mia amica. Avevi un appuntamento?Un appuntamento no. Aspetta la torta. No,no davvero devo andare. Portala a casa te la mia torta.

Quanto costa? Quanto costa cosa?

Cantai per mezza canzone poi Candida riprese: Perchè vai a buttare via i soldi? E poi che schifo! Via uno l'altro. E se prendi una malattia? Mi fanno male le palle. Quanto costa? 350.

Ricantammo va pensiero,in onore della torta.

Al tavolo del Baronetto saltarono diversi tappi di spumante.

Dopo la torta sarei andato.

Se aspetti un attimo vengo a casa con te.

Si,si.

Incartò accuratamente le nostre due fette di torta e le calò nel suo borsone. Indossò il suo giacchino verde lisciando dentro la camicetta,con fatica abbottonò il davanti per il seno straripante,mise a tracolla la sua capace borsa e s'incamminò verso la strada. La seguii salutando la gente che mi salutava,in mezzo a due tavolate di persone che cantavano e ridevano,fino a fuori sulla strada che veniva da Sandrun, guardando incantato il movimento dei suoi fianchi. Sulla strada polverosa piena di

motorini le portai la borsa, ostia com'è pesante! Oggi mi è andata bene. Qua hai da mangiare per tutta settimana. Eh...siamo i quattro. Se gli saltano addosso in quattro e quattr'otto la fanno sparire. La devo razionare,un po oggi un po domani...

Tirai fuori la Vespa che avevo nascosto in mezzo ai noccioli.La Candida salì sul dietro seduta di traverso. Avevo sempre paura quando portavo qualche femmina. Sedute di traverso potevano scivolare giù scivolando con il culo dentro il vestito: il vestito aderente alla sella e la gambe che scivolavano fuori come una saponetta. Avevo perso mia sorella la sera prima del suo matrimonio, fortuna che durante la cerimonia il vestito bianco la copriva interamente e non si vedeva nessuna botta,zoppicava un po ma sembrava per l'emozione. Seduto sulla vespa mi facevano male le palle. Meno male che stavo andando via e in modo o nell'altro avrei risolto il problema.

La borsa la tenevo davanti,in mezzo ai piedi,la Candida si teneva a me con un braccio in giro alla mia vita,un suo seno premeva forte e duro contro la mia schiena. Ad ogni buco della strada sterrata il suo peso aumentava piacevolmente contro di me in una alternativa eccitante. Feci la strada”'na val” verso Castano su per la costa e poi giù per la valletta sotto la cascina Malpaga subito dopo c'era la casetta della Candida,in un viottolo che andava a finire contro il canale Villoresi. Arrivati davanti a casa sua le diedi la sua borsa e la salutai ma lei mi offrì da bere e mi invitò a entrare. Girai dietro la casa per lasciare la Vespa all'ombra,nel cortile c'erano due ragazzini che stavano giocando con la sabbia. Si precipitarono in casa mettendosi vicino al tavolo in attesa.

Lavatevi le mani se no non c'è niente. Tirò fuori dalla borsa tutti i pacchettini e li mise sul lavandino. Ai ragazzi,che in attimo erano usciti a lavarsi le mani ad una canna arrotolata vicino all'orto e poi tornati di corsa asciugandosi le mani sui pantaloni, diede le due fette di torta su due piattini bianchi. Mangiate piano se no finisce subito.Non fate cadere le briciole per terra. Andate fuori a mangiare. E poi state fuori che tanto non c'è più niente.

Cosa bevi? Mi disse. Un po' d'acqua...mi è venuta una sete... macchè acqua,dopo un banchetto non si può bere acqua,fa male. Ti do un Rosolio che faccio io, ricetta veneta. Mise sul tavolo due bicchierini piccoli,quelli per la grappa, e li riempì di un liquido color rosso bagnato. Accomodati,io vado un attimo in bagno.

Dalla finestra si sentivano i ragazzi giocare.

Guardai i quadri alle pareti: grossi quadri con la cornice ovale,foto ingrandite di una donna e di un uomo,lei con la mano appoggiata su una spalliera di stoffa a fiori, la pettinatura rialzata all'impero e lo sguardo mansueto,lui in divisa militare con il cappello sul braccio,due sottili baffi. Sull'altra parete un cane guardava fuori da un quadro a mezzo punto. La parete dove c'era il lavandino era piena di mestoli padelle e pentole appesi,lucidi come oro.



Si sentiva un odore di cavolo cotto mischiato a quello delle galline chiuse nel pollaio.

Quando tornò invece del vestito verde aveva un grembiule blu senza maniche abbottonato

sul davanti,senza calze e con un paio di ciabatte stracce. Sentii l'odore del suo sudore

e anche un profumo di saponetta. Andò vicino alla finestra, Appoggiò il ventre su un piccolo tavolo che stava sotto alla finestra,si sporse in fuori guardò verso i ragazzi,prese gli scuri e li accostò quasi chiusi. Adesso era quasi buio.

Vieni qui-mi disse girandosi- si era appoggiata

,quasi seduta, al tavolino. Le andai vicino. Mi prese la cintura dei pantaloni e mi tirò vicino,quasi contro lei. Slacciò la cinghia e mi fece cadere i pantaloni,scostò le mutande e,piegandosi all'indietro per guardare fuori dagli scuri,mi tirò dentro di se. Guarda che mi fido. Stai attento!

Adesso,ripensando a quel momento cerco di aggiungere qualcosa a quel ricordo,per valorizzarlo, per gustarlo di più, ma invece non feci niente di più di quello che farebbe un cane,non le toccai neanche le tette,non ho neanche visto di che colore era il pelo,se era bionda,mora...

Naturalmente finii quasi subito. L'orgasmo mi fece quasi male, la inondai con getti poderosi che mi svuotarono facendomi soffrire piacevolmente. Mi diede un mantino bianco. Pulisciti. Candida... sss non dire niente. Vado a fare il bagno. Ciao.

Girai per strade sterrate lungo i navigli,finii la miscela che quasi ero al Ponte di Oleggio,in mezzo ai boschi del Marinone. Tornai a piedi spingendo la Vespa su per la costa di Nosate,e poi lungo l'argine del canale fino a Castano. Era notte ormai ma un quarto di luna illuminava a sufficienza l'argine splendendo sull'acqua che liscia correva con piccoli gorgoglii verso casa mia.

Nessun commento:

Posta un commento