L'educazione su queste pagine è obbligatoria,bisogna sapere leggere e scrivere, poi potete dire tutto che troverete una adeguata risposta
giovedì 30 aprile 2015
mercoledì 29 aprile 2015
Racconto del mercoledì VENETI
Il '54 fu un brutto anno nel Polesine,
da Contarina in giù, verso il mare, ci fu un scappa scappa.
E, quasi tutti, partimmo per altre
terre più sicure con i piedi asciutti e terra meno traditrice.
Seguimmo una pista tracciata da lontani cugini e arrivammo qui in
questa arida brughiera, che, magari arcigna,ci dette da mangiare e
un luogo in cui vivere. Qua di alluvioni non ce ne saranno mai !
C'è un fiume ma giù in basso e per arrivare dove siamo noi deve
prima coprire tutta l'Italia. Come si è sempre fatto, noi Veneti
eravamo come una cooperativa, tutti aiutavano tutti, alla domenica
si lavorava per noi. E finita una casa,se ne cominciava un'altra.
Case senza pretese: 4 locali e via andare,poi si cominciò a
fare anche il gabinetto, ma venne dopo, le prime case erano
senza toilette, si andava nel campo, come si era sempre fatto.
Era comodo e igienico, e non c'era niente di meglio per la
stitichezza, era normale e naturale come bere alla fonte. Il
gabinetto in casa era meglio per gli ammalati, per loro era meglio,
ma per uno sano meglio del campo non c'era niente, e anche se si
era in tanti, si era sempre in tanti, non era mai occupato.
Il Nonno aveva costruito la sua
casetta e piano piano ci aveva attaccato un pollaio, un garage e un
portico per stare comodamente nelle sere d'estate in compagnia fra
di noi grandi a prendere il fresco. Era la nostra casa, una parte
di noi, lì avevamo cominciato,ognuno di noi,la nuova vita da
sposati,in attesa della nuova casa che ognuno voleva.
Il lavoro non mancava. Se uno lo
voleva poteva anche farne due: la giornata e la sera, magari
mettendosi assieme, due tre quattro si lavorava in proprio. Si era
orgogliosi, del proprio lavoro muratore, agricoltore, giardiniere,
famei. Lavorare era bello.
Lavorare era fare ricchezza.
Nel periodo di guerra in paese c'era
un aeroporto militare molto importante , da qui partirono
le azioni di guerra con le uniche
vittorie fatte dall'aviazione Italiana, era chiamato il Campo di
Lonate Pozzolo e poi cambiato da Gabriele D'Annunzio in “il campo
della promessa”.Una volta ci venne Benito Mussolini. Si decise
poi di spostare il campo dove c'erano le piste, più a nord, e
naque la Malpensa. Peggio che il Polesine. Anche questa terra non
ci vuole, la sentiamo nostra
e lei ci manda via. Però a pensarci
bene non è lei che non ci vuole, ci mandano via ma non è lei
che ci respinge, sono gli uomini come noi che la vogliono per
usarla come una puttana, terra puttana. La nostra casa !
Costruita con le nostre mani e dobbiamo andare via. Si ce la
pagano, le case dei ricchi il prezzo lo fanno proprietari, le
nostre lo fanno loro : gli stupratori di terra.
Abitarci non si può : un aereo che
ti passa sopra a 10 metri ti fa tremare i piatti
sulla tavola, dormire non se ne
parla. Somatizzi e sei ammalato.
lunedì 27 aprile 2015
I piatti della memoria LA ROEUSOEUMA
La si faceva per gli uomini stremati da prestazioni da matrimonio.
Doeu oeu. Muntà i bianch ben ben, muntà i russ cun un cugià da sucher, mett dent mes cugià da marsala e pian pianin rugal ben ben,
poeu i bianch cun atensiun.
E un omm l'ea pruntu anmò.
sabato 25 aprile 2015
L'APPELLO
Di Valdo Fusi, che fu in seguito liberato e posto sotto sorveglianza speciale, andò poi a combattere in val Formazza, dove fu gravemente ferito. Nel dopoguerra fu per una legislatura Deputato democristiano; ritornò poi alla sua attività di Penalista, esercitata fino al giorno della sua morte, avvenuta nel Maggio 1975.
L'appello.
Nel cortile si sono raccolti i
parenti dei condannati. Passiamo tra i singhiozzi e
invocazioni.
Massimo Montano ha scorto la
giovanissima moglie, Braccino ha visto la sua sposa. Mentre
sale sul carrozzone le grida : “ciao, cocca “. <<
Forza Paolo, che muori per l'Italia. Alla bambina ci penso
io. >>
Nel carrozzone gli eroi dicono a
Brosio e a me la loro gioia nel vederci salvi.
Domando se posso fare qualcosa per
loro.
<<Tu, Perotti ?>>
<<Va a trovare mia moglie, a
Carrù. Dille quello che hai visto. Dille che avevo
comperato un regalino. Non ho potuto consegnarglielo. Lo
troverà sotto al mio cuscino. >>
<< Tu, Biglieri ?>>
<< Va a Novara a trovare
mia sorella. >>
<< Tu, Montano?>>
<<Dì che aiutino mia moglie.
Parlate al bambino di suo padre.>>
<< Ti, Giachino?>>
<<Va a trovare i miei.>>
<<Tu, Giambone?>>
<<Il desiderio che ti affido
è che si facciano fare gli studi alla mia bambina. Non è
che abbia una intelligenza speciale. E' una bambina sveglia e
buonna. Sarei contento se la faceste studiare.>>
<< Ti prometto che ci penserò
io. >>
<<Grazie. Sii vicino ai
miei.>>
<< Si, caro. Tu, Balbis?>>
<<Ho conservato l'orologio.
Prendi. Portalo a mio padre. Dagli un bacio per me.>>
<< Si, Franco. Tu, Paolo?>>
<< Ricorda al dottor. Gedda
ciò che gli ho detto. Va da mia moglie se puoi. Ricordami
a quelli del mio Partito.>>
<<Tu, Leporati?>>
<<Dì che non dimentichino i
miei figli.>>
<<Tu, Giraudo?>>
<< Fa coraggio a mia
moglie.>>
<< Va spesso da mio padre>>
mi dice Geuna
Carlando mi dice: << Dì a
Passoni che aiutino mia madre>>
<< Tu, Bevilacqua?>>
<<Grazie, nulla>>
Balbis dice : << Guardate
quanta forza in nostro onore.>>
Autoblinde, torpedoni pieni di
sbirri; la strade sbarrate da cordoni di truppa,
mitragliatrici agli angoli ; cannoncini all'ingresso del
carcere, carri armati dentro il cortile.
Nell'ufficio matricola ci slegano.
Carabinieri e guardie carcerarie rompono in pianto. Il capo
guardia fa l'appello. Ciascuno deve dire l'esito del suo
processo.
<< Perotti Giuseppe.>>
Il Generale Perotti fa un ppasso
avanti e dice :
<< Condannato a morte.>>
<<Leporati Gustavo.>>
<< Condannato all'ergastolo,>>
La guardia segna sul registro.
<< Balbis Franco.>>
<< Condannato a morte.>>
<< Geuna Silvio.>>
<< Cindannato a Morte.>>
<<Montano Massimo. >>
<<Condannato a morte.>>
<< Brosio Cornelio.>>
<< Coindannato a due anni di
reclusione.>>
<< Carlando Pietro.>>
<< Condannato all'ergastolo.>>
<< Giraudo Giuseppe.>>
<<Condannato all'ergastolo.>>
<<Biglieri Giulio.>>
<<Condannato a morte.>>
<<Braccini Paolo.>>
<<Condannato a morte. >>
<<Giambone Eusebio.>>
<< Condannato a morte.>>
<< Giachino Enrico.>>
<< Condannato a morte.>>
<< Bevilacqua Quinto.>>
<< Condannato a morte.>>
Ci abbracciamo e ci baciamo tutti.
mercoledì 22 aprile 2015
i rundan
sta sira sitàa sul balcun
in quel'ura che ul so le 'ndai
giò
e 'l ciel al ciapa un culur
special
e l'aria lé ferma e sa senti
i fioeu giugà
i rundan giugan
e fen i so disegn mati
su al voltu specian l'ura da
'ndà a durmi.
la stima di donn
e mi sto mal
dopu da lé nisun
Ghe vuna che som amis
ca la me pias
la ma voeur ben
la ma dis che la ma stima
ma mi da la stima su no se fann
la stima d'una dona l'é bruta
gent
la stima d'una dona la ta pruibis
anca da pensà
da purtala su la cana da la
bicicleta
martedì 21 aprile 2015
I piatti della Memoria SUPA DA SCIGULL
Ciapa do scigull freschi
tai giò a fett e fai coeus in dul buter
metii den 'n da la tasina
taia del 'na feta da pan giald
meti den l'acqua boeuienta
o, mei anmò
ul broeudu da gaina.
4-5 cassù da bragioeu per cumpagnà.
lunedì 20 aprile 2015
I migrant
Ai me temp
ai tempi da la curt
ghea i donn ca cumandea la curt
da la me curt ghea la Giuanina
se la Giuanina la incarichean da mett a postu ul traficu di migrant
cun do uperasiun cumerciai
la risulvea la storia
guadagnandu
la vindea Lampedusa
e la cumprea tuti i barchi privàa da la Libia
sensa morti e feri
ghea risoltu ul prublema
venerdì 17 aprile 2015
Da 'l trenu
Ma ragordu la prima voeulta ca somm andàa sul trenu
somm andàa a busti
e ul trenu 'l fea presapocu la stràa da la bicicleta
ma vista dal trenu l'ea noeua
un mundu mai vistu
'n dà a busti l'ea cumé guarda un prisepi
e ta parea ca slungàa 'na man ta pudei ciapai
un qui dì vù inansi fina a saronn
pà vidé ul restu dul prisepi
giovedì 16 aprile 2015
I piatti della memoria LA SUPA DA VERSI
sa fa coeus di versi taià fin
'na bela cutoeura dean disfas quasi
sa taia do bei feti da pan gialdu
sa meti dentu un po' da gratun
sa bagna tutu cun i versi
un po' da furmagg sa 'l ghe
4-5 cassù da bragioeu
mercoledì 15 aprile 2015
Racconto del mercoledì ZIA AGNESE
Appena compiuti i 18 anni si
andava in Comune a fare la carta di identità. Pino non
sapeva se si poteva fare prima ma tanto non serviva. Prima
dei 18 anni si era minorenni e, corta o non carta, in certi
posti non si poteva entrare. La carta ci voleva quando si
doveva dimostrare che si era maggiorenni.
Natiralmente i posti più ambiti
erano quelli in cui si poteva entrare solo se si era
maggiorenni; c'era qualche film vietato ai minori, film
magari in una scena si vedeva per un attimo un seno, e allora
c'era il pienone e la gente stava dentro due volte a vedere
il film; e c'erano i Casini.
Per quasi tutti la prima volta
era il Casino, e se per caso uno riusciva a trovare una ragazza
era sempre o in piedi, o seduti in stalla o in un angolo buio
del cortile, comunque sempre di fretta e con la ragazza
spaventata dalle probabili conseguenze se si veniva colti sul
fatto, e dalla consapevolezza del Peccato e del male che
ne conseguiva.
I ragazzi sognavano il diciottesimo
anno di età. Sognavano il Casino, di potere entrare in Casino
mostranndo la carta di identità alla Bagascia in corridoio,
sedersi in sala, guardare
le donne sapendo che si potevano
prendere tutte a scelta, anzi erano proprio loro che si
offrivano, che ti invitavano, qualcuna faceva vedere la tette
o le gambe fino alle mutande.
Prima di andare a Casino la prima
volta lo si viveva con la mente con la conoscenza dei racconti
sentiti, di questo importante avvenimento, lo vivevi centinaia
di volte, raggiungendo sempre delle forti eccitazioni.
Il Casino era la donna, ma in modo
diverso. A quelle del casino potevi fare di tutto anche le
cose più strane, non solo quelle canoniche che facevano anche
i cani. Neanche quelli sposati riuscivano a far fare di
tutto alla moglie, ecco perchè andavano a casino e, per non
farsi vedere nel salottino che costava molto di più. Nel
salottino le donne, chiamate dalla Bagascia, arrivavano
subito e si davano da fare per farti venire voglia. Se si
passava dal salottino si doveva fare, come minimo, la mezz'ora
e non la semplice marchetta, che a quei tempi era di 350 £,
la mezz'ora 700 £. Era bello fare la doppia, così era
chiamata la mezz'ora, ma era troppo cara.
Quando Pino andò per la prima volta
a Casino seguì i consigli degli amici, non avendo i soldi per
la doppia, per non buttare via questa grande esperienza, seguì
i consigli e si fece prima tre seghe, anzi per essere sicuro
ne fece una in più.
Era un sabato pomeriggio. Andarono lui
e il Giulio a Legnano, era una villettina fuori mano, un posto
che lui era gia andato a vedere diverse volte in attesa del
gran giorno in cui sarebbe entrato.
Per Giulio era gia la seconda volta
e allora, dopo avere messo le biciclette nel giardinetto sul
davanti, andò avanti lui seguito dal Pino che aveva gia in
mano la carta di identità. Subito dentro, seduta ad una
scrivania, c'era una donna anziana a cui fecero vedere i
documenti,poi mentre rimettevano il portafoglio nella tasca
posteriore dei pantaloni, camminarono lungo un corridoio in fondo
all quale, prima di entrare in salone, c'era la Bagascia una
signora molto truccata con le mani piene di anelli, seduta su una
specie di sgabello molto alto che per salire c'eranoo 4-5
scalini di legno. Veloci ragazzi- disse- non stiamo a far
flanella.
La sala era una stanza molto
grande con due divani e molte sedie messe contro il muro.
C'erano due finestre con le persiane chiuse. Venendo dal sole
dentro era buio e non si vedeva quasi niente. Di donne ce
n'erano quattro, due sedute sul divano, due passeggiavano avanti
e indietro in mezzo alla sala,ogni passo che facevano il
vestito aperto faceva vedere tutta una gamba fino in alto. Non
erano giovani. Pino subito attirato da una, piuttosto formosa,
che assomigliava tutta a sua zia Agnese.
Ogni volta che zia Agnese veniva a
trovare sua mamma Pino si agitava; lei non faceva niente di
particolare, qualche occhiata appena appena, ma lui si agitava
solamente a sentirla parlare, gli guardava le forme che, da
seduta, straripavano provocanti, i capelli, che sulle tempie
e sulla nuca, erano finissimi e quasi biondi, pieni di promesse
e paradisi nascosti.
E, quando andava via la accompagnava
in cortile per vederle le gambe mentre saliva in bicicletta.
Quante volte entrava nelle sue fantasie ! Adesso era colpito
dalla somiglianza di questa Puttana con la zia Agnese, e
felice di potere vedere la zia senza vestiti finalmente !
Le altre tre erano più giovani e
forse più belle, due erano addirittura bionde ! Gli
intenditori dicevano che quella bionda è le migliore. Più
bella, soffice come una gatta e questo pensiero di solito lo
faceva impazzire dalla voglia, si era proposto che quando
sarebbe andato a Casino avrebbe scelto una bionda. Però adesso
c'era questa donna che assomigliava tutta alla zia, più
guardava più gli assomigliava, sedutasi sul divano aveva
persino preso la posa che prendeva sempre la zia quando, parlando
con la mamma, gli dava quelle occhiate. La Puttana si accorse
di essere guardata e lo invitò vicino a sé sul divano Una
altra ragazza era scesa rumorosamente dalle scale, era magra
con i capelli ricci, molto giovane.
La Bagascia stava bestemmiando come
un carrettiere per smuovere i titubanti. Oltre a loro due ci
saranno stati una decina di uomini. Avete qua il meglio che
c'è e ve ne state lì imbambolati come gattoni di
porcellana. Hoo, non siamo mica in chiesa ! O non siete maschi,
se no con una merce così eravate più arzilli, o siete del
morti di fame e venite e lustrarvi gli occhi a gratis. O su
! O fuori ! Fuori dalle palle Tu, biondino, che sembri un
soprammobile di marmo, non ti piace la merce ?
Pino attraversata la sala si era
seduto vicino alla “zia”
Ciao.
Ciao.
Come ti chiami ?
Carla, vieni su ?
Si. Si. Aspetta. Chissà perchè
credevo che ti chiamassi Agnese.
Se vuoi mi chiamo Agnese. Allora
moretto cosa facciamo ?
La Puttana era due gradini in più
mentre salivamo le scale per andare in camera
Pino gli aveva messo la gonna grigia
della zia Agnese e adesso gli stava guardando le gambe scoperte
e si vedevano fin sopra il ginocchio, se voleva poteva anche
toccarle, gambe grosse proprio come la zia Agnese, la pelle
liscia tenera e bianca dietro le ginocchia ce la aveva
proprio lì davanti agli occhi, e adesso quello che aveva sempre
sognato si sarebbe avverato.
La c amera era grande, le persiane
aperte e entrava il sole, la Puttana si tolse la vestaglia e
rimase in mutande e reggipetto. Pina era la prima volta che
vedeva una donna svestita e rimase senza fiato La cosa che lo
colpì furono i peli, tanti peli, abbondanti, che uscivano dale
ascelle e dalle mutande da parte a parte proprio in mezzo alle
gambe. Non era come aveva immaginato. Credeva che così tanti peli
ce li avessero solo i maschi, si sentiva tradito. Allora anche
la zia Agnese aveva tutti quei peli ?
Nella camera, proprio da parte del
letto, un lettone grande con un copriletto verdino,pulitissimo,
c'erano un lavandino e un Bidet. Vieni disse la Puttana,
spogliati. Di la verità : è la prima volta ?
Pino annuì.
La prima volta è importante Sei
capitato giusto và. Sarò come una mamma,poi ripensandoci, come
una zia- disse ridendo.
Di sua zia aveva anche gli zigomi
pronunciati e gli occhi cerulei.
Dopo avere tolto pantaloni a mutande
Pino si avvicinò alla Puttana che lo stava aspettando vicino
al lavabo. Cià una bella disinfettata e poi....
Gli lavò ben bene fuori e dentro
le pieghe della pelle con un sapone blù che bruciava un po'.
Lo lavò accuratamente come lui non aveva mai fatto. Intanto
con questa manipolazione e l'acqua calda si era inturgidito
al massimo.
Ecco così mi piace ! E facciamo
prima.
Facciamo la mezz'ora ?
No. No.
Non sai quante belle cose ti
faccio in mezz'ora
No. No. Non ho i soldi abbastanza, mia
mamma mi dà 500£ di mancia al sabato.
Allora neanche la doppia. Ho
capito. Vieni qua che facciamo la marchetta. Aveva tolto le
mutande e si era sdraiata sul letto. Non si vedeva niente,
solo pelo. Pino era rimasto vicino al lavandino e non sapeva
come procedere.
Gia che è la prima volta- disse la
Puttana- vieni, vieni di sopra che ci sverginiamo.
Mi fai vedere la tette ?
La Puttana si tirò su il
reggiseno e due grosse tette saltarono fuori cadendo una da una
parte e una dall'altra. Pino ne prese in bocca una.
E no... per queste cose devi fare
la doppia !
Ma lo lasciò fare.
Vienimi sopra- disse allargando le
gambe che per come è duro va dentro da solo.
La Puttana era calda e soffice,
in mezzo alle tette sapeva di borotalco.
Intanto Pino la baciava, con dei
piccoli bacetti lievi, sulle tempie proprio dove i capelli
diventano fini e un po' biondi. Si sentiva un buon odore di
caffelatte, un po' dolce, un po' amaro.
Nonostante le seghe fatte venne
quasi subito, ma era molto meglio.
Bravo ! Disse la Puttana, va a
lavarti.
Pino quando si tirò indietro
guardò, per vedere, per ricordare e la vide, umida e rosea in
mezzo al bosco di peli.
Allora- disse il Giulio mentre
andavano a casa verso Borsano e Bienate, è stato bello ?
Bello. Si, molto bello.
Ne hai presa una che non era tanto
giovane però. Come si chiamava ?
Agnese.
Il giorno dopo era domenica, dopo
essere stata al cimitero, verso le cinque sarebbe arrivata
come tutte le feste, zia Agnese. Pino era curioso di
vedere che effetto gli avrebbe fatto guardarla come al solito,
ora che sapeva come era fatta sotto, a chissà se lei avrebbe
capito
che lui sapeva, che la
conosceva,ormai. Avrebbe ricambiato le sue occhiate guardandole
le gambe e il seno non più di nascosto, per vedere la sua
reazione.
lunedì 13 aprile 2015
la pianta de la vita
la vita l'e me na pianta
piena da grupi
sperdu 'n dul buscu cun tuci i oltar pianti
paran tuci istess ma sa sumean
grupi diversi
ram diversi
ca cunta a in i radis
la parti dul buscu
in dua ca nasum
l'umbra
'l So
i pianti visin
la parti dul buscu
ul teren ca troeuan i radis
'n dua ta capita da nas.
venerdì 10 aprile 2015
I piatti della memoria UL PAN GIALDU
Al giovedì le donne impastavano il pane : farina di mais e, secondo le possibilità della famiglia, un pochino di farina di segale o, meglio ancora, di frumento, si impastava con i "fragui" un pochino di pane avanzato la settimana prima e fermentato una settimana, ora la chiamano pasta madre. Si metteva a lievitare nella Marneta e, al venerdì lo si portava al forno comunale con la careta.
mercoledì 8 aprile 2015
Racconto del mercoledì LA BOMBOLA
Ogni tanto si andava in Valsesia, era
così comodo un'ora e mezza si era ad Alagna. Alagna la nobile,
Alagna la migliore.
Si lasciava la macchina al ponticello
e si andava a sinistra fino a fare la lunga scalinata che
portava alle baite dove c'era uno yogurt favoloso. In una specie
di osteria tenuta da uno strano tipo pieno di barba si beveva
un ottimo vino leggero e si mangiava uno yogurt strepitoso. Quel
giorno, era una domenica di giugno, noi tre si stava decidendo
dove andare e il barbapedana era lì vicino che ci sentiva, ho
una proposta da farvi : volete guadagnare 50.000 lire ? Nessuno
di noi era interessato, ognuno aveva il suo stipendio e alla
domenica ci si svariava andando in montagna,ma per amor di
discussione ascoltammo. 50.000 subito prima di partire, dovete
portare una bombola di metano al Rifugio Valsesia, una piccola
bombola, guardatela e la sollevò con un dito , Era piccola
davvero, la metà del solito. Una cosa da niente, per tre come voi
che possono rovesciare una montagna cosa è una piccola bombola?
Guarda, barba, noi alla domenica ci
si diverte, di solito andando in montagna, magari si va al
Gnifetti perchè no, ma se ne abbiamo voglia, capito ? Adesso
andiamo al Barbaferrero, poi si vedrà casa fare, magari facciamo
la cresta tre Amici, o la Parrot... si vedrà. Ecco la Parrot !
Per andarci dovete passare dal Valsesia, è sulla strada ! E ,
cambiando tattica, ci disse : siete gia stati al Valsesia ? Io
ci sono stato, risposi. E come fate a farvi da mangiare, c'è una
bombola no ? Accendete il fuoco, vi fate da mangiare e pagate
secondo il tempo che avete usato la bombola, no ? Mi diceva
guardandomi, si è vero, e cosa c'entriamo noi. Chi le porta su
le bombole ? Non ci vanno mica da sole. Comodo usarle ma...Poi
continuò, non servono solo mica solo a voi gitanti, ci sono
anche i professionisti che passano per lavoro, alpinisti in
diffìcoltà, gente, non ci siete mica solo voi. Il Giulio perse
in mano la bombola, effettivamente... non pesa tanto. Ho anche il
porta bombola, guardate sembra una zaino. Il Virginio prese la
Bombola, se la mise in spalla e partì, di tre zaini ne facemmo
due e partimmo all'inseguimento di Virginio che a buon passo
si era distanziato, Se la porta lui non facciamo tanta
fatica-dissi-.Il Giulio, pessimista e menagramo-disse- quandu sem
rivaa an parlum. Al di là del Sesia si sale su un costone
ripido e si arriva al Rifugio Barbaferrero, dove ci fermammo
brevemente a salutare la gerente, nostra amica. E salimmo sul
lato sinistro del torrente Sesia fino al ghiacciaio sporco, che
attraversammo in un ora con grande fatica, la bombola, mano a
mano che si andava diventava sempre piu' pesante, facevamo dei
turni di venti minuti a portarla e ci sembrava sempre piu'
grossa e pesante. Io, personalmente, ha maledetto il Barbapedanna un
passo sì e uno no ! Ma non era ancora niente ! Attraversato il
ghiacciaio cominciava un tratto di arrampicata lieve ma con dei
tratti abbastanza difficili da fare con una bombola in spalla.
Decidemmo di tirarla su a tratti di corda di venti metri,e non
era una cosa facile perchè peso morto. La prendemmo come una sfida
della Montagna, e a madonne arrivammo su', sulla balaustra del
Rifugio Valsesia a guardare giu' su delle isole di ghiaccio e
neve appoggiate su un mare bianco.
Il Rifugio era aggrappato alla parete
con corde di acciaio che lo mettevano in sicurezza, entravi e
c'era un piccolo vano con il fornello e la bombola,un piccolo
tavolo per appoggiare il mangiare, poi un lungo stanzonello con dei
ripiani di legno per dormire con delle coperte ripiegate ad ogni
testa, in fondo un gabinetto con un rubinetto che, se non era
gelato, ti potevi lavare la faccia, a guardare nel buco non si
vedeva niente perchè era nuvolo.
Sul tavolino appena dentro un libro
consunto : il libro del Rifugio che firmammo tutti tre come
tradizione, io andai a leggere la pagina di Cino Moscatelli, dove
dice di Alfredo di Dio che chiede aiuto da Domodossola. Pura
storia Partigiana.
Intanto una nuvola aveva fatto
sparire il Sole ed era arrivato il freddo e gelò subito. Fuori
dal Rifugio c'era subito un sasso tondo con un filo di gelo da
affrontare per scendere. Su quella gobba dovemmo fare subito
sicurezza per iniziare la discesa, fu una discesa piu' lunga del
previsto, era diventato inverno in mezz'ora. Piano piano andammo
verso il piano, non ci fermammo neanche al Barbaferrero a salutare
la nostra amica. Arrivammo alla macchina giu' al torrente che
era sera. A causa di una bombola.
martedì 7 aprile 2015
el me paes
Se te dei vignì a Buscaa partis
da Milan e va versu in dua tramunta 'l So. Fa Cursu Sempiun
vial Certusa, se te voeur scurtà
la straa ciapa 'na Curiera, quella che te voeuri in di fermadi
propi lì 'n sul Vial cun diversi
destinasiun : Ursa Magiur, via Latea, Mercurio....e posti pusè
visin. Ma se te sé in bicicleta
va dris, poeu la diventa v. Galarà, a Pero la diventa Strada
Statale del Sempione, rivaa ai prim caa da Rho sta a
sinistra e vag a drée a la feruvia su 'na straa ca la sta
un po' da chi e un po' da là da la feruvia e te rivet a
Arlun, va driss e te vegnet foeura a le Cave, va den a
mangià un quecoss, e poeu te rivi a Usuna, paes cun tanti
tesidur sarà su. 'n stradun largu ta porta a Invrun, quan te
rivii ai Zazera, ( l'ea vigni chi 'n dul dopuguera a vendi i
Limun, centu franch cinq limun, ades l'è un fiurista grusisim
cun pianti fiur e Nimai ) gira destra e va : ul prim Paes a
l'è Busca, un paes da pirla ma brava gent
ga pias a fa i fest, ma genti
sgalis, an di da nò a 'na discarica e in sta là 880 dì e
880 noci a curà un cancel, ma in sta bun da supurtà per 50
ann la DC, ma des l'è pegg.
Quan ghea nò la crisi l'ea un paes
da cuncerii e 'na qui uficina, G'hea un mecanicu da mutur da
cursa da Formula 2, e ogni tant la genti la blucaà i straa
par pruàa i machin n straa.
G'hea un Bar su la straa noeua
cal fea da risturanti e albergu, a la duminiga da basura sa
balea in dul stansun ca i ol di l'ea risturant, l'ea ul centru
dul paes, g'hea ul biliardu e i sigareti.
Cunusu cuma ul paes di stechi, l'hea
fai da un'area buscusa visin al Vilures su la straa ca ìn
dea a Castan.
Ul Gamba de legn l'ea un mutur da
svilùpu e in la stasiun su la curva da la Pina dul Cervu
g'hea 'na fira da cavai a scarigà ul laurà ca vignia da
Milan.
Prima da la cava g'hea un buscu
cun un po' da pin mitù in fira e 'l ciamean la Pineta.
G'hea 'na bela Giesa can butà
giò par fan voeuna noeua ca la par un magasin, l'Uratori
al g'he poeu , an fa su un robu ca
'l par bel ma 'l funsiona nò. Un paes durmitori, sa ghe no
i festi, parchè sa ghe i festi ga dormi nisun, un paes
coeumun, ul me paes. L'è facil da truà : quan ca te rivi su la
via Latea sta in mes, quan ca ta troi un So cun vot pianeti
punta versu ul So fina a quan ca ul soo e'l scota ma no
tropp quan ca pasa un pianeta salta su, te se rivaa. In mesu a
tutu g'he 'na Cità, la pusè bela : Milan.
giovedì 2 aprile 2015
Pellegrino Artusi
PELLEGRINO ARTUSI
L'arte del mangiar bene.
Pranzo di Pasqua :
Minestrina in brodo :
Agnolotti alla Bolognese.
Lesso :
Pollastra ingrassata, con Sparagi in salsa.
Umido :
Vitella di latte in guazzetto, con Zucchini ripieni.
Arrosto :
Quagliette, con insalata maionese.
Dolci :
Zuppa inglese, Macedonia.
Vini :
Barbaresco, Chianti, Bardolino, Moscato d'Asti.
mercoledì 1 aprile 2015
Racconti del mercoledì L'ISOLA
Era
un bel posto: A Bernate, vicino al ponte sul Naviglio,quasi
appoggiato. A guardare giù dal cortile eri sopra il
Naviglio,dall'altra parte del Naviglio,ma non si vedeva, la chiesa
con il magnifico porticato. Il posto era piccolo,due locali scuri,per
le piccole finestre, e un banco di legno dove mescere il vino e
ritirare i soldi in una piccola fessura del tavolato. La cucina era
in uno sgabuzzino fuori in cortile, così che il mangiare veniva
fatto in cortile a portato dentro,e se pioveva lo dovevano fare in
due per via dell'ombrello.
Il
cuoco era Carletto e faceva un risotto ai fegatini da fine del
mondo, e ogni volta che ci si andava il risotto del Carletto non
poteva mancare. Sua moglie si chiamava Teresa, ed era quella che ci
dava gli Amari prima di andare via, sua figlia non mi ricordo il
nome, cantava sempre “Ossona mia,Ossona in fiore, tu sei la stella,
tu sei l'amore.”
Non
gli piaceva Bernate e avrebbe voluto tornare nel suo paese natale.
2-3
volte al mese si andava da Carletto all'Isola.
Eravamo
io, Angelo Lessy, Andrea Merlotti e formavamo un gruppo che dopo
mangiato si tiravano fuori gli strumenti e si cominciava. E venivano
le due -tre di notte.
Sopra
abitava uno magro-magro,(il proprietario dello stabile)e quasi sempre
veniva giù con la sua tromba e si aggiungeva alla chitarre di noi
due e al clarino ed al flauto dell'Angelo Lessy.
Certe
volte il cortile si riempiva di gente che ascoltava.
Carletto
non so se c'è ancora, in quei tempi aveva costruito una casa e,per
finirla, aveva chiuso l'Isola.
Era
muratore.
Non
si se c'è ancora,se c'è è vecchio,più di me.
Come
era bello andare all'isola.
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