venerdì 31 ottobre 2014
STATO CANAGLIA
Assolti per insufficienza di prove. Questa la motivazione della Corte d’Appello per l’assoluzione dei sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria imputati nel processo per la morte di Stefano Cucchi. In primo grado erano stati condannati tre medici per omicidio colposo. Nella requisitoria il procuratore generale aveva chiesto la condanna per tutti.
Lo Stato è garante della mia salute, se sono nelle sue mani devo essere al sicuro ! Questa deriva democratica è sintomatica di questo governo autoritario, se sei nelle sue mani preoccupati, non stare tranquillo, non stare sereno ! Se puoi scappa. Scappa !
giovedì 30 ottobre 2014
Non siamo nemici
Soldato, la divisa che ìndossi te la abbiamo pagata noi, il misero stipendio che prendi, te lo diamo noi. Perché ci manganelli ? Perché accompagni la Senatrice al Supermermercato ? Perché fai da scorta al delinquenti ? Scortarli per cosa poi? Li difendi da noi ? Siamo gente incazzata ma pacifica, io personalmente li sputo e basta. Vederti, soldato, vestito da Corazziere fare il saluto ad un delinquente come ad un Capo di Stato, mi deprime. Soldato...sono io che ti pago non il delinquente.
Capisco che vorresti essere come lui e non come me ma è così : ti pago io !
Sono nelle tue mani, difendimi !
mercoledì 29 ottobre 2014
SONO SEI
Nel nostro Paese l’1% delle persone più ricche detiene più di quanto posseduto dal 60% della popolazione (36,6 milioni di persone); mentre dal 2008 a oggi, gli italiani che versano in povertà assoluta sono quasi raddoppiati fino ad arrivare a oltre 6 milioni, rappresentando quasi il 10% dell’intera popolazione. Secondo la ricerca “Partire a pari merito: eliminare la disuguaglianza estrema per eliminare la povertà estrema” emerge un fenomeno
di povertà assoluta per uno su dieci abitanti della Penisola.
di povertà assoluta per uno su dieci abitanti della Penisola.
racconto del mercoledì ARCORE SONDRIO ARCORE
Quel mercoledì Baschirotto aveva
scelto di iscriversi alla SONDRIO-ARCORE. Venne lui a
dirmelo,prima di andare a casa : faccio la Arcore- Sondrio-
Arcore. Ma sei scemo ? La ARCORE - SONDRIO - ARCORE ? Si. La
Arcore Sondrio Arcore. Vieni a prendermi domenica, sabato mi
porta il mio Papà. Ciao. Stavo massaggiando gli ultimi Allievi.
Ragazzi -dissi loro- quello lì è pazzo. Butta via una corsa,
potrebbe vincere facile scegliendo la corsa attentamente, e
invece...
La ARCORE- SONDRIO -ARCORE era una
corsa di due giorni : al sabato Arcore Sondrio, alla domenica
Sondrio Arcore. Classificata dalla Federazione come Premondiale
era a inviti; il Commissario Tecnico voleva vedere all'opera i
migliori corridori per formare una squadra da mandare ai
Mondiali del mese dopo.
Ogni corridore insegue il proprio
sogno, lo so, se no come troverebbero la forza, ma bisogna
fare i conti con la realtà, in questo caso era che tutti
i migliori dilettanti d'Italia avrebbero corso alla morte per
conquistare la maglia azzurra. E lui, l'Armando, invece di
scegliere il posto per una facile vittoria...cosa aveva nella
testa !
Non so chi lo abbia portato al
sabato, io al sabato lavoravo. Alla sera Baschirotto telefonò
in sede: disse che era arrivato con il primo gruppo e che era
in un bellissimo Albergo e aveva mangiato una costata alla
fiorentina.
Quella domenica, in coppia con il
Terenzio sull'Ammiraglia, andammo con gli Esordienti dalla parti
di Pavia e, contrariamente al solito, non vincemmo niente, al
pomeriggio,con l'Ammiraglia vuota, a una di Allievi e poi ,
verso sera, ad Arcore a prendere il Baschirotto.
Non mi ricordo la data, ma faceva
un caldo afoso e sul lungo rettilineo d'arrivo senza piante
la corsa non arrivava mai. Cercando di stare all'ombra dello
striscione d'arrivo mi sfogai con il padre di Baschirotto : Con
tutte le corse che c'erano...e la fatica poi, Due corse in
due giorni... va bèh! Ha voluto correre con quelli forti, ha
voluto picchiare il naso ? Gli farà bene, te lo dico io.
Ha fatto bene. Bisogna provare.
Almeno una volta nella vita.
Contenti voi !
Era una corsa importante, la piu'
importante a cui avessimo mai partecipato.
Ad aspettare la corsa c'erano molti
fotografi e giornalisti; il rettilineo era transennato per un 500
metri,come minimo, e sull'arrivo un palco per i giudici e le
premiazioni. Bruno Raschi
,amico di lunga data, mi disse
:avete qualcuno ?
Si, Baschirotto.
Invitato? Azzurrabile ? Disse
tirando fuori il taccuino.
Ma no... lo sai benissimo. Corre perchè
ha il punteggio U.V.I.
A me piace Baschirotto, è un forte
passista, Gli manca la volata, Si farà !
Baschirotto padre sembrava morso
dalla tarantola e non riusciva a stare fermo
Fermati- gli disse Terenzio- stai
cancellando la riga dell'arrivo.
Chi gli dà l'acqua, con questo caldo-
dissi sottovoce al Terenzio- speriamo che qualche corridore di
buon cuore..
...buon cuore- fece eco il Terenzio.
Che cazzo gli è venuto in mente di
fare questa corsa... dissi stanco di tutto: della corsa del
mattino, che non avevamo vinto pur essendo favoriti, della corsa
di Allievi, dove avevo
litigato con i Commissari, tanto per
non perdere l'abitudine, di questo caldo bestia, di questa corsa
che non arrivava piu'. Stanco.
Cominciavano ad arrivare moto e
macchine del seguito. Con la mano aperta segnavano quanti erano
in fuga. Cinque ? Ma chi ?
Poi arriva uno che dice : uno in
fuga, inseguito da quattro a venti secondi. Chi è ? Non si sa
ma lo prendono. Arriva la macchina della Organizzazione con un
Commissario che fa segno con la mano: uno, quattro, uno quattro.
Chi sono ? Chi è ?
Bruno Raschi mi snocciola tre
quatrro nomi di quelli giusti.
E' l'Armando- mi disse il padre di
Baschirotto - è lui - mi disse con gli occhi spiritati.
Speriamo- gli dissi con comprensione.
Si sentivano ormai le sirene della
Polizia.
Un rettilineo lungo così non lo
avevo mai visto, andava a perdersi.
Di quel momento la cosa che ricordo
di avere notato per prima erano gli occhiali del Terenzio
Ogni tanto gli brillavano, ma solo in
occasioni speciali, di grandi emozioni, e io avevo messo in
giro la voce che quando qualcuno dei nostri vinceva al
Terenzio brillavano gli occhiali.
Lo guardai attentamente: aveva un
cappellino del “Pedale” con capelli lunghi che gli uscivano
da parte e parte, con gli occhiali che brillavano.
Stavolta brillano per niente- pensai-
una leggenda che cade !
Come avranno fatto a capire che
quel puntino là in fondo era l'Armando Baschirotto io non lo
so,però so che quando quel puntino si ingrandì, quando quel
puntino diventò uno in bicicletta, quando quel puntino diventò
un corridore che pedalava come un Dio sdraiato sulla bici con
quel suo stille perfetto, quando si cominciò a vedere su quella
schiena impegnata nello sforzo atletico i colori del”Pedale”,
tutti videro che quel corridore era il Baschirotto
la noci la finis
qui noci fai a cunsuma ul tempu
qui noci ca ta vegn di idei meraviglius
ca quan il vegn ciar perdan tucc i so culur
e ti a scarti
qui noci ca ta vegn di idei meraviglius
ca quan il vegn ciar perdan tucc i so culur
e ti a scarti
martedì 28 ottobre 2014
GIANNI ARDIZZONE
Manifestazione Italia- Cuba del 2013 |
Ieri 27 Ottobre cadeva l' anniversario della morte di Gianni Ardizzone, me lo sono colpevolmente scordato tutto preso nelle mie piccole diatribe con ex amici. Gianni ogni tanto ti penso e ricordo i lunghi dibattiti, di ore che passavano velocemente per arrivare alla fine in cui avevi sempre ragione. Mi ricordo il tuo odiato, invincibile, striscio al calcio balilla, che la gente accalcata alle tue spalle studiava per capire come facevi. Mi ricordo di te, e penso, cosa avresti fatto in questo bailamme Piddino.
Ciau Gianni.
sabato 25 ottobre 2014
Il dente avvelenato
Questa notte mi sono levato un dente ! Gia da tanto mi dava fastidio ma mi frenavano i 100 euro del dentista. Lo sentivo ballare, lo toccavo con la lingua e pensavo : quasi quasi lo tolgo io. Ho provato a muoverlo e si muoveva, sembrava che a tirarlo venisse fuori. Io provo, pensai : se viene viene. Mi scivolavano le dita, presi un tiro di scottex e provai, non faceva male... tirai e venne via quasi facilmente, uscì un pochino di sangue ma poco. Era grosso. Un molare.
Mia moglie dice che è un dente avvelenato, che ora sono diventato innocuo. Ho perso la mia forza !
Gente non sono più velenoso, potete girarvi e darmi la mano.
Che bello non essere più velenoso !
Mia moglie dice che è un dente avvelenato, che ora sono diventato innocuo. Ho perso la mia forza !
Gente non sono più velenoso, potete girarvi e darmi la mano.
Che bello non essere più velenoso !
giovedì 23 ottobre 2014
CUV. consorzio urbanistco volontario
La alleanza dei Sindaci pro Malpensa è gia il passato. Scarsa la partecipazione dei Cittadini e, soppratutto, del primi Cittadini ! La rottura è emersa con la nascita del CUV, consorzio urbanistico volontario, che riunisce 9 comuni, che a vario titolo sono toccati direttamente dallo scalo e hanno deciso di disertare l'appuntamento allargato con i vari Comuni del Parco, accodatosi senza un vero impegno. La presa di posizione allargata è troppo generica per avere una possibilità di riuscita e nelle Assemblee emergono temi generici per potere incidere.
Nell'incontro promosso da : Sindaco di Gallarate. Busto Arsizio, Varese, Legnano. Magenta, Novara, dei 200 inviti spediti solo 17 erano presenti.Castano Primo come al solito non c'era. Come al solito, se si tratta di mettere un gazebo per la raccolta firme perché no ? Se poi serve per la campagna elettorale volentieri.
Idea ! Perché non facciamo una bella festa in piazza con gli areoplanini di carta ; chi lo fa andare più lontano vince !
8 metri al secondo.
Entro un anno la Regione approverà il nuovo Piano territoriale regionale che conterrà le nuove regole nel dettaglio. La nuova legge sul consumo del suolo non dovrebbe più contenere i limiti volumetrici che erano previsti nel primo testo approvato dalla giunta, per sostituirli con «criteri» che definiranno di volta in volta il concetto di consumo di suolo. Determinante per raggiungere il nuovo accordo è la mediazione di Forza Italia e Nuovo centrodestra, visto che finora erano stati presentati ben quattro progetti di legge differenti. Non è difficile immaginare, però, la delusione delle associazioni ambientaliste. Ora il nuovo testo dovrà iniziare l’iter per l’approvazione in commissione Territorio prima di approdare in consiglio regionale a metà novembre.
mercoledì 22 ottobre 2014
Racconto del Mercoledì LA NOTTE
La sala era piena,tutti i tavoli occupati due da gente che giocava alle carte,con quelli in piedi che in giro guardavano, gli altri tavoli con donne che chiacchieravano. La stufa in mezzo mandava un forte calore,una stufa di ghisa rotonda, con sopra una pentola piena d'acqua. Sui tavoli bottiglie di vino e di coca,una bottiglia d'acqua. Delle briciole sul tavolo dicevano che si era mangiato. Il cane giallo era sulla porta che portava al bar, a prendere un po' di fresco perchè con la stufa e tutta la gente faceva caldo, i due divani erano occupati da gente stravaccata che occupava più posto.
Su
tutte si sentiva la voce del Carlin che stava giocando alle carte
socio di Lucia. A ti le pussè facil metel in dul cu che in d'ul
co.La Lucia: daghel al gat, no in dul cu, te fe fadiga a trual per
pisà. Era da giocare il sette? Va a ciapà i ratt. E il Carlin
mogio
che si scusava con l'atteggiamento per poi sbottare: e la mano prima
quel 4 ?
A
uno per volta entrarono quelli della notte, portando
ognuno
una dose di freddo. Appendevano il giaccone su dove capitava e si
avvicinavano alla stufa, per allontanarsi subito per come era in
calore. Si guardavano in giro per sapere con chi dovevano passare la
notte,poi andavano a guardare sul tabellone appeso, curato da
Carlin, con notte per notte i nomi che i volontari ci avevano
scritto. Il turno era di 4 persone per notte. Per quella notte erano
in 4 ma una era femmina. Era buona la compagnia,di una notte passata
bene.
Ogni
tanto qualcuno usciva, a due tre per volta andavano a casa. E, per le
usciate e per la meno gente la temperatura in baracca si era un po'
abbassata. Quando tutti se ne erano andati, il Mario rassettò un
pochino il locale pulendo i tavoli con una spugna e mettendo le sedie
sotto i tavoli,due tavoli li appoggiò contro ,la parete e il locale
diventò più grande, Andrea prese una scopa e piano piano scopò il
locale, Lia accomodò i due divani che facevano angolo usando un
cuscino come scopa e si sdraiò sul divano con i piedi uno
sull'altro. Buonanotte! Gli disse Marco. Non dormo mica,rispose Lia,
mi metto comoda. A casa mia non ho una cosa così comoda, e pensò al
suo letto che era un materasso per terra con due cassette della
frutta come comodini.
Marco
disse:
per giocare alle carte bisogna essere in quattro, se giochiamo, se giochiamo... devi venire qua.
per giocare alle carte bisogna essere in quattro, se giochiamo, se giochiamo... devi venire qua.
Spero
di no! Si sta così bene sul divano.
Intanto
Mario e Andrea avevano finito ma intanto avevano cominciato un
discorso. Te lo dico io! C'è una carta firmata in Regione che dà
la disponibilità,firmata dal Sindaco e l''Assessore. E allora che
stiamo qua a fare? Dimmelo te!
Mario
aveva un modo di parlare così definitivo così esclamatorio, che non
aspettava replica, che di solito un discorso finiva subito.
Va
beh... disse Andrea. Con Mario si sentiva intimidito,come in colpa,e
un discorso con lui sarebbe stato impossibile.
Marco,il
più giovane, era uno a cui piaceva vivere, Cercava sempre il meglio
nelle situazioni che capitavano ed il meglio era quasi sempre il
sesso.
Aveva
già guardato Lia ma era grassottella e non proprio di suo gusto.
Aveva l'istinto del predatore sessuale, di quelli che non guardano in
faccia a nessuno, le amicizie passavamo in seconda linea. Ma...una
notte passata assieme... magari si poteva cavare qualcosa.
Lia
sembrava assopita e pensava, chissà quel bellimbusto che si dava le
arie... chissà com'era?
Magari
al dunque non valeva niente. Pensava alla sua recente esperienza,un
ragazzo prestante,un bel ragazzo ricciolino molto alto che a fare
l'amore una delusione!
Pensava
a quando,piccolina, si masturbava,a come le piaceva,e quasi
quasi...Ma no! Questo è nostalgia, rimpianto di quei tempi,non è
che se mi masturbo ritorno piccola. E quello lì non vale niente
decise.
Mario
ritornò dentro con una bracciata di legna tagliata in misura per la
stufa, e la mise nell'angolo della baracca impignata per bene, quegli
uomini lì sono dei santi. Disse,pensando agli uomini del turno
delle sei.
Che
programma abbiamo? Chiese Andrea. Tirare mattina, disse Mario.
Una
luce lampeggiò sul soffitto della baracca, una macchina una
macchina, disse Marco.
Mario
lo guardò storto: è la prima macchina che vedi?
No,
ma siamo qua apposta,no?
Quelli
con cattive intenzioni arrivano a luci spente,mica si fanno vedere.
Stai buono,capito? Se no,puoi anche andare a casa, se la cosa ti
agita.
La
macchina passò piano piano e proseguì verso Busto.
Magari,disse
Marco, sono venuti per vedere.
Magari
hanno chiuso gli occhi e non hanno visto niente,rispose Mario. Senti,
proseguì, me lo fai un favore? Va a casa, così stai tranquillo te
e stiamo tranquilli noi.
Marco
non parlò più, e si mise a leggere. La cosa da leggere non
mancava mai, tutte cose di lotta, manifestini, deplian, articoli di
giornale fotocopiatì,
delibere
di Consigli vari, attestati di partecipazione, cose così. Smise di
leggere, sbuffò e disse, mi sa che vado a casa davvero !
E
cosa aspetti! Ma va!
Mise
il giubbotto e, senza salutare, se ne andò.
Fuori
la nebbia si illuminò con i fari della macchina,entrando dalla
grande finestra.
Lia
si raggomitolò più bene. Avrebbe provato, pensò, chissà cosa
avrei fatto io. Meglio così ! Tanto..
Si
rimise a pensare a quando si masturbava,ma con dolcezza senza
malizia. Di quando il mondo sembrava suo.
Andrea
disse: non c'era bisogno di trattarlo così !
Quelli
lì vanno trattati così. Abbiamo bisogno di tutti.
E'
vero-disse Mario- ma vanno cribbiati bisogna fare una selezione. Non
sapeva neanche dov'era. Non aveva occhi che per la Lia, la sua
intenzione era evidente. E questo non è il posto adatto. Tu Lia,
cosa pensi? Pensi cosa ?Rispose Lia. E.. duman l'è festa ! E la
storia del Marco finì.
Mario
lo sapeva, non era scemo, il suo comportamento non era mai quello
giusto. Ma non poteva farci niente,lui non avrebbe rinunciato a dire
quello che pensava, non era uno che si morsicava la lingua. Sapeva
di essere un violento,sapeva che il suo istinto lo portava allo
scontro, non litigava quasi mai,non arrivava quasi mai allo scontro
fisico, e forse era la sua disponibilità a farlo, a non tirarsi
indietro mai,che evitava lo scontro. La violenza era mentale, ed era
una violenza più consistente, più minacciosa.
Ma...tu
Andrea sei in pensione,o lavori ancora?
Lavoro,
lavoro. Sono in turno, uno di noi tre vuole fare sempre la notte,
così siamo in due ad alternarci mattina pomeriggio.
Dove
lavori? F. Tosi di Legnano. Sono su una grossa macchina, un tornio
gigante,per salire ci vuole la scala.
Mio
zio lavorava alla Franco Tosi, poi è stato trasferito
a
Mathausen, dove è stato 14 mesi, disse Mario.
Sarà
stato un comunista.
O
un ebreo.
O
uno zingaro, o un pederasta.
O
un antifascista,concluse Mario.
Oramai-disse
Andrea-è quasi l'una, giocare alle carte non si può perchè manca
il numero....
Se
vuoi farmi sentire in colpa perchè è andato a casa
il
bellibusto devo dire che sono contento che se n'è andato, è un
quaquaraqua, poi a me non piace giocare alle carte.
Cosa
ti piace?
Sei
sicuro di volerlo sapere?
Andrea
lo guardò attentamente e poi disse di no.
Lia-
chiamò Andrea- cosa vuoi fare ?
Lia
che faceva finta di dormire, continuò a fingere.
Se
ero a casa, c'era il mio gatto che mi faceva le fusa sulla pancia,
pensava, e il mio compagno che russava leggermente sull'altra parte
del materasso. Ma non sentiva voglia del compagno, del gatto sì.
Da
domani mi metto a dieta,decise. Non trovo mai il vestito giusto, o
non c'è il numero o non c'è il capo.
Che
bello quelle 40 a cui va bene tutto, e trovano di tutto.
Prima
di mettermi a dieta dico alla Giovanna di farmi una bella caseoula,
con tante cotiche.
Mario
andò in cucina, almeno, in quello stanzino chiamato bar, dove
c'erano la vettovaglie, e tornò con un piatto con del formaggio e
due salamini,nell'altra mano una bottiglia di vino, guarda se trovi
del pane disse ad Andrea.
Il
pane lo ha portato Marco, e aprì un sacchettino di carta che c'era
sul tavolo.
Prima
di mettersi a tavola andò fuori a fare un giro al cancello. Tutto
tranquillo,si sentivano i cani della Maddalena vicinissimi, dei
camions passavano sulla provinciale, i fili dell'alta tensione si
sentivano vibrare per la nebbia e saltavano su e giù. Dal fondo
della cava saliva aria fredda. Mentre rientrava pisciò contro una
pianta. La bandiera non si vedeva nascosta dalla nebbia. Le tre
macchine erano illuminate dalla luce che usciva dalla grande
finestra. Si accorse che il cane giallo lo aveva seguito,rientrarono
assieme, nel caldo della stufa.
Arrivò
una macchina,arrivò piano con le luci alte.
Uscirono
tutti a due,appena fuori uno andò a destra e l'altro a sinistra nel
buio non si videro più. Dalla macchina scesero in tre ed entrarono
dalla porta aperta, guardarono la Lia semiassopita sul divano,uno
andò nel bar a controllare. Mario entrò con fare strafottente, li
guardò uno per uno negli occhi e chiamò Andrea-Solo te- Andrea
entrò e gli altri? Fuori è freddo-disse- c'è il bidone -disse
Mario. Cercate qualcuno? Si può bere qualcosa? Certamente, quello
che c'è. Mario andò a prendere un bottiglione di vino e tre
bicchieri, e mise metà bicchiere per uno. Uno,il capo, lo bevve
tutto gli altri lo assaggiarono appena. Quant'è- disse il capo-.
Tre
mila-disse- Mario. Uno dei due che non avevano bevuto pagò, e se ne
andarono.
Lia
non si mosse per niente,incrottata al calduccio.
Con
una sventagliata dei fari girarono la macchina e se ne andarono.
La
nebbia era fitta.
Andrea
guardò Mario con ammirazione. Sei forte-disse-.
Macchè
forte, erano deboli loro.
Poi
il trucco dei “quelli lasciali fuori” funziona sempre.
Lia
si era alzata e si era messa la sciarpa e il paltò.
Che
fai vai a casa?
Vado
a pisciare, a casa? Non mi sono mai divertita così tanto.
Porta
il cane- disse Mario.
Niente
affatto,mi lecca il culo e non riesco a pisciare.
Lia
rientrò quasi subito,la soddisfazione del caldo era evidente nei
suoi movimenti di gradimento.
Andrea
mise dei cocci nella stufa, poi si fermò un attimo a pensare,e uscì
a mettere la legna nel bidone.
Non
vai a lavorare-chiese Mario-.
No
disse Lia, domani no.
Che
lavoro fai?
Lavoro
in un distributore di benzina,ma faccio il turno del pomeriggio.
Il
cane giallo stava vicino alla porta indicando che voleva uscire,
Mario lo fece uscire.
Andrea
disse- ma se ha appena fatto i suoi bisogni !-
Come
fai a capire i bisogni di un cane ?
Poi...
quello lì mica è un cane normale ! Disse Mario.
Lo
sai perchè non parla?
I
cani mica sanno parlare, disse Andrea.
Appunto,
ci stavo arrivando, perchè lo considerano inutile, anzi dannoso,
parlare.
Andrea
non rispose ma si vedeva che non era d'accordo.
Allora
Mario finì il discorso.perchè non gli andava di non dirlo, le
parole gli sarebbero rimaste in gola.
Un
cane è meglio di noi in tutto e per tutto. Ha un udito
fenomenale,quando arriva una macchina la riconosce subito,lo sai
perchè? Perchè di quella macchina sente non solo lo scoppio del
motore ma anche le cinghie che girano e il rumore dei pistoni,delle
ruote sull'asfalto.
Lo
sai quanti recettori ha il nostro odorato? Decine di migliaia, i cani
milioni, decine di milioni.
Non
si coprono perchè non ne hanno bisogno e non prendono neanche il
raffreddore.
Hanno
4 gambe invece di 2.
Una
coda che gli serve per le mosche.
Fanno
sesso solo se vuole la femmina, noi ?
Se
ti sono amici lo sono per tutta la vita, la fedeltà per loro è una
cosa seria, di loro puoi fidarti.
Poi
hanno altre qualità morali che noi non abbiamo,neanche il migliore
di noi.
E
tu chiedi perchè vuole uscire. Anche se dovesse spiegartelo non lo
capiresti lo stesso.
Mario
capì di essere andato oltre e fece silenzio.
Andrea,per
riprendere un pochino di fiducia in se stesso, disse- ma...quel
bottiglione di vino costava 700/800 lire, al massimo, Gli hai fatto
pagare 3.000 lire per tre mezzi bicchieri.
A
pensarci bene non l'ho condotta bene la faccenda-disse Mario-potevo
fargli pagare di più,e avrebbero pagato, anzi...dovevo dargli
dell'aceto invece che del buon vino. Io lo so come vanno trattati
quei tipi lì.
Lia
accese la tele, era in bianco e nero, ma non c'era niente. La spense
subito.
Mario
la guardò, era grassottella ma fascinosa e si muoveva
incredibilmente in maniera flessuosa e provocante, capì che era
così naturalmente,non faceva apposta. A questa ragazza silenziosa
volevano bene tutti.
Vieni
qua a mangiare.
Sono
a dieta, ma un mezzo salamino me lo faccio.
Vado
a cercare una coca, ma forse un bicchiere di vino è meglio, quanto
me lo fai pagare?
Mario
rise di gusto.
Il
salamino era molto buono. Lia disse- buono!
Cosa
credi è un buon ristorante - disse Andrea- cerca un'altro ristorante
in mezzo ad un bosco a quest'ora che ti serve un salamino buono
così.
Mario
si alzò e andò in cucina,tornò con una collana di salamini e li
buttò sul tavolo. Ritornò in cucina e portò una bottiglia di
vino,lo guardò controluce.
C'è
solo vino buono in questo posto- disse.
E'
l'ora delle storie, qualcuno sa una bella storia?
Noi
siamo gente che le fa,le storie. Poi, pensando a quello che aveva
detto, rise da solo.
Lo
sai-disse Mario- che hai detto una grande verità ?
Ma
rise anche lui.
Io
conosco qualche storia,disse Andrea.
Dimmi
quelle che si raccontavano in stalla,tu ce l'hai l'età.
No...
era troppo piccolo e ricordo le solite
:
la gamba russa, quella che..mi lasci sono arrivata,ed era il
cimitero, cose così, cose da poco.
Ne
conosco qualcuna vera.
Sono
le più incredibili,disse Mario.
Dove
abitavo io prima,in quel paese, che era come il nostro, c'era una
grande piazza dove andavano tutti, di giorno,perchè quasi tutte le
botteghe erano in piazza, di notte, perchè qualche persona la
trovavi sempre. Nella grande piazza c'erano dei bar, ogni bar era
come una famiglia con i suoi clienti fissi e fra di loro si
guardavano in cagnesco. Fra i bar c'era della rivalità, ed era una
sfida continua. Alla chiusura dei bar, mezzanotte mezzanotte e mezza,
c'erano le sfide. Corse a piedi,di velocità; dai due bar,che erano
circa a metà piazza al sagrato della chiesa, che erano circa 100
mt.,
,o
di resistenza: andando su per la piazza sulla sinistra della chiesa
per la via tre martiri, arrivare in corso Tadini e tornare in piazza
dalla via Acerbi e via Oratorio. Un paio di Km. occhio e croce. Se
arrivavano assieme,ma anche di metri, si doveva ripetere il giro.
Con tutti noi a fare un tifo da stadio.( le corse si facevano di
solito al sabato) Se arrivavano ancora con un piccolo distacco,era
considerato un pari. E c'erano cose da folli, sfide impossibili,come
andare a Novara con un furgoncino,scommettendo su quanto tempo ci
voleva. Una corsa in macchina sui cento mt. Uno in prima e l'altro in
marcia indietro,ed ha vinto quello in marcia indietro. Sfide a
braccio di ferro sdraiati per terra. Sfide fra pari peso però. Poi
sembrò più sensato guardare il numero di scarpe,ma vinceva sempre
un terronello sui 40 anni,basso magro con le scarpe 41. Questo qua,
Pasquale si chiamava, aveva anche un altro record: mangiava 500 gr.
di spaghetti in venti minuti,ci avevano provato in tanti ma il record
resisteva. Poi si inventò un altro record impossibile: mangiare 100
gr. di formaggio grattuggiato in venti minuti senza bere. Una cosa
impossibile.
E
ci fu la sera dei cani. Il Renzino del bar di fronte al nostro,stava
ganassando che lui aveva la tessitura fuori paese a che di qua e di
là e qualcuno disse e se vanno a rubare chissà che danno, lui disse
che aveva due cani
e
che era impossibile, due cani addestrati due molossi che mangiavano
solo dalle sue mani.
Passava
da piazza il Cacù che andava a lavorare nel suo prestino,dove
lavorava con sua figlia che si diceva lavorasse nuda, il Cacù si
fermò e disse: io entro come voglio e senza fare niente ai cani.
Discussione enorme, alla fine della quale un leguleo scrisse una
carta dove diceva che stato avvisato della pericolosità della
scommessa, e scommisero,il Renzino e il Cacù,50.000 lire. Oltre alle
scommesse private fatte da noi tutti. Partimmo tutti per la
tessitura,che si trovava veramente fuori dal Paese.
Ci
fermammo lontano dalla tessitura. IL Renzino consegnò le chiavi del
cancello al Cacù, e il Cacù proseguì da solo,piano piano. Arrivato
ad una ventina di mt, si mise per terra a gattonare piano piano, ogni
tanto si fermava a fare dei versi con la bocca, a fare quei venti mt.
ci mise un'eternità arrivato vicino al cancello, da terra alzò una
mano e la porse a un cane poi accarezzò il cane,piano piano
accarezzo anche il secondo, si alzò in piedi con calma aprì il
cancello ed entrò, con i cani che gli saltavano sù festanti. Il
Cacù si girò verso di noi con le palme girate in su esprimendo: una
cosa da niente !
Applaudirono
tutti, anche il Renzino.
Un
giorno Tonino vide la macchina dei Vigili che passava con un cane
legato al paraurti che veniva e sballottato insanguinato e latrante.
Tonino per essere sicuro prese anche la targa e guardò chi c'era in
macchina,un vigile e uno stradino.
Prese
appuntamento con l'assessore di competenza, e fece la sua denuncia in
piena regola,giorno, ora, via, tipo di cane. Dopo 4/5 mesi ci fù il
processo in Pretura a Legnano, e Tonino fu condannato a
trecentomila lire di multa, e il suo avvocato gli disse che gli era
andata più che bene. I due dipendenti comunali dissero che non era
vero niente, e la parola di due ufficiali valeva molto di più di
quella di Tonino.
Tonino
decise che, se dovesse capitargli ancora una cosa cosi, avrebbe dato
una mano di botte ai due sporchi individui.
Ci
fu la sera del Pucci. Il Pucci era sempre eccitato, nessuna donna
andava con lui, anche se andava con una
puttana,
quando vedeva l'arnese gli dava indietro i soldi.
Si
era anche sposato ma la moglie era scappata la prima notte, ed era
scappata al pronto soccorso,e non l'aveva vista più. Quella notte,
chiusi i bar, si era lì ciondoloni a far passare il tempo, e il
Pucci sempre con le mani in tasca che si tormentava e con una faccia
che faceva pena. D'altronde non si poteva fare niente, non c'era
soluzione. Allora uno disse: mettilo dentro di lì, e fece segno a
uno di quei panettoni di cemento con il buco per mettere
l'ombrellone. Ma è troppo grosso il buco, disse uno, anche il suo è
grosso rispose uno che lo sapeva. Io e il Giulio prendemmo il coso
di cemento e lo alzammo giusto in posizione. Il Pucci srotolò fuori
il coso e lo mise dentro. Appena appena-disse uno- te l'avevo
detto-disse un'altro. Tiral foeura-dissi al Pucci- el vegn foeura pù-
rispose il Pucci. Pucci fa no 'l scemu, non riesco più a tenerlo,non
sai come è pesante. Fa male, non riesco più
a
tiralo fuori. Un'altro aiutò e tenere il panettone, ma si teneva
male perchè rotondo ed era pesante,molto pesante. Diedero il cambio
a tenere il panettone, ma l'operazione era delicata, e al Pucci
faceva male. Poi l'idea ! Metterci l'acqua come con i cani.
Picchiammo delle manate sulla cler del Gatelli e a Bigun che rispose
chiedemmo una bottiglia di acqua,per fare -chiese-per due cani che
si sono attaccati. Se sono attaccati va bene ! Non bisogna andare
contro natura ! Serve per assicurare la prosecuzione della specie,
ci mettemmo a urlare tutti assieme e Bigun ci passò una bottiglia di
acqua, ci volle un po' ed un altro cambio, ma il Pucci riuscì a
toglierlo. Diventò l'argomento di conversazione per tutta la notte,
si arrivò alla conclusione che doveva trovare una che gli facesse
almeno un pompino. Il Pucci non diceva niente era un ragazzo di poche
parole.
Piano
piano la notte passava, nel tranquillo tran tran del presidio.
La
prossima notte mi porto il gatto,chissà che bello stare sul divano
con il gatto sulla pancia.
Mentre
parlava Lia, il Mario scuoteva la testa, mi piacerebbe proprio vedere
un gatto in questa baracca.
Non
lo si è mai visto e non lo si vedrà mai,almeno fino a quando c'è
Tony. Ogni tanto arrivano cani, di piccoli di medi di grandi,devono
chiedere il permesso a Tony. Poi qualcuno rimane e poi lo portano a
casa dicendo: è il cane del Presidio. Ma il cane del Presidio è
uno solo:il Tony. E il Mario fece segno il cane giallo che dormiva
sul pavimento a un metro dalla stufa.
Andrea
rifece il pieno alla stufa e al bidone,rientrando con una folata di
freddo.
Lia
si era rannicchiata ancora nell'angolo dei due divani con Tony che
la stava rimirando.
Hai
visto -disse Mario- la notte è passata,anche senza giocare alle
carte.
Prepariamo
il caffè,la moka pronta, per quelli del turno delle sei.
Andrea
preparò meticolosamente la moka e la mise già sulla piccola piastra
del presidio,una piastra miracolosa di una potenza incredibile. Era
mitica,come il Tony o il Carlino!
Dal
freddo,uno alla volta, entrarono quelli del turno delle sei, la
colonna portante del Presidio. Quelli che tagliavano la legna per la
stufa ed il bidone, che tenevano pulito il bosco, quelli che avevano
preparato il bosco per il pranzo dei trecento commensali più un
pulmann da Mozambano con 50 persone, c'era il bosco che sembrava un
salone da banchetti,con le luci e la copertura di cellhofan a mò di
tetto per via dei frutti del Ciliegio selvatico che cadevano nel
piatto.
Erano
fissi al turno,lavoravano fino a mezzogiorno. In caso di bisogno
c'erano sempre. Erano dai sei ai dieci, il capo indiscusso era
Francesco detto il Pucia. Che arrivò per ultimo,a caffè pronto,sul
tavolo i bicchierini di plastica,lo zucchero e la bottiglia di
grappa.
Novità?
Chiese Puccia.
Tranquillo
come una limonata! Rispose Mario.
lunedì 20 ottobre 2014
u faa un sogn
u faa un sogn
me Mama ma ciamea
mi sentiu nò
poeu ghe vignù un tempural e le pasà
con ul So
ho sintù anca la voeus da me Mama
ma la capiu nò parchè la parlea in talian
me Mama ma ciamea
mi sentiu nò
poeu ghe vignù un tempural e le pasà
con ul So
ho sintù anca la voeus da me Mama
ma la capiu nò parchè la parlea in talian
mercoledì 15 ottobre 2014
ul me Tisin
Ul me Tisin
cun i gir d'acqua dul Marinun cuan
ca 'l va den in 'n dul Tisin
u me Tisin di lanchi cui Tenchi
suta l'erba spesa
ul me Tisin di rivi cui Runcas e i
Niscoeur
ca guardan 'n da l'acqua ei
Trutei suta ai radis
ul me Tisin cun l'aria ferma da la
sira
e Rundan ca vula a fil d'acqua
gulus da sansar
ul me Tisin cul fundu fai da
sass
ul me Tisin cun la diga da sass
fai dopu ogni piena
ul me Tisin cui surgenti d'acqua
fresca
ul me Tisin cui Niscoeur i
Castegn i Nus e i Zizurliti
ul me Tisin cun l'acqua sempar
istess
'na fira da guti o fiochi vignu
dul ciel
acqua santa
acqua ca cambia culur
la belesa du l'acqua
acqua ca cur
acqua eterna
ul me Tisin
Racconto del mercoledì SANITA' LOMBARDA
Ero
in giro con Doghi, il mio (?) cane. Dire il mio cane non illustra
bene la situazione fra noi due io, e il cane. Dire mio significa
possesso, comando, decidere quello che si deve fare,andare a destra o
a sinistra. Non era il mio caso: io ero il servitore del “mio”
cane. Lo portavo fuori due volte al giorno,da quando gli mettevo il
guinzaglio comandava lui, andavo dove voleva al passo che voleva, poi
a casa gli facevo un bagnetto poi lo fonavo e gli facevo passare due
spazzole diverse,tempo 45 minuti, fino a che diventava una soffice
palla bianca( era un Maltese fuori taglia, nel senso che era più
grande di tutti gli altri Maltesi) gli davo da mangiare una volta al
giorno,gli procuravo da bere, dopo mangiato gli davo un biscotto
EUKANUBA, di un altra marca girava sprezzante la testa e andava
via,mettendo il broncio. Gli facevo bollire una gallina con il
sedano la carota e la cipolla, e per tre o quattro volte il suo
pranzo era fatto. Un giorno non avendo trovato la gallina gli ho
fatto cuocere delle parti di tacchino, con la cipolla il sedano e la
carota. Quel giorno è andato via schifato e il tacchino l'ho dovuto
mangiare io. Come dicevo gli facevo tutto io: e lui era innamorato
di mia moglie, tanto che era sempre vicino a lei, lei sul divano e
lui accomodato vicino o sul divano con lei, quando mia moglie andava
in bagno doveva farlo di corsa e chiudersi la porta velocemente alla
spalle,con il cane fuori che guaiva dal dispiacere. Solo per quello
lo consideravo un po idiota. Quel giorno eravamo al Parco quando ho
sentito un dolore forte al petto,dopo un po si era attenuato, poi ne
venne un altro,poi un altro ancora. I dolori mi lasciarono sudato
tanto. Non mi preoccupai, perchè non sono portato a preoccuparmi.
Andai a casa e lavai il Doghi come al solito e poi pensai cosa fare:
ero a casa da solo, mia moglie era da mia figlia a Roma, se non ero
a casa da solo non dicevo niente e stavo a vedere, con l'assenza di
mia moglie ero responsabilizzato e avrei dovuto andare a vedere
perchè mi era venuto il dolore. Ci pensai molto poi decisi di
portare il Doghi dalla sua vecchia padrona la Amalia, e lo lasciai
in buone mani.
Andai
all'ospedale Magenta, ne abbiamo uno vicino,Cuggiono ma vai solo se
non niente di serio. Per Magenta sono 14 Km.,una strada semplice che
feci in un attimo.
Suonai
per farmi aprire il portinaio mi chiese,guardando fuori: che vuole?
Devo andare al Pronto Soccorso. A fare che ? Lei è medico ? No ma
non me lo dice non apro, chiaro ?
Senta,
io di solito mi incazzo per molto meno, se mi dice dove posso
parcheggiare entro e ce lo spiego di persona.
Mi
aprì, parcheggiai la macchina in un piccolo parcheggio che sembrava
una piazzetta di un paesino di montagna e entrai al P.S..
Mi
fecero subito un prelievo e dopo un elettrocardiogramma. Dopo una
decina di minuti che stavo su uno scomodo lettino, un infermiere
entrato da fuori mi prese,su quel lettino, ed entrai in un ascensore
e poi su al settimo piano in una stanzetta dove stava un dottorino
che mi ascoltò il cuore e mi fece un altro elettrocardiogramma. Chi
c'è con lei ? Nessuno sono da solo. Ho la patente. Cosa c'è,
chiesi, perchè si mostra
preoccupato?
Non vorrà mica ricoverarmi ? Con i valori ematici che risultano la
devo ricoverare. Scossi la testa per evidenziare la mia
perplessità,io lo sapevo che andava a finire così. Vado giù a
prendere la borsa che ho in macchina. Lei non va da nessuna parte.
Dia le chiavi della macchina all'infermiera che scende lei a
prendere la borsa.
E
mi trovai nel letto N. 6 del centro di Unità Coronarica
dell'ospedale di Magenta. (MI)
Ogni
letto aveva, appena sopra, un Monitor dove c'erano
segnati
il numero di battiti e la pressione. Sei letti, sei monitor. La
persona sul letto era collegata al monitor con dei semplici fili
da cardiogramma,che ti obbligavano quasi a rimanere fermo. Il mio
letto era il primo,alla mia destra avevo un muro,oltre al quale c'era
il bagno. L'ho scoperto quasi subito perchè una donna staccata dai
fili
(infatti
il giorno dopo è andata in reparto)ogni tanto la portavano in bagno.
Chiesi subito di andare in bagno. A fare che ? Secondo lei cosa si va
a fare in bagno? Ho sbagliato a parlare- mi disse l'infermiera-
qualsiasi bisogno me lo dice e noi lo soddisferemo. Devo pisciare.
L'infermiera mi portò un pappagallo, che in se è una cosa innocua e
di facile intuizione. Non si può alzare, ha capito? Vada via se no
non riesco a farla- le risposi. Quando andò via misi giù la gambe
dal letto e pisciai nel coso. Adesso mi devo lavare! Gridai. Venne
l'infermiera con una padella e un contenitore di acqua e mi tirò giù
la mutande. Lei non si deve più permettere di fare una cosa così!
Esclamai. Mi lavo io!
Venne
un Dottore e mi dette una girata- crede di essere al mercato? Questa
è una Unità Coronarica la gente che vede è sotto infarto. Lo
stesso dottore chiamò la Caposala e con l'infermiera che avevo già
io parlottarono fra di loro,poi la Caposala ruppe una fialetta e
con un ago prelevò il contenuto.Cos'è ? Chiesi.
Un
semplice rilassante,vedrà come si sente bene dopo. Io non voglio
stare bene dopo.
Il
Dottore gli fece segno di no,e lei si ritirò in buon ordine.
Di
prima sera,verso le nove, mi tornò il dolore. Aspettai un po' poi
suonai il campanello,in un attimo arrivarono quelli di prima,il
Dottore, la caposala e l'infermiera. IL Dottore mi ascoltò
attentamente con lo stetoscopio,poi fece un segno alla caposala, la
quale venne con in mano la solita siringa. Cos'è ? Lei sta male, è
una medicina per farle passare il male. Sono nitrati ? Se sono
nitrati no! Mi fanno venire un atroce mal di testa. Intervenne il
Dottore: se lei sta male lasci decidere a me cosa devo darle. Niente
affatto, se non voglio non me la può dare.
Si
misero in giro al letto,Dottore a Caposala da una parte, infermiera
dall'altra.
La
Caposala mi prese una mano e me la carezzò sul dorso,-cosa mi sta
facendo? Mi deve mettere un ago?- Ma no... la sto calmando- Lei mi
sta eccitando, non calmando- Nella notte mi vennero 9 attacchi, li
contò la Caposala. Sempre tentarono con la nitro,ma non volli mai,
verso mattina,al nono attacco, la accettai. Mi fece passare l'attacco
e non mi venne il mal di testa. Dormii un po. Al mattino venne un
Dottore nuovo che mi visitò in maniera soddisfacente, si presentò:
sono il dottore
Ferrarrotti.
Piacere di conoscerla, un mio amico mi diceva: se hai bisogno
Ferrarrotti è il migliore. Chi era il suo amico? Gianangelo
Ottolini, di Buscate. Si vedeva che il nome non gli diceva niente.
Uno che si faceva portare da mangiare da casa,le avrà regalato
qualche salame,perchè li fa lui. Al riferimento salame si ricordò:
un omone nero che parlava forte. Proprio lui.
Dottore-gli
dissi- o mi fa qualcosa con la coronarografia, o non tiro la fine
della settimana. Se dovessi morire mentre non c'è mia moglie,
succede un dramma. Non sono in grado di affrontare una cosa così.
Lasci
fare a me.
Il
martedì passò abbastanza tranquillamente e il mercoledì alle
08.30 ero in sala coronorografica.
Su
un lettino assistito, due assistenti dalla faccia competente, e
Ferrarrotti vestito da dottore,con la mascherina e guanti.
Mi
mise l'introduttore, un coso gigantesco che sporgeva dall 'inguine
alto e diritto, minaccioso.
Era
la seconda volta che facevo la coronarografia e sapevo tutto.
Ferrarrotti scandagliò le vene interessate controllando nel monitor
su in alto, controllavo anchio.
Un
20/4 e un 25/4 disse alle assistenti. Le assistenti
andarono
in confusione: abbiamo il 20 con il buco da 4. ma non c'è il 25 !.
Il
Ferrarrotti rimase di sale. Ci pensò su un bel momento poi disse:
telefona a Legnano se hanno il 25/4, e lo portiamo così com'è, sul
lettino.
Non
facciamo ridere! Per una cosa da niente andare a Legnano, con
l'ambulanza, le sirene. Per una cosa da niente.
E
magari lei ha la soluzione-mi disse con un sorrisetto-
Certo
che ce l'ho, almeno, un suggerimento.
Sentiamo...
Prende
un 20/4 e lo taglia a 12.5.
Due
12,50 fanno un 25. Semplice.
E
ne metto due,infilati uno dopo l'altro, E mi guardava soppesando
l'idea.
Mica
è sbagliato- disse- è un'idea.
E
rivolto alle Assistenti disse: lo facciamo, prendete due da 20 e
tagliamoli.
E
a me: che mestiere fa ? Non mi dica che fa Coronarografia !
Lavoro
in officina, e di questi problemi ce ne sono ogni giorno.
Dovrò
venire in officina qualche giorno.
Non
ci vuole neanche la mascherina,gli dissi.
E
il problema del stare male non si presentò più.
Però
cominciai a litigare. Prima con il dottore che voleva darmi la
nitro, lo chiamai vicino al letto e gli dissi: mi dice a cosa servono
quei cosi li ? E feci segno al Monitor sopra al letto.
Ogni
letto ha un Monitor e sono tutti collegati con la saletta del
Caposala che è seduto davanti ai Monitor a raggiera e controlla
tutti e sei gli infartati. Mi spiegò con sufficenza.
Io
la prima sera sono stato male diverse volte, 9- mi disse- ecco 9,
perchè ogni volta ho dovuto suonare il campanello? Perchè magari
il Caposala era andato da un paziente, non arrivi a conclusioni
avventate.
L'Unità
Coronarica è questa: gli infartati sono tutti qua, li vedo,si
vedono. Il Caposala non è mai entrato in Unità,non lo conosco. Ce
lo dico io come sta la faccenda: questo ambaradan costa un mucchi di
soldi ed è una bella torta,una fettina per uno la mangiano tutti.
L'ambaradan non serve assolutamente a niente, si usa per
giustificare la spesa. E il solito furto fatto alla Comunità. Ed
ho continuato per un po', anche dopo che era andato via. Il fatto
era che mi avevano lasciato uno spuntone gigantesco che mi usciva
dall'inguine e mi dava fastidio.
Poi,un
mio vicino di letto aveva una radio che accendeva solo per i
notiziari,e avevo sentito che era in arrivo una grossa perturbazione,
alla infermiera che aveva iniziato il turno del mattino chiesi: piove
? Non mi rispose. Essendo al settimo piano guardando dalla finestra
si vedeva solo fuori,ma non si capiva dal letto il tempo coma era.
Non
mi ha sentito, pensai- quando si girò la chiesi- com'è il tempo
fuori-?
Come
se non avessi neanche parlato. Bastarda!!! Le dissi- grande
bastarda.
Ti
mando una lunga lista di maledizioni, qualcuna attacca, penserai a me
nel dolore,brutta vacca.
Il
giorno dopo mi trasferirono in reparto, e mentre uscivo, in
carrozzina con l'infermiera del Reparto gridavo: nido di vipere,
spero di non vedervi più.
In
Reparto ebbi qualche debole discussione con i Medici ma roba da
poco,sul fatto che la terapia che mi facevano influiva sul sesso: era
afrodisiaca, ma non capivano niente. Anni dopo nacque il Viagra, un
derivato di quella terapia che mi stavano facendo.
C'è
un epilogo: Nel 20002 stetti male ancora e mi ricoverarono a
Magenta,il mattino il medico che faceva il giro era Ferrarrotti. Lo
conobbi subito. Si ricorda di me?Mi guardò interrogativamente -no- e
allora io per fargli venire i mente,magari,gli dissi: mi fece uno
stent e siccome che non c'era io le dissi di tagliarne due. Si
illuminò: mi ricordo,si mi ricordo,anzi le devo dire una cosa:
adesso,lei sta male, lo sa perchè? Perchè non ho fatto come mi
aveva detto lei, ne ho messo uno da 20 e uno da 5. Quello ho fatto
fatica e non riuscivo a metterlo perchè troppo corto. E si vede
che,o l'ho messo male io, o essendo troppo corto si è mosso. Se lei
sta male adesso è per colpa mia.
Mi
ha detto l'infermiera che è l'ultima settimana che è qua,dove va?
Al Policlinico di Milano, ho vinto un concorso: Primario di Chirurgia
Vascolare.
Ha
bisogno di un assistente? Una grande risata mise fine alla visita.
martedì 14 ottobre 2014
RONDE PACIFICHE
Leggo su Altomilanese, a firma V.V.
Che partono le Ronde pacifiche con l'intento di proteggere figli
casa ed amici da una delinquenza sempre più dilagante. A
sostegno della operazione riporta un fatto accaduto il 2
Ott.,giovedì : lungo i binari della stazione un uomo e intento a
bucarsi un braccio ; avvisano subito i Carabinieri ma il tizio
sale su un treno e se ne va.
Cara V.V. Un uomo, o una donna, ha
tutto il diritto di bucarsi il proprio braccio come quando dove
vuole ! Le Ronde dovrebbero sapere,almeno, cosa sono reati o
no !
Nell'acqua ferma di Castano le cose
vengono a galla e rimangono lì ferme ad aspettare una
lettura sociale : ecco spiegata la manganellatura e l'aperitivo
di festa !
Sembra un paese Orobico, di gente
perbene che, caso mai, i reati li consumano in famiglia e la
Domenica tutti a Messa, ma non in pubblico, mio Dio, le cose se
si fanno almeno non si dicono.
Lo sa, cara giornalista, che
analizzando le acque depurate si scopre che il 40% della
popolazione fa uso di Coca o di Eroina ?
Facciamo un test a chi esce da
messa alla Domenica, mettiamo un gazebo in piazza Mazzini
invitando la gente a soffiare nel rilevatore, e vediamo quanti
accettano di soffiare.
Care Ronde se volete ve lo procuro
io un po' di lavoro : per cominciare mandate via gli
spacciatori dalla Madonna di Gree, e il traffico degli
indesiderabili, che disturba così tanto è eliminato.
Ma non è una cosa così semplice, se
i Carabinieri non sono capaci di mandarli via, e le Ronde non
penso che sono in grado di mandarli via : ci sono gli interessi
di alcuni abitanti da difendere.
In tutti i paesi lo spaccio è
fiorente, più di quello che una persona normale pensa.
E le Ronde le manderei in Biblioteca
con il consiglio di qualche buona lettura, visto il livello
culturale.
Vi accorgete che con le Ronde si
torna al Medioevo ? La crescita Sociale dov'è ? Siamo rimasti
fermi a quei tempi ?
lunedì 13 ottobre 2014
Renzi, Ambientalista.
L'obiettivo sembra ragionevole: attuare un “sistema integrato e moderno di gestione dei rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore”. Il mezzo è controverso: dichiarare per decreto gli inceneritori “infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale” e permettere il conferimento di rifiuti solidi urbani provenienti da altre Regioni per farli funzionare a pieno carico. L’esito finale non è scontato, ma in realtà l’articolo 35 del decreto Sblocca Italia dà soprattutto una boccata d’ossigeno alle ex municipalizzate che gestiscono gli inceneritori e un aiutino all’Enel che intenderebbe convertire alcune centrali a olio combustibile, ormai obsolete, in impianti di recupero energia dai rifiuti urbani.
E' la politica ambientalista del PD ! Spremere l'Ambiente come un limone !
Gli Ambientalisti italiani ed europei sono contro gli inceneritori, per evidenti motivi di salute e difesa Ambiente, il PD è per lo sfruttamento del suolo e dell'aria a favore di posti di lavoro per operai e dirigenti ( e postì in consigli di amministrazioni con bilanci in rosso ) io penso che anche loro hanno dei bambini che respirano e giocano nell'aria degli inceneritori !
In Lombardia arriveranno rifiuti dalla Campania, Puglia, Calabria, trasformati in bei soldoni. Bravo PD, pensa ai lavoratori più che Landini !
E' la politica ambientalista del PD ! Spremere l'Ambiente come un limone !
Gli Ambientalisti italiani ed europei sono contro gli inceneritori, per evidenti motivi di salute e difesa Ambiente, il PD è per lo sfruttamento del suolo e dell'aria a favore di posti di lavoro per operai e dirigenti ( e postì in consigli di amministrazioni con bilanci in rosso ) io penso che anche loro hanno dei bambini che respirano e giocano nell'aria degli inceneritori !
In Lombardia arriveranno rifiuti dalla Campania, Puglia, Calabria, trasformati in bei soldoni. Bravo PD, pensa ai lavoratori più che Landini !
mercoledì 8 ottobre 2014
Racconto del mercoledì. RICORDI
Oramai
è l' età dei ricordi. I ricordi,essendo stupidi di natura,non si
sanno organizzare e vanno alla rinfusa,ce ne sono che passano in file
interminabili che se non li prendi al volo vanno per la loro strada e
non tornano più,magari dopo tantissimo tempo quando o non sono
graditi, o non servono a niente. E ce ne sono che ti girano in giro
e si fanno prendere facilmente.
Ho
vissuto più di quelli della mia età, al mio nipotino
di
11 anni ogni tanto dico che alla sua età avevo qualche anno in più.
Che
me ne faccio di un ricordo di quando ero giovane e avevo una barca e
vincevo le corse con quelli che avevano anche loro la barca,che
magari mi ricordo di avere vinto sempre e invece non è vero, però
il ricordo lo puoi rigirare un pochino e ricordare quello che ti
piace,dimenticare il superfluo. E, magari il superfluo è la La parte
più interessante,la parte più godibile. E allora ti perdi in quelle
sere,prima di fare sera, in cui il mondo cambiava magicamente, e
l'aria del Ticino diventava immobile e tutti gli insetti erano in
giro, e le bisce d'acqua rigavano lo specchio d'acqua che sembrava un
vetro, sentivi muoversi fra le frasche del fondo bosco i grossi ratti
e gli scoiattoli, sui rami era una confusione di zampettii e di cip
cip, e gli odori erano estranei ma usuali, e allora il ricordo è un
treno che corre portandoti indietro e non si ferma, non ti ascolta e
fa come vuole.
Sono
i ricordi mìgliori, non si lasciano cambiare ma sono lì, come un
film fatto da un'altro. I ricordi di fisicità si lasciano
manipolare, l'uno diventa tre,i minuti diventano diventano ore. Ma
questi “ambientali” non si lasciano cambiare,sono così: o
prendere o lasciare.
Ogni
tanto mi lascio prendere dai ricordi fisici e mi lascio cullare, di
quella volta che ero arrivato primo,o avevo pisciato più lontano, o
avevo fatto a botte con numerosi avversari vincendoli tutti. Ma poi
ritorno ai veri ricordi e rivedo quelle sere, quelle siepi di fiori,
quei mesi di maggio,quelle musiche sentite uscite da finestre alte
di case alte, delle ragazze sulla canna della bicicletta e il
profumo dei loro capelli, del profumo dell'incenso quando
chierichetto lo bruciavo nel Turibolo e mi restava nei vestiti e i
miei amici mi annusavano sempre,orgoglioso di essere annusato.
Fino
a quando ho litigato di brutto con un altro chierichetto e a tutti e
due ci usciva sangue dal naso e il prete ci ha espulsi e noi siamo
diventati amici.
Ricordo
il mio amico Elio che di natura era bravo a disegnare e con due
tratti ti faceva un'aereo o una faccina ridente e io mi immaginavo di
essere capace come lui e facevo anch'io. O il Gigino con l'eterno
moccio all naso che a fare a botte era invincibile. O Amedeo che
raccontava storie bellissime che trovava sui libri. O il Rino che ti
diceva come erano fatte le donne.
Ci
sono dei ricordi che non vengono, e quando sento: mi ricordo il
giorno che ho fatto la prima comunione...e perchè io non la ricordo?
O la prima volta...perchè non la ricordo ? Mi ricordo della
scuola,(solo una: la elementare)di quando, schierati in file, c'era
l'alzabandiera al mattino e l'ammainabandiera alla sera. E non
ricordo l'interno dell'aula, ricordo il nome della Maestra ma non la
faccia. Ricordo i giorni che si andava a scuola a Bresso perchè la
nostra scuola di Niguarda era stata bombardata e non mi ricordo il
bombardamento. E si che abitavo vicino.
Con
un po' di fantasia uno se li può creare i suoi ricordi ma sono
sogni.
Quando
sono tornato,dopo 30 anni, in parrocchia per avere la documentazione
dei sacramenti avuti,necessari per il matrimonio, e non trovavo la
chiesa, sepolta fra i grattacieli, mi sono tornati dei bellissimi
ricordi: qua c'era il Seveso e sulle sue rive venivamo a giocare, lì
c'era l'Oratorio e il cortile dove si giocava a palla,li c'erano i
carrettini della gnaccia e dei bumbunin, là c'era l'Asilo, e subito
mi venne in mente la bastonata che mi diede una Suora. E a non dirlo
a casa se no ne prendevo un'altra.
Del
bombardamento non ricordo quasi niente,passammo
la
notte in cantina e ogni tanto c'erano degli scossoni che muovevano i
sacchetti di sabbia sulle bocche di lupo, come al solito, però quel
mattino c'erano due dell'UNPA e il Capocaseggiato che ci proibirono
di salire in casa perchè il caseggiato era pericolante,dichiarato
inagibile. Non sono salito più a casa mia, con le biciclette,che
avevamo in cantina, andammo a S. Giorgio dai parenti di mia mamma.
Ma come ricordo non è importante: una lunga notte che non passava
mai.
Meglio
il ricordo del bombardamento della settimana prima: una bomba aveva
centrato una piccola fabbrica di ostie e noi ricuperammo fra le
macerie quello che si trovava delle ostie, una cosa buonissima.
E
mi ricordo di un contatore elettrico che io avevo frugato
freneticamente per vedere come era fatto. E mi ricordo che vicino
c'era un braccio,con la manica e tutto.
Ricordi
della guerra non ne ho tanti, gli aerei in cielo piccoli e alti,
prima di scappare in cantina attrezzata come rifugio e ci venivano
anche quelli che non avevano la cantina, e il il rifugio era
lontano.
Della
cantina ricordo tutto, la scala per andare giù,la mia cantina(n.9)
il locale in fondo dove ci si ammassava tutti, i sacchetti di
sabbia,le panchine del locale rifugio.
Nella
cantina mio padre teneva una damigiana con il collo largo piena di
acciughe messe una a una a raggiera con la coda in fuori, piene di
sale che per un paio di mesi puzzavano e poi profumavano.
In
cantina avevo giocato al dottore con le bambine ma non mi piaceva.
Non mi piaceva essere visitato.
Della
prima comunione ho una foto con mio zio Guido che incrusciato mi
tiene una mano su una spalla abbracciandomi a sé, l'unico ricordo di
quel giorno. E mi arrabbio quando sento qualcuno che dice: mi
ricordo che alla prima comunione...
Di
quando si è sposata mia sorella non mi ricordo niente,solo che, non
so per cosa, in Chiesa non c'ero.
A
malapena ricordo qualcosa del mio matrimonio,non tutto. Ricordo,come
se fosse ieri sera, che sono rientrato in casa con la chitarra in
spalla. E a letto la soddisfazione del riposo,una situazione
piacevole, la migliore della giornata.
Quando
era estate andavo dai nonni a S.Giorgio che abitavano in una cascina,
con tutti gli animali. Appena entravi il cortile ne era pieno,
galline,faraone,anitre, tacchini,oche,cani, gatti,tutti in giro.
Conigli nelle gabbie, animali in stalla, cavalli, perchè mio nonno
era un trasportatore e aveva un grande cavallo con delle zampe
enormi,altissimo, che usava con un grandissimo carro con delle sponde
alte,adatte al trasporto del carbone, e altri due cavalli normali uno
nero e uno baio, e in stalla c'era anche un asinello,che non faceva
niente,mai usato.
Tre
mucche e un paio di vitelli. In una stalla apposta 4/5
maiali
e, chiuso in uno stambugio, un Verro per le scrofe. Sopra il
portico,sotto il tetto i Piccioni,belli grassi, però per mangiarli
buoni andavano mangiati nei 40 giorni.
Non
mi ricordo della scoperta femminile,ma mi ricordo
delle
prime volte a casotto,e prima di andare si facevano un paio di seghe
se no erano soldi buttati.
Quanti
ricordi ! Di belli e di brutti, ma quelli li tieni fuori ricordarli
fa male.
Come
non ricordare il Villoresi ? La prima volta che mi sono
avvicinato,bambino, a una fila di giovanotti,qualcuno nudo, e uno mi
ha chiesto-sai nuotare? E io ho fatto segno di no con la testa e lui
mi ha buttato dentro dicendo è ora di imparare,e io nuotando a
cagnò sono uscito e mi sono ributtato subito felice. Era bello il
Villoresi. Si era tutti operai e alla sera si lavavano tutti nel
canale, una cosa velocissima: si toglievano i vestiti e ci si
buttava,ci si insaponava ben bene e ci si ributtava, se si aveva
tempo si nuotava un po,si facevano dei tuffi imparandone dei nuovi,
si attraversava un paio di volte. Nei giorni festivi si andava al
Rongione cosidetto della Malpaga e quelli bravi si tuffavano ne
canale e uscivano nel Rongione che era lontano dal canale. Fu il mio
chiodo fisso,cominciai a chiedere come si faceva,un po' se la
tiravano ma alcuni no, e mi dicevano che era una cosa semplicissima:
l'acqua ti tirava dentro dovevi solo infilare le due porte: la prima
del canale ,la più difficile, e poi la seconda che passava
facilmente, e pluff venivi fuori nel Rongione!
Be...
per trovare il coraggio ce n'è voluta! Ma ce l'ho fatta! Ed era
veramente facile, bastava avere il coraggio necessario. Ma solo per
la prima volta.
Al
mattino mi alzavo,mi lavavo la faccia e c'era sul tavolo la tazzina
di caffelatte con il pane pronta da mangiare,quel profumo, di quel
caffelatte, perchè non lo sento più? E neanche il profumo di quelle
zuppe di verze e pane giallo. Giallo? C'era solo quello! Il pane
bianco si andava a comperare per le persone malate, c'era il pane
giallo che si faceva ogni venerdì, al forno comunale.
I
matrimoni si facevano così: in corteo si andava in chiesa a piedi,
poi il banchetto di nozze si faceva in cortile, salame, risotto,
pollo arrosto, qualcuno faceva il brasato, zola e torta. Quelli con i
soldi andavano in trattoria.
La
mia bicicletta era viola,di un bel viola, colore che non si usava. Ed
era nuova. Una bella bicicletta con le ruote in alluminio e i freni
orizzontali. A mia insaputa mi sono trovato padrone di questa
bicicletta. Un giorno ero andato a trovare non so chi all'ospedale di
Legnano e la bici la davi in deposito, pagavi la somma e ti dava un
numero, quando tornavi davi il numero e lui ti dava la bicicletta.
Quel giorno riportò questa magnifica bicicletta invece della mia
trappola ereditata dal mio vecchio, Mi sono ben guardato dal dire che
non era la mia, e sono tornato in un attimo a casa mia, andava che
sembrava una moto.
Avevo
una cravatta, e sapevo anche fare il nodo. Non era difficile ma c'era
gente che non lo sapeva fare. Nera con righe gialle trasversali. Ero
stufo della cravatta, anche se la mettevo poco, solo ai matrimoni
ed ai pranzi, tipo il pranzo dell'Avis, ma quelle righe gialle...
In
piazza c'era il Comando dell Gruppo faggioni, uno stormo di stanza al
Campo della Promessa, Comandante era Marino Marini, e l'albergo da
loro occupato era off limits per noi del paese. Per ogni missione che
facevano al ritorno c'era festa nei locali del Gatelli, ogni tanto
per festeggiare qualche vittoria, ma sempre per festeggiare il
semplice ritorno. Vantavano le uniche vittorie Italiane sulla Marina
Inglese con l'affondamento di due Corazzate nel porto di Alessandria.
Le feste erano a base di mangiate e di ciucche solenni.
Ma
che non dimenticherò mai è il suono della sirena a Milano che ti
mandava in rifugio,un suono che ti entra dentro e che senti non solo
con le orecchie, lo senti con il cuore,con la testa e con l'anima. Un
suono che ho risentito a Buscate nel '91,un suono sociale, e quando
lo risentivo tornavo ancora sotto ai bombardamenti, nei giorni che mi
portarono via la casa.
La
Sirena fù per Buscate la mossa vincente nella battaglia contro la
discarica.
E
mi ricordo i cani della mia vita,nel cortile dove abitavo
c'era
Cibin che era il cane di tutti, anche se era di proprietà della
Nives, morto ne portò a casa un'altro che chiamò Cibin, morto il
secondo( a quei tempi i cani duravano poco) portò a casa il terzo
che chiamò Cibin.
Purtroppo,
anche se duravano poco, ti affezionavi e ti faceva male la morte. Poi
ci fu il mitico Tony, il cane del Presidio,un vero capo, che comandò
per tre anni al Presidio di Buscate fatto per combattere la
discarica. Finita la lotta mia figlia venne a casa un giorno con un
batuffolo bianco, il Doghi, che si impossessò della mia vita per
quasi 17 corti anni.
Ho
avuto un gatto nero,a Castano, poi quando sono venuto a Buscate,
senza il suo consenso,lui è rimasto.
Ho
avuto anche due tartarughine d'acqua, che mi riconoscevano e quando
le prendevo in mano mi guardavano con gli occhietti vispi,dopo 4 anni
sono morte. Poi ha saputo che non andavano prese in mano.
Ci
sono cose che non vanno prese in mano lo diceva sempre mia mamma a
mia sorella.
E
ricordo le bisce. Dove adesso ci sono delle numerose
case,
prima passava una rongietta in mezzo a orti coltivati a insalate e
pomodori,in quella rongietta c'erano due bisce,verdi sotto e marrone
sopra, andavo a trovarle,le prime volte scappavano a nascondersi poi
con il tempo non più, non riuscivo a prenderle ma ci parlavo. Quel
mondo non c'è più. Non so se ve ne siete accorti.
E
ricordo la processioni, e i petali di rosa, la porte trionfanti verdi
di arbusti, le ragazze che tenevano gli occhi per terra, le donne
salmodianti, le bambine sul baldacchino ai piedi della Madonna, e i
profumi, e l'odore dei ceri. E i canti di maggio: mira il tuo popolo
o bella Signora. Solo gli allettati non c'erano.
Ero
stato operato, tre baypass coronarici, dopo che l'ho fatta mi ero
accorto che non era una cosa da ridere.
Mi
ricordo quasi tutto, il sabato sera in unità coronarica a Novara,
il Caposala, Carlo, che viene e mi dice: c'è fuori tua moglie che
continua a piangere. Lo so perchè piange-gli dico- quanti anni che
sei sposato ? 25-gli rispondo. Ehh.. sono tanti, ecco perchè
piange. No.. non è per quello che piange. Perchè piange,allora ?
Perchè pensa ai soldi del funerale,e quando sarà al funerale, ogni
tanto alzando gli occhi e guardandomi nella cassa scoppierà a
piangere singhiozzando,e la gente penserà : è inconsolabile, ma
invece sarà per il costo della cassa.
E
il mattino della domenica (ero un caso urgente e allora era fatto di
domenica) l'anestetista mi ha misurato i battiti ed era rmasto
perplesso, qualcosa non va? -gli chiesi- 70 battiti ! e c'era un
tono di quasi accusa. E si.. sono un po' alti, di solito ne ho 48/50.
Lei scherza-di solito entrano qua con non meno di 150 !- Bene,
bene, occorre meno anestetico, e si sentirà meglio dopo.
Dopo
morto ? Le devo dire la verità, dopo non mi interessa più.
Conti
dal 100 in giù. 100,99, 98...
Una
mano mi toccò la spalla...sono le dieci e mezza, si svegli. Aprii
gli occhi a fatica,non potevo parlare,avevo un tubo in gola, non
potevo muovermi perchè avevo la mani legate. A dire il vero ero
tutto legato,e per quello che vedevo avevo tre o quattro tubi che mi
uscivano dalla pancia. Quando fui proprio sveglio mi guardai in giro,
girando gli occhi di qua e di là. Eravamo sei letti e molte
infermierine vestite di verde che si davano da fare chiacchierando
fra loro. Una ,sempre la stessa, a intervalli veniva a mi metteva
dentro un tubo nel tubo e aspirava, facendomi un gran male. La tenevo
d'occhio ma non potevo fare niente, ero completamente nelle sue
mani.
Le
dieci e mezza di quando mi ha svegliato erano della sera di domenica.
L'ho saputo dopo, perchè lì dov'ero non c'erano finestre e c'era
una lucina sempre accesa e non si capiva se giorno o notte.
Questo
qua non gli spurga più niente,disse l'infermierina.
Poi
deciderà il dottore.
Era
lunedi,ma non lo sapevo.
Siccome
non spurgavo più, invece di rimandarmi in sala operatoria,come
pensavo io, alle 17.30 del lunedì mi tolsero tutti i tubicini e il
tubo che avevo in bocca,e mi mandarono in reparto.
Che
bello! Libero di muovermi e libero di parlare !
Le
prime parole che dissi appena tolto il tubo fu: oggi è S.Antonio.
Auguri ! Mi dissero le infermierine. O Dio disse una, mia suocera
si chiama Antonietta, e non gli ho fatto niente.
Era
una camera a due letti, il mio era vicino alla finestra,era
all'ultimo piano e a guardare giù si vedeva una pista di
atterraggio per l'elicottero,marrone gialla,rotonda. Sembrava un
centro del tiro a segno,sul tetto dell'ospedale. Almeno vedevo
qualcosa, sull'altro letto un gigante,con una faccia enorme e i piedi
che uscivano dal fondo del letto. Aveva anche lui la stessa ferita
che avevo io lungo tutto il torace,che sembrava chissà cosa ma
faceva poco male.
Stranamente
gli infermieri che lo accudivano stavano lontani e allungavano le
braccia per fare quello che dovevano fare. Poi capii il perchè.
Verso le 10 venne un dottore a fare il giro di visite che si usa fare
in tutti gli ospedali. Come sta il nostro Adelio-disse leggendo il
nome sulla cartella a piedi del letto, appena arrivato a tiro
l'Adelio gli mollò uno sganassone che per fortuna non prese bene
perchè non ci fu il KO. L'Adelio era cieco totale e il suo modo di
rapportarsi in questa situazione era questo,ma faceva male.
Al
venerdì mi trasferirono a Veruno per la riabilitazione,
una
struttura in mezzo al verde sulla strada per Borgomanero.
Equipe
di fisioterapisti eccezionale.
Lunghe
passeggiate fra boschi di castagne,dove si trovavano dei porcini
piccoli e duri.
Noi
che venivamo da Novara si fece gruppo,sia in sala pranzo che nelle
passeggiate. Uno di Novara mi disse che lui prima aveva fatto la
Carotide ed era molto peggio. Lo dileggiai e invece aveva
ragione,quanto aveva ragione.
C'era
uno che aveva fatto l'autista di Rossi,io non sapevo chi era
Rossi,ma mi disse che era quello che aveva inventato i biscotti di
Novara,diventato molto ricco per questo. Nella sua ditta ci lavorava
un certo Pavesi,che poi messosi in proprio “inventò” i Pavesini.
Nelle
passeggiate nel perimetro del parco ognuno raccontava la sua
storia,il tempo c'era.
Uno
aveva fatto 8 anni di galera,innocente ma si sa tutti lo sono, e
diceva dei carceri che aveva girato : S.Vittore di Milano,due Palazzi
di Padova, Mamma Gialla di Viterbo, Rebibbia, Piacenza, per finire a
Bollate dove,diceva, andavano gli innocenti. Diceva cose incredibili
come la cella liscia dove ti mettevano in punìzione,una cella con
dentro niente, né letto, né sedie, né water, né lavandino, liscia
appunto, e senza finestra con una luce sempre accesa,che non capivi
se era notte o giorno. Ed entravi nudo. Ogni tanto entravano in due e
ti facevano fare dei piegamenti alternati a schiaffi,10 piegamenti 10
schiaffi,10 piegamenti... Potevi starci un giorno o una settimana. E
un giorno era come una settimana. Quando decidevano che era finita,ti
facevano lavare i tuoi escrementi con una canna, poi prendevano la
canna e ti lavavano,e se era estate eri fortunato. E ritornavi in
sezione un pochino raddrizzato.
Ma
ragazzi, dicevo: quello che abbiamo subito noi è uno scherzo !
E
quello che aveva fatto il Partigiano nell'Ossola e fatta la prima
Repubblica Italiana,con i Ministeri e tutto, sotto Alfredo di Dio,
ucciso il primo giorno dell'attacco dei Tedeschi al ponte sul
Toce,come un Bamba a difendere con un fucile il ponte che entrava in
Domodossola. E parlava di Moscatelli,che avrebbe potuto aiutare in
modo decisivo,trovandosi nei paraggi,appena dopo la valle di
Macugnaga a mezza giornata di strada, che non si è mosso con suoi
Partigiani famosi per la loro capacità e forza. E la fuga dei
caporioni in Svizzera attraverso il passo di S,Giacomo,e loro a
difendere fino all'ultimo i valligiani,che li avevano sfamati in
quei giorni. Per poi mimetizzarsi tra la popolazione o scappare su
nei monti in posti inacessibili.
Belle
storie.
E
il racconto de quel diventato poi senatore e Ministro che dalla sera
alla mattina si trovò ricco sfondato, e ognuno raccontava una storia
diversa e la gente poi non credeva a niente,comunque da povero in
canna a ricchissimo in una notte. E si raccontava di feste nella sua
lussuosa villa di paese dove ti ricevevano delle ragazze nude che ti
offrivano tutto e di più,comprese strisce di coca.
Le
ragazze della palestra mi avevano messo veramente
a
posto,ero arrivato con l'acqua nei polmoni e in tre giorni me
l'avevano fatta sparire,con le mani mi entravano sotto allo sterno
facendomi un gran male, ma
l'acqua
era sparita.
I
mali te li ricordi benissimo.
Una
cosa strana:ogni tanto,8/10 volte all'anno mi veniva un terribile mal
di testa,da stare a letto al buio. Da quando ho fatto i baypass quei
mal di testa non ci sono più ! E un'altra cosa : i farmaci che
prendo mi eccitano sessualmente,ecco da dove deriva il Viagra.
Ero
in barca,una domenica e vidi qualcosa di azzurro in acqua nella lanca
dell'isola nella parte piemontese, era uno con la camicia azzurra e
pantaloncini rossi,su un piede aveva ancora un'infradito. Cercai di
girarlo ma aveva la faccia rovinata. Lo lasciai così com'era. Da
Sandrone telefonai in caserma,e dopo mezz'ora arrivarono i
Carabinieri, li portai con la Cecca dal morto,li riportai indietro,
poi li riportai a prenderlo. La Cecca aveva visto di tutto, di
solito pesce pescato di sfroso, di notte con il carburo,
contrabbando di cose molto serie, donnine allegre che facevano cose
mai viste, ma mai un morto. Venne sera,arrivò il Magistrato, poi in
caserma per il verbale. Arrivai a casa alle dieci con mia mamma
preoccupata perchè aveva saputo che facevo tardi perchè ero in
caserma. Era tutta colpa del gatto nero, che da quando c'era non ne
andava bene una. Il gatto nero rubava e non solo a casa nostra,anche
nelle altre case e mia mamma era stufa delle lamentele. Un giorno
mise il gatto in un sacco con un grosso sasso, lo legò ben bene e mi
disse va a buttarlo nel canale. Presi la bici e andai al cimitero e
dalla puntasela lo buttai in acqua. Poi tornai a casa che era ora di
mangiare e sulla porta trovai il gatto che aspettava gli aprissi la
porta.
Quasi
ogni anno nasceva il vitello e se non era di notte andavamo a vedere
ed era ridicolo vederlo a fatica mettersi in piedi.
Mi
ricordo,ero a Milano da mia zia che abitava in via Scesa, quei giorni
di Aprile che andammo tutti in piazzale Loreto a vedere i morti
appesi per i piedi alla pensilina del distributore di benzina, mi è
rimasto dentro e lo ricordo come fosse ieri. Un'altra volta Mussolini
venne a Milano ma io non lo ricordo.
Le
persone anziane comandavano, noi bambini venivamo allontanati quando
gli anziani parlavano. Ogni tanto ti tiravano qualche scappellotto ed
era buona cosa stare fuori tiro. Ora che sono anziano io,comandano i
bambini. Io, per quello che ricordo,non ho mai comandato. Nella mia
vita di coppia comanda mia moglie,se devo dire la verità e non fare
lo sbruffone come fanno tutti quando sono all'osteria.
E
mi ricordo di un bullone. Stavo cambiando gli ingranaggi del tornio
per il cambio di filettatura dal decimale al Witfuort, c'era con me
il capo,che stava parlando del più e del meno,come al solito,tirando
fuori un ingranaggio dall'albero un bullone cadde per terra e sparì
non lo vidi più. Calma... mi disse il capo, cerchiamo con calma,e ci
mettemmo tutti e due a cercare. Era un grosso bullone, di un quarto
di pollice,che non si poteva fare di nuovo anche se eravamo una
officina e in una officina si può fare tutto,ma era più semplice e
veloce farne arrivare uno dalla ditta che aveva costruito il tornio.
Lo cercammo per ore: era sparito,volatilizzato.
Certe
volte le cose hanno un'anima.
Per
due giorni lavorai su un tornio più piccolo.
Una
sera d'estate uscii in strada e c'era mia sorella ad aspettarmi e
mi disse vieni a casa subito che c'è la Zia Maria, mi alzai sui
pedali e mi trovai per terra per la rottura del manubrio,non persi
sensi ma non capivo più più niente. Il dottore da cui mi portarono
disse: portatelo all'ospedale ma,e scosse la testa, non c'è niente
da fare...gli esce il sangue dalle orecchie. Se studiava ingegneria
era meglio. Era successo qualcosa di dentro,sicuro, perchè da allora
non sono proprio per la quale. Ma sono ancora qui. In barba al
dottore, che si chiamava Barbarossa per distinguerlo da Barbanera che
era un altro dottore.
Il
manubrio lo aggiustai infilando nel tubo un pezzo di manico da scopa.
Ci
mise di più a guarire il gomito che si era scheggiato ed hanno
dovuto ingessarlo. E mi sono fatto quasi due mesi di festa. Durante
il giorno c'erano in giro solo donne,che facevano la spesa, e in
piazza c'ero solo io con il mio braccio ingessato,seduto al tavolino
dell'albergo.
Un
mio amico, eravamo inseparabili, non conosceva suo padre partito per
l'Argentina( l'america di fraschun) che lui non era ancora nato. Ogni
tanto scriveva e diceva che voleva conoscerlo,Cisar ci pensava.
Cisar
era un tipo tosto, una sera eravamo andati in un Bar di un paese
vicino a cercare uno che gli aveva fatto uno sgarbo,non una punizione
punitiva ma quasi. Nessuno lo conosceva in quel bar. Cisar si stava
innervosendo, fino a quando spense la sigaretta in un'orecchio del
primo che aveva vicino. Mai ho sentito uno urlare così, ma mai ho
visto spegnere una sigaretta in un orecchio. Cisar era così.
Senza
preparativi salutò la mamma,un bella donna che frequentava i sogni
di noi tutti, e partì per andare a conoscere suo Padre. Arrivato nel
piccolo paese dove abitava suo padre chiese un po' in giro,qualcuno
parlava un po' di italiano, ma non capì niente,solo che suo padre
era fuori a lavorare e sarebbe tornato,domani o dopo.
Dopo
tre giorni arrivò un camion senza sponde guidato da un negro,sul
cassone c'era un omone,suo padre, ciucco tradito, che nessuno riuscì
a svegliare, dopo la notte, a padre rinvenuto, venne a conoscenza che
il padre era il Sindaco, la Polizia, il Dottore del paese. E che
aveva due famiglie e faceva una settimana con una e una settimana con
l'altra.
Il
Padre lo accolse benissimo e lo fece sentire a suo agio,un giorno in
una famiglia e un giorno nell'altra, dopo una settimana lo prese da
parte e gli disse: devo mandarti a fare una cosa, anche due
rispose, gli mise in mano una foto di una ragazza,una bella ragazza,:
devi cercarla, è andata a BuonesAires e non è ancora tornata.
Si
fermò a pensare: saranno circa due anni. Devi trovarla, va !
Cisar
scoprì che B.Aires era la maggior città italiana,con
4
milioni di italiani e un totale di 11 milioni di abitanti.
Si
perse in mezzo agli italiani,ma con la sua spavalderia se la cavò
benissimo. Così mi diceva nelle sue lettere.
Poi
sposò una italiana zoppa proprietaria di due cinema, e poi non ho
saputo più niente.
Della
mia vita quello che ricordo mica tutto è piacevole, ci sono dei
ricordi tristi come la morte di mio padre; aveva 53 anni. Per il suo
lavoro aveva preso la silicosi,da due anni era a casa invalido,
perdeva sempre sangue da naso. Un giorno che ero a casa,sarà stata
domenica allora, quel pomeriggio venne uno del mio cortile in bici e
cominciò a gridare: vieni a casa subito, subito ! Sembrava che
dormisse, con la testa appoggiata sul tavolo,mia madre lo aveva
rimesso ancora così dopo che si era accorta. All'improvviso provai
di volergli bene,ma era tardi. A 53 anni, e io adesso ne ho 80!
In
quei tempi si faceva una settimana di ferie all'anno, poi furono due
settimane. Mi ricordo il primo anno: due settimane ! Grande !
Incredibile. Naturalmente tutti andavano al Ticino e il ponte era
come il mare, una quantità di gente che veniva anche da lontano,
anche da Busto, Legnano. Ci si arrivava anche in treno perchè c'era
la fermata,la stazioncina era sulla sponda piemontese,piccola,
funzionante solo d'estate. E in giro al ponte ristorantini e
banchetti che vendevano bibite,gelati,panini e angurie. Il Ticino
era il mare,per noi che non ci eravamo mai stati, era meglio. Ma noi
di Castano non ci andavamo quasi mai,avevamo la mano di andare a
Ponte di Castano,che si chiamava così ma non c'era nessun ponte.
Anche lì era strapieno. Un anno che Ceccone era a casa,di solito era
in Africa per la Torno quell'anno che era a casa decidemmo di fare
una barca.
Era
il suo mestiere,poi lavorando per la Torno sapeva fare un po' di
tutto, anche se lui era un capo e diceva di avere sotto 200 negri.
La cosa più difficile era il disegno della barca, Ceccone fece una
dima con il compensato. Comperammo la lamiera dal Carletto che aveva
una officina di carpenteria e ce la consegnò direttamente sulla
spiaggia, per farla ci vollero tre giorni, poi altri tre per
calafatarla e verniciarla, per ultimo ci scrivemmo il nome: LA CECCA.
La verniciammo di verde Era lunga 8.30 metri e larga uno e mezzo.
Una vera barca, forte e leggera,saliva le rapide che era un piacere.
Di
fronte alla barca c'era una piccola isola con un bel bosco e una
spiaggietta ottima per prendere il sole, e c'era un solo modo di
andarci:la CECCA. Tutto il giorno ero indaffarato a portare gente,e
riportarla. Un giorno che venne brutto tempo e dovemmo scappare di
corsa li misi su tutti ventuno che erano,l'acqua arrivava a due cm,
dal bordo ma la Cecca fece il suo dovere, ero orgoglioso della Cecca.
Quando
veniva sera, che erano andati a casa tutti,era l'ora migliore, l'aria
diventava ferma, tutto si fermava. Vedevi le bisce rigare l'acqua,le
trote saltare, sentivi gli
uccelli
cantare, i ratti rumoreggiare nel sottobosco, e stavi attento a non
sbattere il remo contro la barca per non fare rumore, quando veniva
scuro legavo la Cecca al suo posto e con dispiacere andavo a casa.
Mi
piaceva, nelle mattine in cui potevo, andare a fare il mio giretto.
Risalivo un pochino il Marinone fino a un filo d'acqua che usciva dal
bosco, a piedi lo risalivo tirando la Cecca,che mi seguiva
facilmente su quel rivo d'acqua,dopo un po' il rivo piano piano
cominciava ad allargarsi e dopo una cinquantina di metri già nel
bosco, c'era già l'acqua sufficiente per risalire in barca e spunto
nare. Ormai in pieno bosco il rivo si allargava e diventava un canale
con le piante che guardavano nell'acqua e potevi cogliere i loro
frutti. Faceva quasi freddo nel canale nel buio del bosco. Un canale
diritto che sembrava artificiale,tagliava il bosco di traverso per
andare a finire in una specie di slargo che sembrava un lago, del
corso principale. Slargo che sfogava in una piccola rapida che
scendeva verso l'isola,a sinistra,e la sponda piemontese a destra.
Fare il giretto ci volevano un paio d'ore, era la mia maniera di fare
passare la mattinata, in quelle splendide ticinate. Poi,piano piano,
diradai le ticinate fino a quando un anno non ripitturai la Cecca. Fu
l'inizio della fine. La Cecca doveva essere curata ogni
anno,carteggiata e incatramata specialmente il fondo che sui sassi
delle rapide veniva continuamente lesionato.
Così
finì la Cecca.
Ma
mi accorsi di una cosa: credevo che il Ticino era bello perchè avevo
la barca,invece il Ticino era bello di suo. Il Ticino andava, e noi
eravamo lì come spettatori di una processione. Noi diventavamo
vecchi, il Ticino era eterno. Il Ticino era la vita,e la barca non
c'entrava niente
Il
mio amico Giulio aveva la morosa che abitava a Cameri e allora per
facilitare la strada lei veniva sulla sponda piemontese,che abitava
vicino, e io andavo a prenderla e la portavo sull'isola dove stavamo
tutti assieme. Alla sera la riportavo,e lei era praticamente già a
casa. Quella sera restammo a cena da Sandrun,in una bella compagnia,
e facemmo anche tardi,tanto era sabato,il giorno del tardi.
Mangiammo delle rane. Risotto con le rane e rane fritte. E lei, la
Giulina, si scandalizzò a vedermi mangiare le rane tutte intere, lei
le mangiava avanzando gli ossicini. E nacque una questione: io
sostenevo che si mangiavano così e lei invece che andavano spolpate.
Alla fine lei si mostrò sicura che quando sarei andato a cagare non
avrei cagato per via degli ossicini che avrebbero ostacolato la
deiezione. E allora facemmo una scommessa: al mattino seguente ci si
saremmo ritrovati sull'isola e io avrei cagato e lei guardava sotto
per vedere gli ossicini. Tanto per dire a che livello alcoolico
eravamo arrivati; tanto è vero che quando riportai Giulina
sull'altra sponda,che era già passata mezzanotte, quando fummo
prossimi alla riva e dovevo cambiare la spuntonata, per la corrente
toccai con il remo la barca, il Giulio che era in cima sentendo il
colpo, credendo di essere arrivato,era una sera senza luna ed era
buio come la pece, il Giulio scese. Mancavano ancora una decina di
metri, in piena corrente che si era dove incominciava il Langosco.
Dio mio! Pensai, ciucco com'è el nega. Approdai alla riva e
cominciammo a chiamare,eravamo rimasti solo io e Giulina. E'
annegato è annegato,continuava a ripetere e piangeva.
Noi
di Castano non anneghiamo mai,dicevo io per convincermi, mai. Ma il
primo ad avere paura ero io. Lo conoscevo a un certo punto non
reggeva più e dovevo portarlo a casa,per fortuna io l'alcool lo
reggevo benissimo. Ne avevamo fatte di ciucche.
Giulio,
Giulio... ma non rispondeva. Giulio...
E
scendevo la sponda,che in quel punto era boschiva e non facile. Ad un
tratto sentii tossire,come uno che si era ingozzato. Sei lì ?
Giulio sei lì ? Finalmente,sacramentando, rispose sono qui. Ed era
aggrappato a una radice,non si vedeva niente ma lo sentivo
nell'acqua, Finalmente a fatica lo tirai fuori. Non ho mai provato a
portarti a casa così bagnato. Va 'fa un culo, mi disse villanamente,
e sì che era Architetto.
La
mattina dopo quando andai a cagare la Giulina non c'era.
Mio
padre ,che era veneto, di Mira, diceva che andare nel campo era
meglio. Infatti appena tiravi giù i calzoni la facevi.
Mia
cugina Norma con i soldi dell'incidente in cui era morto suo marito
investito sulla Romea mentre andava al lavoro, si era fatta la casa,
senza servizi, tanto erano abituati che non ci pensavano neanche.
Ci
sono stati dei tempi in cui la bicicletta era un lusso,praticamente
tutti ce l'avevano per andare a lavorare, ma c'era bici e bici. Quasi
tutti avevano una bici che stava insieme con lo sputo. Quando si
bucava,spesso, e bisognava aggiustarla nel cortile, con il catino
per vedere il buco, il budello era strapieno di buchi, e il copertone
peggio, con pezze di gomma o di quello che c'era, per rinforzare
che quasi quasi la ruota non girava per le pezze che uscivano dal
copertone. Era un lusso. Si metteva da parte per un anno o due dalla
piccole paghe della domenica per comperare la bicicletta. Per poi
vivere nel terrore di farsela rubare. Ci sono stati degli anni,nel
dopoguerra, che ti saltavano la strada. Erano minimo in due,sempre
di sera, si facevano dare l'orologio se ce l'avevi, e la bicicletta.
Anche straccia. Ed erano,come minimo, di due paesi più il là, se no
li vedevi girare con la tua bici.
Il
Giulio era il mio amico,non un mio amico ma il mio amico.
Alla
domenica andavamo a ballare a Oleggio con il suo Guzzino, che era una
moto che andava sempre ma aveva il difetto di sporcarsi di frequente
la candela. Non scendevamo neanche dal Guzzino: seduto dietro gli
passavo la candela pulita e lui mi passava quella sporca, e mentre
si sporcava io pulivo la candela. Per andare a Oleggio ci volevano
due candele. Andare a ballare in Piemonte era pericoloso perchè i
giovani del posto per idee loro, cercavano sempre di litighare e i
foresti le prendevano sempre. Noi eravamo solo in due ma non avevamo
paura, abituati a fare botte fin da bambini. Una sera,eravamo a
Teatro,dove al sabato e domenica ballavano, e fra un ballo e l'altro
eravamo al bar a bere il samovar, quando uno piccolino ma con due
spalle così, ci urtò, rovesciando il samovar. Questo cerca
rogne-disse ilGiulio- e appoggiò delicatamente il suo bicchiere e
con il destro,che lui era comodo, gli mollò uno sganassone
appoggiando la schiena contro il bancone, il piccolino toccò terra
prima con la testa che con i piedi.
Comandammo
altri due samovar e continuammo a bere. Il piccolino quando rinvenne
ci voleva ammazzare e lo tenevano in quattro,poi come al solito ce ne
disse di cotte e di crude,e noi mogi,per finire a bere assieme.
Diventò
un nostro amico e una domenica ci invitò a pranzo a casa sua e
conoscemmo sua madre, una ragazza madre che lo aveva tirato su da
sola, e ci raccontò la sua vita. Una bella storia.
A
Oleggio non era un amico per me, ma l'amico.
Nel
mio cortile c'era una famiglia di otto figli, dieci persone che
abitavano due locali: sotto con il camino e un grande tavolo, e
sopra con degli scaffali un giro al letto dei genitori,dove dormivano
loro, 6 maschi e due femmine, tutti già grandi, i Todaro. La sciura
Todaro al martedì faceva pasta e fagioli,incominciava al lunedì
sera, e i fagioli borbottavano tutta notte sulla brace del camino,al
mattino li passava avanzandone una brancata da mettere in ultimo e li
rimetteva in pentola con l'aggiunta di verdure e di cotica tagliata
a cubetti, e faceva cuocere,intanto tirava una pasta che tagliava
maltagliata, e quando era ora di mangiare tre minuti prima la
metteva, Un bel piattone era il mio! Era strabuona.
Un
sabato al mese facevano cuocere una testa di bovino
data
in cambio di conigli dal macellaio, la testa era cotta in grande
paiolo che avevano apposta per quello, il camino era molto
grande,come tutti i camini di una volta, e poi la mettevano sul
tavolo fatto da loro,un grande tavolo di rugura dove con il tempo le
venature erano uscite in rilievo, e tutti in giro,ci si metteva con
un coltello e si prendevano i bocconcini accompagnati dal pan
giàld,da bere i due secchi appesi al muro con il casù, di acqua e
di bragiò,ma il bragiò non mi piaceva. E si raccontavano le storie.
Poi
il Gino aveva sposato la Gina ed era rimasto in famiglia,come
facevano per il dormire non lo so.
La
Carla,,che abitava due cortili più in giù, gli piaceva andare con i
giovanotti. Poi, quando ha capito che gli
piaceva
e basta, cominciò a far fruttare la cosa. Un giorno che gli era
scaduta la patente e capitò in quel posto per comperare la marca da
bollo,si accorse di non avere soldi abbastanza,disse al signore che
aveva davanti: il gabinetto dov'è. IL signore senza parlare,fece due
passi in là e aprì la mano invitando a proseguire. Non può
accompagnarmi-disse la Carla- io ho paura.
Paura
di che? Paura. Rispose. Lasci aperta la porta-disse- e fece vedere
tutta la mercanzia. Il signore rimase imbambolato. Ti interessa? -
disse la Carla- il signore non disse ne sì ne no ma si lasciò
usare. La Carla rimase anche a dormire. Il signore era solo, aveva
un Bar con rivendita Tabacchi, situato lontano dalle case,un bel
fabbricato a due piani. Sotto il bar,con il grande locale della
rivendita, e i tavolini sempre pieni all'ora del caffè,un'altra
saletta e i bagni vicino. Un bel posto,solido di muri e tavoli, con
delle grandi finestre che guardavano su campi verdi. Ad aiutare una
ragazza che veniva di sera ed a mezzanotte andava a casa.
Carla
rimase una settimana,poi andò a casa a prendere le sue cose per
tornare e stabilirsi. Delio,così si chiamava,era un buono,facile da
andarci d'accordo. Alla Carla piaceva fare da mangiare,e cominciò a
fare dei buoni pranzetti per loro due,poi arrivò qualche cliente, e
al mezzogiorno c'erano sempre 4/5 persone, e al fine settimana
qualche merenda. Tutto faceva brodo. Una bella solida Trattoria dove
si stava bene. Il posto era un po' in fuori, al limite di un grande
parcheggio che serviva un grande posto dove vendevano di
tutto,proprio tutto. Ci si arrivava da una strada che girava intorno
al parcheggio attraversando anche una porzione di bosco.
Un
bel posto.
Dopo
un paio d'anni Delio morì, aveva un forte diabete e con i pranzetti
della Carla aumentò la glicemia,prima non ci vide più,e poi una
notte nel sonno, la sua vita finì.
Una
delle sue ultime cose sposò la Carla.
Fra
i clienti delle merende c'era un tizio giovanile con i capelli
lunghi sempre puliti, a cui piaceva ridere. Alto e
muscoloso,prestante,dai modi sbrigativi. Un bel ragazzo.
Ci
volle poco finire a letto.
Il
bel ragazzo, si chiamava Totò (Salvatore), si trasferì di sopra e
prese il posto del Delio. Piano piano venne fuori il carattere di
Totò, dominante, piacevole con chi non conosceva ma duro con i suoi.
E venne fuori anche il lavoro che faceva: aveva una squadra di
ragazzotti che mandava ad alimentare il giro fiorente delle varie
droghe che spacciava. Un giro grande. Totò aveva scelto
la
trattoria della Carla per la posizione defilata,con molte vie di
fuga. L'ideale per il suo lavoro.
Praticamente
Totò diventò il padrone. Era sempre su in camera,dove andavano i
suoi scagnozzi a prendere ordini e a portare i soldi. A mangiare al
fine settimana non venne più nessuno,e anche a mezzogiorno. Era
diventata la serva,e non sapeva come uscirne.
Una
sera venne uno, con una faccia...ma oramai diffidava di tutti, il
tizio si guardò in giro attentamente e poi prenotò per quattro,il
sabato sera alle 9.
Sabato
4 brutti ceffi vennero a cena, gente a modo,ma si vedeva che non
era gente che lavorava. Carla chiese a Totò se c'era da fidarsi da
gente così, Totò, sbruffone disse che se cercavano rogne li metteva
a posto in men che non si dica. I quattro furono molto contenti
delle cena,talmente contenti che prenotarono per il prossimo sabato
una cena per 12 persone.
Carla
era contenta della prenotazione ma preoccupata perchè sentiva che
era una compagnia non di operai o impiegati,ma gente che...
Avrebbe
avuto la protezione di Totò, almeno serviva a qualcosa.
Quel
sabato prima arrivarono i quattro che erano già venuti e
controllarono perfino i gabinetti, che Carla teneva sempre puliti,
poi arrivarono gli altri : 4 persone di mezz'etae altri 4 come i
primi: non gli avresti dato neanche la mano per paura che non te
davano indietro.
Fu
un grande successo. Il brasato andò a ruba e il Coniglio al
cioccolato pure.
Alla
fine, quello della prima sera,che era un po' il capo perchè tutti lo
ascoltavano attenti quando parlava, n venne e la invitò al tavolo:
il Dottore vuole fargli i complimenti,le disse. Il Dottore era una
persona molto affabile e con molta educazione le disse che mai aveva
mangiato un brasato così buono,e anche il coniglio era eccezionale.
Carla confusa disse che aveva
fatto
la sole due cose che sapeva fare bene, per fare bella figura. Carla
fece una gran bella figura. Il capo,come lo chiamava lei, venne a
pagare, lasciò un gran bella mancia, e quando lei chiese che tipo di
dottore fosse,sempre a caccia, essendo donna, di qualche medico
bravo, il capo disse: Carla è un Magistrato, il più alto della
città. Anche gli altri tre sono Magistrati, noi siamo la scorta. Il
posto e bello poi è in una posizione ideale: c'è una sola strada e
la possiamo chiudere con una pattuglia per stare al sicuro.
E
allora lei gli disse di Totò che non si vedeva ma c'era e
controllava tutto. Abbiamo controllato di sopra non c'è nessuno!
Vive in camera mia. In camera tua non siamo entrati.
Come
si chiama? Di che Paese è?
In
camera tua? Ci vado.
No!
E' un tipo pericoloso.
Il
capo rise, di un riso ridente,allegro. Lascia fare a me, lo posso
mandare via?
Sarebbe
come vincere al lotto.
Dopo
dieci minuti,passati con paura dalla Carla, il capo scese la scale
e, subito dopo Totò con una faccia da canne bastonato,con in mano i
suoi due borsoni.
Non
lo vedrai più, gli disse il capo.
La
sua vita cambiò da cosi a cosi. Ridivenne la padrona.
E
il Dottore come minimo una volta al mese veniva a fare una
merenda,e tutto quello che faceva andava bene, e complimenti a non
finire.
Il
capo si chiamava Ettore ed era più piccolo di lei di un paio
d'anni,ma andava bene, benissimo, e a letto era un creativo.
Carla
era felice.
Ho
fatto la sesta(era chiamata così,un corso di avviamento
professionale) a Legnano, alla Bernocchi.
C'erano
due pro. Che quando facevano loro la prima ora,prima di fare
l'appello, dicevano : Marchiori e Quaglia fuori. E a stare fuori
qualsiasi cosa facevi non andava bene, e io ero il più assiduo
frequentatore del Preside,un tipo piccolino e magrolino con gli
occhiali spessi così.
Una
volta,chissà perchè,un mio tema vinse una specie di concorso della
Scuola,,di tutta la scuola anche le classi superiori, e dovetti
andare una mattina in tutte le classi a leggere il mio tema. Penso
per punizione.
Io
avevo un solo paia di scarpe,tutti avevano un solo paia di scarpe
meno i ricchi, e mi vergognavo della mie scarpe invernali sporche e
non sapevo come fare per nasconderle,ma portavo i pantaloni corti,
non avevo ancora l'età, ed era difficile non farli vedere.
Il
tema parlava della guerra in corso e, mi sembra, che io dicevo della
fatica di andare a lavorare, contemporaneamente andavo a fare il
garzone elettricista e viaggiavo sempre con fili al collo e tubi di
Bachalite sulla canna della bici.
A
Castano Primo c'era un bel posto: L'Oratorio, li ho imparato a fare a
botte, a fumare( non dico cosa) e a rubacchiare. A dire le bugie in
Confessione.
Ero
abbastanza bravo sia a fare a botte che a rubacchiare.
Che
non ero bravo, era a giocare al pallone, A quei tempi si usava così:
i due considerati più bravi sceglievano i giocatori a uno a
uno,una a me uno a te, e le squadre erano bilanciate. Pressapoco.
Io avanzavo sempre ultimo,talmente ero scarso.
Ma
me ne fregavo,basta che mi facevano giocare io ero contento.
Per
le ragazze invece era dura. All'Oratorio non ce n'erano e bisognava
arrangiarsi, fortuna che c'erano i cortili con molte
ragazze,serbatoio di molti matrimoni. Ma io non volevo il
matrimonio,volevo la conoscenza.
E
quella bastava barcamenarsi fra finte amicizie, piano
piano,
perche era dura, la conoscenza piano piano arrivava.
I
ricordi della scuola non sono tanti. Tutti giorni si faceva
l'alzabandiera, tutti schierati in cortile in file che dolvevano
essere perfette, sul'attenti,veniva alzato il tri
colore
con lo stemma Sabaudo al centro del bianco, e alla sera,invece di
correre fuori in strada com'era nell'istinto, schierati ancora in
file perfette ma irrequiete, si tirava giu. Io, che ogni anno andavo
da mio nonno in cascina, avevo imparato che le Api non pungono di
natura, se le lasci stare non pungono. In un ammainabandiera un'Ape
mi si era posata su una guancia, io, ricordando, non ho fatto una
piega. Ero in prima fila e l'insegnante ha visto tutto, oltre
all'encomio solenne fatto prima del rompere le righe, ho avuto, il
giorno dopo in classe, un encomio scritto e un libretto di risparmio
di lt. 15, della BPM, agenzia di porta volta, che ho ancora, e chissà
se vale qualcosa ma non penso. Avevo il dubbio,,che ho ancora, che mi
avevano dato
l'encomio
più per mio Padre iscritto al PNF che per il mio gesto che trovavo
assolutamente normale.
Mi
ricordo di un buco nel muro che avevo fatto con il dito sul muro di
dietro,trovandomi all'ultimo posto. Invece di fare stupidi scherzi
con l'inchiostro del calamaio avevo fatto questo buco,,immaginandomi
prigioniero in una cantina profonda. Il buco non riuscì,perchè un
giorno lo trovai chiuso con la malta.
E
la mia evasione fallì.
L'ora
di musica la facevamo in uno sgabuzzino deposito di tavoli e sedie,
su cui andavamo ad appollaiarsi, di musica, che mi ricordi, non
facevamo niente, ma era desiderata l'ora nello sgabuzzino.
La
Carla ebbe un figlio dall'Ettore. Un bellissimo bambino, e non è
vero che tutti i Bambini sono belli.
Era
preoccupata la Carla per il lavoro che si era messo a fare
l'Ettore,che sembrava uguale uguale a quello che faceva Totò. Un
giorno, a letto, sempre le cose importanti si dicono a letto, lo
disse apertamete: ma traffichi in droga? Ettore altrettanto
apertamente le disse che erano cose che non poteva dirgli. Carla
rimase male, molto male. Andò a trovare il Dottore,e non pensava
fosse così difficile, passò da segretaria a segretaria fino a che
fu ricevuta. Il Dottore a sentire il suo cruccio fece una risata
amara, poi gli confessò che l'Ettore era il suo migliore agente e
che era in Missione e che il lavoro che stava facendo era pulito come
il culo di un neonato. Mentre pensava che il Dottore non aveva mai
visto il culo di un neonato, la Carla si traquillizzò e si pentì
dei brutti pensieri.
Ettore
aveva messo in piedi un traffico apparentemente losco, vendeva delle
false pastiglie di Estasy, innocue, un misto di Sale e Zucchero,e
andavano come il pane per il loro basso prezzo. Era tutto
organizzato dalla squadra, con lo scopo di infiltrarsi nella
organizzazione.
Al
momento giusto,fra poco, si interveniva per dare un colpo da KO.
Questo aveva detto alla Carla, tranquillizzandola.
La
nostra officina era fatta a elle, in mezzo dei due lati c'era la
stufa. Alta più di due metri, di materiale refrattario, a strati,
ed era comodo metterci le mani nel vuoto caldo quando venivi dal
freddo. Il lato sinistro era officina,il destro il montaggio e, sul
fondo, la sala prova con la vasca dell'acqua.
Voglio
dire cosa è la Cultura per me: scrivere di cultura è dire come
hanno fatto,se questa è cultura allora tutto è cultura. Mi viene in
mente l'inverno del '45/'46,duro come quello del'44/45, lavoravo con
mio padre a Legnano in una raffineria di metalli: si cominciava alle
7.00 e si finiva alle 19.00, 12 ore filate,mangiando qualcosa a
mezzogiorno senza fermarsi, abitavo a Castano e venire in bicicletta
era dura ed andare a casa peggio, ci furono due forti nevicate
quell'inverno e andare in bici era dura e lunga,si facevano del
lunghi pezzi di strada a piedi con la bici che era d'intralcio,delle
sere arrivavo a casa a mezzanotte,per alzarsi alle 4.00 per partire
per il lavoro. Un uomo di ”cultura” può scrivere di questo,ma
non lo ha mai fatto, non sa.
Una
Raffineria di metalli,in pratica si recuperavano i rottami e le
limature e i trucioli della tornitura,si dividevano per metalli e si
fondevano.
Tre
quattro volte all'anno si fondeva lo Zinco. Quando si fondeva lo
Zinco c'era una particolarità: il giorno dopo, a tutti veniva la
febbre e ogni cosa che mettevi in bocca aveva un sapore dolciastro,
ripugnante. Allora, per non metterci in difficoltà, lo Zinco lo si
fondeva al Sabato,tanto la Domenica non c'era niente da fare.
Ustionato
dai primi amori, ogni tanto mi rifugiavo in quelli a pagamento,
solamente che non ero pratico e la cosa finiva subito, e spendevo
soldi per niente.
La
Giulina, che sapeva tutto e tutto metteva a posto,di questo problema
diceva niente, alzava le spalle,ognuno trova la sua soluzione!
Ci
si sfogava un po' facendo a botte. Ma non era una soluzione.
La
Nina, Liliana Lilianina Nina, di un'altro cortile, sempre lì perchè
amica della Zaira, si lasciava toccare un po', aumentando il
problema.
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